[**12] – Per il suo debutto alla regia l’attore Clark Gregg ha scelto di realizzare questo progetto, del quale firma anche la sceneggiatura. Soffocare è tratto dal romanzo omonimo di Chuck Palahniuk e ha partecipato al Sundance Film Festival.

Victor Mancini fa parte di un gruppo di persone che stanno cercando di superare la loro dipendenza impulsiva dal sesso. Victor partecipa agli incontri del gruppo, ma la sua è una presenza di facciata: dopo pochi minuti dall’inizio della riunione si dilegua con una partecipante e fanno sesso nel bagno. I due non hanno alcun interesse a superare il loro problema di dipendenza, il loro intento è sfogare le proprie pulsioni sessuali. L’uomo lavora come figurante in una ricostruzione storica di un parco divertimenti con il suo miglior amico. La madre Ida, che risiede in una clinica privata costosa, ha una malattia degenerativa. Non riconosce più suo figlio scambiandolo sempre per individui diversi che hanno fatto parte della sua vita. Victor non ha mai avuto un padre e un giorno Ida gli accenna che il suo bambino non ha mai saputo la verità sul suo passato. L’uomo cercherà di risalire ai fatti con l’aiuto del suo amico e della dottoressa che l’ha in cura.

Il film è una commedia che fa del sarcasmo e della presa in giro, le sue armi migliori, passando da momenti drammatici a situazioni assurdamente comiche molto disinvoltamente. Non lascia il benché minimo dubbio che quello che vi è narrato possa non essere vero, fino alla svolta finale, dove lo spettatore si sente depistato come il protagonista. Il regista svicola l’attenzione dal fatto principale per sorprendere nel finale e ci riesce. Sviluppa l’idea radicata in ognuno che le parole o le azioni fatte da chi ricopre un ruolo di stima e di alta considerazione all’interno della società siano “il Verbo”, ovvero non vengano messe in dubbio e si abbia fiducia a prescindere.

La pellicola ripercorre lo stile dell’autore del libro quel tanto che basta per renderla fedele sia nel tipo di narrazione che nel tipo di personaggi messi in scena. Personaggi malsani, borderline, al limite del grottesco, tutti possiedono un’umanità profonda e un profondo senso di riscatto, nonostante sembra facciano di tutto per remare contro se stessi e auto-distruggersi. Lo spessore del loro carattere fa in modo che si parteggi per la riemersione dal fondo nel quale sono sprofondati e nel quale stanno soffocando giorno dopo giorno. Il titolo del film è ambivalente, da un lato è una metafora dell’esistenza di Victor, privato dell’infanzia e della sua identità di individuo, che vive in un limbo. Dall’altra è il soffocamento reale che Victor simula per poter guadagnare dei soldi: mentre è a cena in un ristorante finge, infatti,  di soffocare, così da essere salvato da uno dei presenti. Le persone che lo salvano,  riconoscenti per aver dato loro un senso alla vita, inziano poi a spedirgli del denaro. Victor aveva iniziato a fingere di soffocare fin da bambino per mostrare un disagio esistenziale.

L’ambientazione dove si svolge l’azione è ridotta al minimo: tre sono i luoghi principali. La clinica, che emana soprattutto luce naturale proveniente dalle numerose finestre, l’aula dove si riunisce il gruppo la cui luce è artificiale, simboleggiando rispettivamente il giorno e la notte, e il parco divertimenti.  I primi due ambienti hanno in comune il fatto di essere luoghi chiusi e circoscritti, il terzo invece è un luogo aperto, immerso nella natura. In tutti però il protagonista dovrebbe muoversi attenendosi a delle regole, in realtà le infrange tutte: fa, infatti, sesso nel bagno con una partecipante del gruppo per la disintossicazione da sesso o cerca di farlo con la dottoressa che ha in cura la madre nella cappella della clinica, nel parco invece  è continuamente sorpreso dal suo capo mentre tiene tra le mani oggetti moderni che non fanno parte della ricostruzione storica e che per questo sono vietati.

Clark Gregg è stato bravo a costruire un racconto ricco di elementi posti sempre in equilibrio, spaziando dal divertimento alla riflessione, dalla satira irriverente a uno sguardo intimista. Da vedere.

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