Quest’opera prima Temporada de patos ossia Stagione di papere prodotta da Alfonso Cuaron e datata 2004 di un regista Eimbcke messicano che più di recente vincerà Torino col suo Club Sandwich è un film non privo d’interesse ma ovviamente mai distribuito in Italia sincero fresco ingenuo come i suoi personaggi due ragazzini lasciati soli in casa dalla mamma di uno dei due e poi un’adolescente inquieta con una maldestra passione per la cucina e infine l’addetto alle consegne a domicilio di una pizzeria non più giovanissimo che forse ha già perso l’ultimo treno utile per cambiare la sua vita che magari è già passata e a lui non tocca che esserne ormai spettatore anche se questa giornata inaspettatamente trascorsa in quest’appartamento già perché il film si svolge tutto lì dentro forse questa giornata dicevo l’ha un po’ cambiato e ha smosso qualcosa nella sua testa e nel suo cuore e nei suoi ricordi e i desideri e i sogni sono riaffiorati tornati a galla dopo essere tristemente affogati nella stantia quotidianità e anche l’amore che sembrava sbocciare a un tratto tra uno dei ragazzi e l’adolescente sola abbandonata anche lei nel giorno del suo compleanno che cerca di farsi una torta ma sbaglia ingredienti questa storia d’amore sembra naufragare nell’amore omosessuale del ragazzino per il suo amico anche lui in crisi d’identità a suo modo perché convinto di non essere figlio dei suoi genitori e per questo ce l’ha con loro che si occupano poco e niente di lui e a suo dire non fanno che litigare e allora per ripicca distruggerebbe volentieri quella casa e gli inutili oggetti di quella casa come un tirassegno ogni cosa distrutta segna un punteggio sempre maggiore sulla propria autostima i 4 sono personaggi ben scritti e rappresentati nelle loro fragilità personaggi che si fanno ricordare raccontando il passaggio all’età adulta e al contempo il rifiuto di diventare grandi con quella necessaria linea d’ombra da superare necessaria dolorosa ma il film che comincia in modo strano dando l’impressione come tipo di un film sperimentale con inquadrature fisse della città in lunga sequenza per poi vedere accavallarsi quasi stili diversi ma non confusamente solo qualche piccola caduta negli inutili flashback procede come una commedia tenera in un bianco e nero rigoroso digitale alla Clerks scivolando opportunamente fino all’ultima inquadratura del pizzaiolo in motorino di spalle che si porta via questo quadro staccato dal salotto che aveva evocato in lui desideri e mondi lontani e sognati luogo della fantasia dove è ancora concesso immaginarsi la propria vita serena realizzata e vissuta una volta tanto fino in fondo.

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