Da Cannes – Con Hong Sangsoo, regista di Like you know it all, la Quinzaine des Réalisateurs ha accolto un grande nome del cinema d’autore sudcoreano. Presente per la prima volta al Festival di Cannes nel 1998 con The power of Kangwon province nella sezione Un Certain Regard, Hong Sangsoo non ha cessato di sviluppare negli anni seguenti un’opera originale e molto personale basata sulla forza dei dialoghi e su un’introspezione psicologica dei personaggi sottile e pungente, ma non priva di humour e di una certa tenerezza. Nel 2000 Hong Sangsoo tornerà ancora una volta sulla Croisette con La Vierge Mise à Nue Par Ses Prétendants, Un certain regard, nel 2004 e nel 2005, farà rispettivamente parte con La femme est l’avenir de l’homme e Tale of cinema, della selezione ufficiale.

Il suo cinema non è di facile accesso a cominciare dalle sceneggiature che non seguono quasi mai un andamento lineare e non raccontano una storia ben definita. Spesso gli inizi dei suoi film ci mettono di fronte a una situazione di partenza senza spiegarla nè giustificarla e in seguito si sviluppano su una struttura binaria. Anche per quanto riguarda i contenuti la sua produzione è caratterizzata da una serie di tematiche ricorrenti, tanto che i suoi detrattori lo accusano di fare sostanzialmente sempre “lo stesso” film.

I suoi protagonisti sono degli artisti frustrati, tormentati da un disagio indefinibile, coinvolti in storie d’amore complicate e impossibili. La figura del triangolo amoroso, così come pure il consumo smisurato di alcool, sono un’altra costante nei film di Hong Sangsoo ma tutto ciò è filmato con uno stile inconfondibile che riesce ad associare l’eccesso con la poesia, la trivialità con la melanconia, l’assurdo con la derisione.

In Like you Know it all Hong Sangsoo riprende tutte queste caratteristiche per raccontarci la storia di Ku Kyung-nam un giovane regista che non è né ricco né veramente celebre ma gode della reputazione di fare dei film “d’autore”. Il personaggio di Ku, una sorta di alter ego del regista stesso, offre al maestro coreano l’occasione per tracciare un ritratto caustico ed irriverente non solo della figura di “autore” ma di tutto quel mondo pseudo-intellettuale, arrivista e vanitoso che gli gira intorno.

Il film si situa in una zona limite fra una descrizione realista dei fatti e l’irrompere improvviso di situazioni grottesche. L’impronta di Hong Sangsoo è riconoscibile fin dalle prime inquadrature: i personaggi parlano e discutono accanitamente durante tutto il film, ma questa smania di esprimersi attraverso l’eruzione irrefrenabile della parola sbocca costantemente in una frustrante mancanza di comunicazione, o ancora peggio, crea dei terribili malintesi. La messa in scena privilegia, specialmente nelle scene di gruppo, dei piani medi che associati a delle inquadrature fisse terminano spesso, in maniera volutamente maldestra, con uno zoom in avanti su uno dei personaggi accentuando così una diffusa sensazione di solitudine.

Ma la più grande qualità di Hong Sangsoo risiede nella sua capacità di descrivere tutto lo sgomento dell’anima umana – la mancanza di fiducia in se stessi, la sensazione di malessere, l’assenza di comunicazione – con uno sguardo sensibile alla comicità di una serie di situazioni in sé poco divertenti. Nessuna delle figure di Like you know it all sfugge all’ironia pungente del regista: la vita stessa è presentata come un immenso balletto in cui tutti si agitano freneticamente, in fin dei conti, per ben poca cosa. Il fondo oscuro dell’esistenza ci è rivelato da Hong Sangsoo attraverso il lato comico e, a prima vista, leggero delle cose.

Like you Know it all riprende lo schema narrativo caro al regista: il film è composto infatti di due storie successive che in realtà descrivono, pur con delle varianti, una stessa situazione. Nella prima storia Ku Kyung-nam è invitato come membro della giuria ad un fatiscente festival di cinema in una città di provincia. Tutto un piccolo ambiente con le sue vanità, gelosie, invidie, speranze e disillusioni si snoda davanti ai nostri occhi: Ku continua a fare a tutti delle promesse che non intende mantenere, l’organizzatrice del festival si ubriaca perdutamente e viene “violata” da uno dei membri della giuria, una starlet di film porno vuole lavorare nel cinema d’autore e abborda tutti i registi presenti, i membri della giuria sembrano molto più interessati alle feste e all’alcool che al loro compito e finiscono per assopirsi durante le proiezioni. Inutile dire che molti in sala si sono, più o meno vagamente, riconosciuti sullo schermo e che le risate sono state frequenti. In mezzo a tutta questa agitazione Ku incontra per strada Bu, un vecchio amico che non aveva più visto da anni, ed accetta a malavoglia il suo invito a cena. La serata, ancora una volta all’insegna dell’alcool, prende una strana piega. In una sequenza, leggermente allucinatoria, lo vediamo andare a letto con la moglie del suo amico. Il mattino seguente Ku non si ricorda più di nulla ma l’amico lo caccia minacciandolo di morte. Cosa è successo veramente? Non lo verremo mai a sapere. Ku stanco e demoralizzato decide di mollare il festival e di andarsene.

Qui, in teoria almeno, il film potrebbe già concludersi ma Hong Sangsoo decide di costruire una seconda parte sul modo della ripresa. Con una cesura netta ritroviamo Ku invitato, questa volta, da una scuola di cinema sull’isola di Jeju. Dovrà tenere una lezione sui suoi film. Lo stesso ambiente fatto di rivalità, maneggi, falsità, invidie e di grandi bevute lo aspetta anche qui. L’incontro con un suo vecchio e venerato maestro, coinvolge Ku per la seconda volta in un’avventura rocambolesca. Gosum, la giovane moglie del maestro, si rivela essere una sua ex-ragazza. Anche con lei il nostro eroe finirà per andare a letto ma, a differenza di ciò che si era prodotto nella prima parte del film, sia lui che la donna sono ben svegli e coscienti di quanto stanno facendo. Ku crede di avere trovato l’anima gemella, Gosum invece, schietta e pragmatica, ammette di avere voluto semplicemente vivere un’avventura sessuale. Nel frattempo il marito viene avvertito da un vicino zelante del tradimento, ma invece di montare su tutte le furie sembra solo preoccupato di non perderla. Così tutto rientra nell’ordine e Ku riparte, ancora una volta solo, amareggiato e disilluso.

Like you know it all, storia dai tratti autobiografici e dal carattere autoreferenziale – un personaggio rinfaccia al protagonista del film di trascrivere direttamente le sue storie e le sue esperienze personali nelle sue sceneggiature – è decisamente il film più divertente di Hong Sangsoo. A chi pensa che Like you kow it all sia un po’ troppo parlato, leggermente prolisso e inutilmente ripetitivo consiglio un approccio radicalmente diverso a questo film. Lasciatevi portare e perdetevi nel flusso della vita del suo protagonista, forse il più gentile e toccante fra tutti gli anti-eroi di Hong Sangsoo, andate con lui alla deriva; raggiungerete alla fine uno stato di ebbrezza totale, come spesso succede ai personaggi del film e, come – secondo fonti ben informate – pare capiti anche gli attori stessi sul set, costretti a bere per essere pienamente credibili.

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