Christian Petzold, un habitué del concorso della Berlinale, ci ha presentato una delle pellicole più brillanti e riuscite della selezione di quest’anno. Roter Himmel è il quinto film tedesco selezionato quest’anno in concorso, insieme a Someday we will tell each other Everything di Emily Atef, Ingeborg Bachmann, Journey into the desert di Margarethe von Trotta, Music di Angela Schanelec e Till the End of the night di Christoph Hochhäusler.

La vocazione artistica, l’amicizia, la stima di sé, l’amore, i rapporti con gli altri, la vita, la morte ed un’incombente catastrofe naturale sono alcuni degli ingredienti che il regista convoca in questa sua opera finemente cesellata, dove ogni parola, ogni sguardo ed ogni gesto, dietro il loro leggiadro naturalismo, sono assolutamente pertinenti rivelando una maestria straordinaria nell’osservazione dei moti dell’animo umano.

La vicenda di Roter Himmel inizia in un tono minore: due amici ventenni, Felix (Langston Uibel) un ragazzo mulatto che vuole studiare arte e Leon un giovane scrittore alle prese con la stesura del suo secondo romanzo, viaggiano insieme in macchina per andare a passare qualche giorno di vacanza-studio nella vecchia casa familiare di Felix, situata sul bordo di un’immensa pineta vicino al mare. Felix è un ragazzo aperto, accomodante e sempre di buon umore, Leon invece si vede subito scontroso, pedante, preoccupato solo del lavoro che si porta dietro.

Nonostante debba preparare il suo portfolio per l’esame di ammissione ad una scuola d’arte, Felix vuole passare una bella vacanza, Leon invece non fa altro che pensare al suo manoscritto che deve finire quanto prima, incalzato dal suo esigente editore. Leon decide di isolarsi per lavorare, divertirsi per lui è fuori questione, almeno in apparenza. Nonostante tutte le sue contraddizioni, la sua insicurezza, la sua svogliatezza, e il suo fare presuntuoso Leon è un personaggio avvincente. Robusto di corporatura e un po’ goffo, sempre vestito di nero da capo a piedi, anche sulla spiaggia, dietro tutta la sua boria, Leon cela un grande bisogno di affetto. Impersonato con una naturalezza impressionante da -Thomas Schubert- Leon, è il perno della vicenda.

Petzold si diletta, durante tutto il film, a giocare con i codici dei film di genere creando, a più riprese, delle false aspettative. Così, nella prima sequenza, la macchina dei due ragazzi ha un guasto proprio nel bel mezzo della grande foresta limitrofa alla casa. Felix e Leon si ritrovano con una montagna di bagagli in mezzo al bosco, i loro cellullari non hanno campo e ben presto si farà notte. Questo potrebbe benissimo essere l’inizio di un film dell’orrore ma la trama prende un’atra piega. Tutto andrà liscio e i due arriveranno a casa sani e salvi. Narrativamente Petzold, inserisce qui un elemento – la foresta- che giocherà in seguito un ruolo determinante, ma noi siamo lontani dal sospettarlo. Arrivando a casa i due scopriranno che il salotto è in disordine, nella camera da letto ci sono dei vestiti buttati a destra e a manca, mentre sul tavolo della sala campeggiano i resti della cena. La madre di Felix, a sua insaputa, ha invitato Nadja – interpretata dalla splendida Paula Beer- una ragazza che lavora in un hotel della costa, a stare da loro durante tutta l’estate. Per Leon, che sognava di ritirarsi in un posto isolato e tranquillo questo cambio di programma equivale ad una catastrofe; in primis dovrà infatti compartire la stessa stanza con Felix.  Inoltre la ragazza, che torna a casa tardi dal lavoro, ignara di avere dei coinquilini, fa la festa tutta la notte con la musica a fondo e quando fa l’amore, la sentono tutti. Dopo avere sofferto le pene dell’inferno per una notte intera, il nostro eroe, spruzzandosi di antizanzara dalla testa in piedi, va a dormire in giardino. Va da sé, il tono del film è qui, inequivocabilmente, quello di una commedia. Con la scusa di dovere scrivere, invece di andare in spiaggia, Leon resta a casa ma appena è solo gioca con una palla da tennis, o dorme. Quando si accorge che Felix sta ritornando, riprende il suo manoscritto in fretta e furia e fa finta di lavorare. Le situazioni assurde ed imbarazzanti si susseguono a catena per il protagonista che sembra avere il dono di dire e di fare sempre la cosa sbagliata nel momento meno opportuno. Il regista descrive tutti questi piccoli drammi del quotidiano con molto brio ed un senso acuto per i dialoghi arguti portati da una recitazione dal ritmo sostenuto.

Un bel giorno Leon incontra la misteriosa Nadja (Paula Beer). Con la sua abituale presunzione, immagina sia un’immigrata russa. Il primo scambio di sguardi con la ragazza giovane, snella e sorridente, basterà per cambiargli la vita. Petzold descrive questo colpo di fulmine con sobrietà assoluta puntando semplicemente il suo obiettivo sul volto smarrito del protagonista.

Nonostante la sua scontrosità, la sua presunzione e il suo cattivo umore Leon ci fa tenerezza. Dietro questa facciata intuiamo un ragazzo insicuro e sensibile. Nel frattempo un altro fattore d’inquietudine viene ad aggiungersi alle sue preoccupazioni: dei fuochi di foresta sembrano propagarsi assai velocemente nelle regioni limitrofe. Alcuni luoghi vengono già evacuati. Questo soggetto, che diventerà cruciale nella seconda parte del film, viene presentato in un primo tempo in modo accessorio. 

Nel suo delirio amoroso, Leon, crede di avere identificato nel bagnino della spiaggia adiacente Devid (Enno Trebs) l’amante notturno di Nadia. Quando Felix che ha simpatizzato con lui lo invita a cena, Leon, non perde l’occasione per sminuirlo ed offenderlo, attirandosi l’ira di tutti. Accecato dalla sua gelosia, non si è reso conto che Denis si è nel frattempo messo in coppia con il suo amico. Quando, in un’altra occasione, Nadja gli chiede di leggere il suo manoscritto lui rifiuta pensando che la ragazza, che vende gelati in spiaggia, non sia abbastanza qualificata per farlo. Mentre il fuoco sembra avanzare verso la loro regione, Leon, si prepara febbrilmente alla visita del suo editore Helmut (Matthias Brandt). Una volta sul posto l’uomo insiste per andare a pranzo dagli amici di Leon. Sorprendente e toccante, la sequenza dedicata a questo pranzo, è il cuore della pellicola. L’editore, che fa fatica a concentrarsi sul manoscritto di Leon, ammira le foto che Felix ha scattato sulla spiaggia per il suo progetto artistico e si entusiasma con Nadja, che lungi dall’essere una semplice venditrice di gelati, è in realtà una dottoranda in letteratura. Petzold sa creare un piccolo miracolo in questa sequenza intima ed intensa evocando lo spirito stesso della poesia attraverso i versi di una poesia di Heinrich Heine, Der Asra, che Nadja reciterà, due volte di seguito, davanti ai suoi amici.

Da questo momento in poi l’esistenza di Leon inizierà a vacillare e la trama del film prenderà una svolta totalmente inattesa, lasciandoci con le lacrime agli occhi. Mentre il fuoco all’esterno divampa e colora il cielo di rosso, alla fine qualcuno si accascia letteralmente, Helmut dapprima e poi Nadja; entrambi i corpi cedono al dolore fisico e psicologico prima che una catastrofe ineffabile catapulti il nostro sguardo verso il passato tragico di Pompei in cui l’ultimo abbraccio di due amanti di fronte alla morte è diventato simbolo di eternità.

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