Due indizi non fanno ancora una prova, ma forse qualche segnale possono offrirlo. Chissà che la prospettiva non si consolidi e che nel solco della apprezzata pellicola veneziana Pranzo di ferragosto, e di questo nascosto film ceko Vuoti a rendere non fiorisca un filone cinematografico che abbia nella terza età il territorio generazionale da scandagliare bene bene. Perchè recentemente il cinema sembrava ricusare il tema: meglio gli adolescenti con le loro turbe, i trentenni con i punti interrogativi incisi nella loro esistenza, le nevrosi della mezza età. Sezionando l’esistenza umana in blocchi generazionali e costruendo stereotipi meglio vendibili allo spettatore/consumatore, il cinema (italiano) ha trascurato l’ultimo segmento della vita, dimentico di capolavori assoluti, come Umberto D che (chi non lo ricorda?) raccontava il dramma della solitudine di un uomo giunto alla pensione, passaggio statisticamente traumatico nella vita di un uomo. Forse l’indebolimento fisico e i tessuti disidratati vanno poco d’accordo con la lucida patina tele-cinematografica e probabilmente gli accelerati ritmi contemporanei ai quali la società delle immagini ci ha abituato, mal si accordano alla fiacca lentezza e all’incanutimento biologico. Ora due recenti pellicole rovesciano la tendenza. Non esulteremo per la nascita dei “Senility movies”, ma forse, grazie a questi due lavori tanto diversi, sono sorti i presupposti per cominciare a guardare l’anzianità come a un luogo vivo, in cui abitano emozioni che neanche l’inesorabilità del tempo può avvizzire e che anche sentimenti come la gioia, l’ottimismo e la speranza possono animare una fase della vita che non è necessariamente anticamera della morte.

In vecchiaia come ci ricorda il film di Sverak si può aver voglia di vivere e di ricominciare, si può desiderare il sesso, ci si può aprire filantropicamente all’umanità, contrastando la perniciosa e comoda idea che vuole la terza età una fase della vita colorata di grigio. Josef, protagonista di Vuoti a rendere è l’alfiere Praghese che conduce ostinatamente una complicata battaglia contro il proprio invecchiamento fisico e soprattutto morale, ma non lo fa armandosi del più classico degli strumenti, la fede. Josef non vuole Dio accanto a sè in questo percorso, e rifiuta i bilanci esistenziali o la tensione al passato che la moglie sollecita ed evoca in lui. Egli vuole VIVERE e per questo abbandona il lavoro di insegnante al quale ha dedicato tutta la vita. Tenta un’improbabile avventura come pony che immediatamente abbandona dopo un prevedibile incidente ma non rinuncia al suo intento e riesce a trovare lavoro presso un supermercato. La sua mansione è quella di ritirare le bottiglie vuote restituite dai clienti.

Il suo ufficio ha una finestra che diventa una sorta di confessionale, il suo punto d’osservazione privilegiato attraverso il quale dispensa consigli, buonumore e mette a disposizione dei clienti tutta la propria vitalità ritrovata. Spogliando i panni di insegnante, Josef comincia a vedere l’umanità dal basso, instaurando con essa un rapporto paritario e di confronto. La sceneggiatura, abilmente vivacizzata da sovrapposizioni onirico/erotiche che rimandano al Fellini de La città delle donne e 8 e 1/2, devia per strade laterali presenziate da numerosi personaggi di primo e secondo piano perfettamente funzionali e motivati, alle prese con problematiche che il film affronta con la leggerezza di una commedia senza mai cedere alla semplificazione, all’ottimismo di maniera, ma mantenendo sottotraccia un’amarezza di ritorno prodotta dal proibitivo tentativo di un uomo di opporsi a ciò che atavicamente spaventa l’uomo: la morte. Con il ritrovato afflato vitale Josef cerca di esorcizzare la morte, nel suo intento rimane coinvolta la moglie, una donna ormai spenta dal tempo, la quale proverà il risveglio emotivo grazie al maldestro marito: in un angoscioso, elegiaco, metaforico giro in mongolfiera, il regista trova la chiave per un memorabile finale.

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One thought on “Vuoti a rendere

  1. Il protagonista vuole VIVERE! Questa frase di Andrea coglie l’essenza del film. E la vita è gioco, sogno.

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