Oscar come miglior documentario nel 2013, Searching for Sugar man è un film entusiasmante. È uno di quei racconti che al giorno d’oggi sembra quasi impossibile poter ascoltare e soprattutto vedere. È una storia di rinascita alla rovescia, di esaltante scoperta, di sorprendente rottura nell’inesorabile e macabro rituale dei destini predeterminati.

Nel documentario del regista svedese di Searching for Sugar man, Malik Bendjelloul, si viene lentamente introdotti nell’incredibile storia di Sixto Rodriguez, cantautore folk statunitense negli anni 70. È come se lo stesso mistero avvolgente la sua vicenda si sia impossessato del regista: la materia narrativa prende il sopravvento e diventa cifra stilistica. Così senza fretta veniamo accompagnati, con un equilibrio di  immagini e testimonianze rispettosi del protagonista e dello spettatore, senza furbizia né  ammiccamenti, nella vicenda di questo cantautore, icona rock a Città del Capo ma sconosciuto nella sua terra d’origine, vagabondo in una Detroit che sembra quasi presagire il suo futuro di città fantasma.

Sixto  Rodriguez viene scoperto dalla Motown Records  e dopo soli due album, Cold Fact e Coming From Reality, ignorati negli States, viene abbandonato dalla casa discografica. Per poter sopravvivere diventa operaio edile. Intanto, dall’altra parte del mondo,  in Sud Africa, una ragazza per caso porta con sé un vinile di Cold fact … Magicamente quella musica comincia a fare il giro tra i giovani e le liriche dense di suggestive immagini, inno alla libertà e all’anticonformismo, diventano simbolo di forza e ribellione per i giovani afrikaans, tanto da entrare nella lista dei dischi censurati dall’apartheid. Si scatenano così le copie segrete  e le leggende sul suo autore e sulla sua morte (per alcuni si sarebbe persino dato fuoco sul palco alla fine di un concerto). Negli anni 90 due fan di Sixto Rodriguez, Stephen “Sugar” Segerman e Craig Bartholomew Strydom, si mettono sulle sue tracce e il nostro documentario racconta proprio questa ricerca.

La storia procede al lento ritmo di un’epoca in cui internet è ancora agli esordi e in cui per cercare un dato che conduca a una qualche scoperta, ci si affida all’Atlante per arrivare da un nome,  citato per caso in una delle canzoni di Rodriguez, a un luogo realmente esistente. E così prosegue fino alla straordinaria scoperta che non riveleremo allo spettatore, rapiti dal fascino che il documentario suscita  coinvolgendo e travolgendo in un finale a sorpresa. Per tutto il film si viene sempre più presi da un entusiasmo montante,  si precipita in un’euforia che porta quasi a saltare sulle sedie per cantare a squarciagola i testi delle canzoni di un personaggio come pochi esistiti nella storia della musica pop.  Guardare Sixto Rodriguez mentre sale sul palco e saluta con sobrietà e disinvoltura  i suoi fan rapisce e commuove anche noi, diventati suoi fan più accaniti in soli ottantasei minuti, e quando finalmente ci crediamo vicini a intuire il suo mistero, usciamo dalla sala con una sensazione molto simile a quella all’inizio del film.

Chi è Sixto Rodriguez? Cosa ha fatto di lui una leggenda? È davvero un mistero quello che lo ha avvolto o solo il caso? La verità è che si rimane turbati, anche dopo la proiezione, da un personaggio che fa delle sue canzoni un coerente stile di vita, lo stesso che potrebbe assumere un saggio buddhista dopo aver svuotato le parole di tutto ciò che è inutile, per arrivare all’essenza della vita, azzerando ogni distanza tra ciò che è e ciò che si è. E le sue parole di libertà colpiscono ancora di più perché dette da chi, libero veramente, vive in un flusso unico insieme alla sua musica.

(Searching for Sugar man è in proiezione al Detour a Roma, via Urbana 107, tutte le prossime domeniche di febbraio 2014)

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One thought on “Sugar man al Cineclub Detour

  1. eh! a me però ha lasciato amarezza (oltre alla scoperta di un musicista che non conoscevo). cioè è come se il caso oscurasse il mistero. o, meglio, come se i meccanismi arbitrari del potere determinassero la vita delle persone. che al meglio, come qui, e tenendo presente che ci troviamo all’interno di un orizzonte in cui non ci sono più rivoluzioni possibili (si fa per dire!), possono solo avere una risposta zen, quasi da praticante di judo (che non ribatte il colpo ma lo accoglie e dirige, insieme a sé, da un’altra parte), diciamo così. rodriguez, d’altronde, è il musicista sconosciuto più famoso nel mondo…

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