LOCARNO 74

Quest’estate Il festival di Locarno e la sua Piazza Grande hanno finalmente ritrovato i loro colori; lo schermo gigante si è illuminato di nuovo e il pubblico è accorso entusiasta alle sue leggendarie proiezioni sotto le stelle.

 Locarno 74 è ridiventato di nuovo quello che è sempre stato: una vera festa del cinema. Dopo l’edizione del 2020, ampiamente modificata e limitata a causa della pandemia e la partenza inopinata della sua direttrice artistica Lili Hinstin, la manifestazione ha definitivamente lasciato dietro di sé un periodo incerto per inaugurare un nuovo capitolo della sua storia.

Con la nomina del suo nuovo direttore artistico Giona A. Nazzaro il Festival di Locarno guarda con rinnovato entusiasmo verso il futuro. Forte della sua grande esperienza artistica, della sua cultura, del suo gusto cinefilo e del suo sottile senso critico Giona A. Nazzaro, ha una visione ben chiara   di quello che dovrebbe essere il festival: “un evento vivo, libero, aperto, avventuroso, lanciato alla scoperta del cinema!” come ha annunciato durante la cerimonia di apertura.

Lo abbiamo incontrato verso la fine della manifestazione per una conversazione che, ben oltre il Festival di Locarno, si è incentrata sullo stato del cinema in questo momento così particolare foriero di cambi epocali nel settore.

Quest’anno al festival di Locarno c’è una scritta molto significativa che appare sullo schermo all’inizio di ogni film: Cinema is back! quando questa scritta appare in qualsiasi cinema e in qualsiasi luogo della manifestazione la gente applaude sempre con entusiasmo. Penso che questo sia un fatto importante. Di questo innanzitutto vorrei parlare con te. Perché se il cinema qui a Locarno è indubbiamente tornato in sala, sul grande schermo, a ben vedere, in una prospettiva più ampia il cinema non è ‘back’ come prima. Molte cose sono cambiate; ritengo che alcune cose ritorneranno come erano, altre cambieranno per sempre. Penso che sia un momento epocale importante anche per i festival. Il cinema si è potentemente spostato on-line e sulle grosse piattaforme che offrono dei nuovi contenuti, con nuove modalità e una filosofia della fruizione dell’audiovisuale completamente diversa.

Vorrei chiederti qual’è il tuo punto di vista su queste questioni.

Cinema is back! E una cosa che ho chiesto di aggiungere al nostro logo del Pardo che ruggisce perché volevo sottolineare il fatto che a Locarno il cinema è il Cinema!

Quindi ci tenevo che quest’idea fosse segnalata; cioè che il festival è cinema e che il cinema è il festival. Questa è la prima cosa.  Quello che è cambiato, ma era già in atto come trasformazione da un certo tempo, è l’industria del cinema. Tutte queste metamorfosi erano ampiamente in atto ma, evidentemente, non si prestava loro abbastanza attenzione perché sembrava che fossero quelle cose noiose di cui si occupano gli specialisti e tutti noi ci occupiamo invece di cose serie, cioè di film. In realtà quello che è accaduto con tutti questi successivi lock down non ha fatto altro che accelerare quello che già stava largamente accadendo. Quindi francamente non mi ha sorpreso, mi ha meravigliato però cogliere l’ampiezza del fenomeno; perché tutti sono stati colpiti da queste trasformazioni in maniera molto drammatica. Il famoso sistema delle finestre nelle quali esistono varie figure professionali e vari lavori ha sofferto tantissimo.

È un’evoluzione sicuramente economica ma a mio avviso, di fatto è un’evoluzione fondamentalmente ontologica per quello che riguarda il medio cinema e soprattutto l’entità di quello che sono i festival.

Quello è esattamente il punto. Perché i grandi film continueranno ad essere dei grandi film. Oggi un’industria come quella hollywoodiana, statunitense potrebbe tenersi su con un numero minimo di film. Perché il costo di questi film è direttamente proporzionale all’incasso sperato e, francamente, non ho nulla contro questi film. Non ho nulla contro questi prodotti dell’immaginario per realizzare i quali, quando si vendono titoli di coda, ci si rende conto che ci vogliono paesi interi per realizzarli. Questa cosa non mi sorprende affatto. Quello che è invece interessante notare è che queste trasformazioni di cui parlavamo prima, colpiscono soprattutto il sistema dei film cosiddetti ‘da festival’, per cui un film dal budget tutto sommato contenuto sarà, credo, sempre più trascinato nella scia dei grandi film soprattutto quando questi vengono rappresentati da un soggetto che li presenta appunto. Poi c’è anche un altro discorso da tener presente che è l’ottimizzazione dei ricavi. Oggi ci sono pochi produttori che sarebbero disposti a fare come una volta e a mandare a venti festival in un anno un film che ha ricevuto un premio minore o addirittura una menzione per potenziate il nome del regista, la vendibilità del film, la possibilità di avere accesso a fondi ulteriori per produrre il film successivo. Oggi anche con i film di media taglia economica il ragionamento che si tenta di fare è di massimizzare l’esposizione nei confronti dei festival e poi tentare di non toccare eventuali margini di profitti con altre operazioni, è una cosa che ho visto succedere in questo senso.

Netflix s’inserisce in maniera interessante in questo discorso perché quando prende questi film, in genere, li prende per tutti i territori del mondo ovviamente e magari, a seconda dei casi, riservandosi di lasciare al produttore il territorio nazionale. Quindi un piccolo produttore che magari ha portato un film in un festival ed ha ottenuto una serie di attenzioni dai trade, si trova in una posizione per lui più vantaggiosa perché, come dire, riesce subito a fare più o meno quadrare i conti. Adesso si discute anche molto dei sales che vogliono diventare distributori. Ci sono sales che stanno tentando di riflettere sul come integrare produzione, promozione e vendita. Promozione intendo sia presentare dei film ai festival che distribuire. Certo in questo senso Netflix non è un nemico, perché è una parte importante di un ecosistema audiovisivo che sta cambiando

 Quest’anno con queste evoluzioni che come hai detto tu giustamente erano già in atto ovviamente la pandemia ha accelerato le cose e ha cambiato le carte in tavola. Bisogna vedere se una volta passata la pandemia i cambiamenti che ha innescato resteranno in vigore o meno…

La pandemia potrà anche ridimensionarsi ma le trasformazioni resteranno, a mio avviso. La Disney non accetterà mai di rinunciare alla finestra streaming dei film che farà uscire al cinema. La Disney ma non solo la Disney, anche tutti gli altri non rinunceranno mai alla semplificazione dei rapporti fra produzione e utenza che la pandemia ha introdotto, anzi, per essere più precisi, che la pandemia ha accelerato. E non perché le persone siano cattive o meno ma semplicemente perché la grande industria americana è quella. Però che il cinema fosse in crisi lo si sapeva, il cinema è sempre stata in crisi, il cinema è nato morto, come dicevano i Lumiere!

 Mi colpisce molto invece la faccenda del film di James Bond. Il fatto che James Bond non sia uscito ha portato come diretta conseguenza alla chiusura di più di un migliaio di sale fra Stati Uniti ed Inghilterra. I cinema che hanno chiuso sono cinema che avrebbero proiettato James Bond in una sala, James Bond un’altra e James Bond in un’altra ancora. Io francamente non ho nulla contro James Bond ma capisco bene anche chi dice che considerando i costi di questo film con la stessa somma se ne sarebbero potuti fare dieci, spendendo un decimo. 

Ma forse questi ipotetici film, che non sono dei grossi blockbuster, non verranno visti più di tanto in sala…

Qui il punto è un altro. Il film che costa 10 lo devi mettere sulla medesima macchina per un costo produttivo che è dieci e che probabilmente porterà 16 o 17 senza contare tutte le persone devi pagare. Paradossalmente, quel tipo di film li o verrà prodotto da compagnie che stanno iniziando il loro percorso ma non dagli Studios affermati. Mi raccontava Paul Schrader un aneddoto rispetto a Bringing out the dead l’ultimo film che lui Scorsese hanno fatto insieme. Avevano individuato una serie di attori per il ruolo che poi è andato a Nicolas Cage perché volevano fare un film da 20 milioni di dollari. Mi raccontava il produttore Scott Rubin: “Io non faccio film da 20 milioni di dollari ma non nel senso che è troppo caro, non mi alzo nemmeno la mattina per mettere mano a una cosa che costa 20 milioni da dollari. Non ho il tempo da perdere per fare questa cosa!” La faccenda del cinema oggi si articola soprattutto attraverso, da un lato, la massimizzazione dell’investimento economico e, dall’altro, la rapidità con la quale si riesce a distribuire e commercializzare il film. Io vedo questo come un elemento chiave perché nel nostro ambiente dove lavoriamo nei lab, seguiamo i registi, le persone, l’industria, anche se a noi fa piacere immaginare che ci sono persone che non capiscono niente di cinema, le cose non sono cosi. È un atteggiamento sbagliato, sbagliato e assolutamente ingiustificato perché sono queste le persone che capiscono di più di cinema, basta vedere la strategia di Netflix che manda i propri agenti agli esami di chiusura delle scuole di cinema.

Effettivamente le cose stanno cambiando. Su Netflix oggi si vedono film molto diversi di quelli che si vedevano due anni fa, film molto più cinefili…..

 Il punto non è Netflix, il punto sono le onde. Le onde che prima erano periodiche adesso sono continue. Noi non torneremo mai più ad un’industria del cinema più o meno stabile. Vedremo. Questo è il nostro presente, sarà il nostro futuro. Bene? Male? Però è cosi.

Concludendo la nostra conversazione vorrei chiederti come definiresti la tua visione del Festival e della sua programmazione.

Questa domanda merita una risposta semplice. Io vedo il festival come divertente e ambizioso, esigente e popolare. La risposta a questa domanda è populista? Io non lo penso.Trovo un po’ buffo anche che si parli di cinema ancora in termini di dicotomia. L’altro giorno un giornalista mi ha detto: ”I miei genitori erano analfabeti in un posto sperduto del Brasile e anche io ero analfabeta. Un giorno ho visto Rambo e ho deciso che non volevo più essere analfabeta che volevo andare a scuola!”

È una bellissima dichiarazione d’amore al cinema direi! Grazie.

Se ti è piaciuto quello che hai letto, perché non lo condividi?
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.