Ci sono film le cui possibilità di ottenere nuove occasioni di proiezione e visibilità dipendono dalla consapevolezza che gli spettatori hanno della loro esistenza. Film che non si vedono sui grandi schermi delle sale cittadine, ma, con un pizzico di fortuna, sui piccoli schermi dei cineclub. Film dei quali comunque bisogna scrivere perché recensire film che il lettore difficilmente avrà la possibilità di vedere è ancora cinema. Cinema, inoltre. Esiste una Linea Lombarda del cinema, una Nuova Linea Lombarda che riecheggia quella poetica degli anni Cinquanta e che riunisce, per spirito e temperamento, una serie di professionalità specificatamente cinematografiche, non televisive, distanti per stile e ambizioni dalla Milano del piccolo schermo, delle pubblicità e delle sfilate di moda. “Linea Lombarda” è un'etichetta e non può uniformemente esprimere le singole individualità. Il cineclub romano Detour ha però offerto nei giorni scorsi l'occasione per un corpo a corpo con le produzioni indipendenti di Scafidi, Rizzo, Rifranti e altri; occasione che auspichiamo si possa presto ripetere. Un incontro fugace, un affondo rapido e ficcante: una vera “schermagliata”.lombarda

Di Simone Scafidi e del suo Gli arcangeli abbiamo reso conto in un precedente articolo. Questa cronaca cercherà invece di rendere merito al valore dei lavori di Federico Rizzo, passato con Lievi crepe sul muro di cinta, e di Vittorio Rifranti, con il suo Tagliare le parti in grigio premiato per la migliore opera prima allo scorso Festival del Cinema di Locarno. La bellezza dei titoli dei due lavori parla già per i rispettivi autori. Federico Rizzo, classe 1975, è un regista giovane e prolifico conosciuto nei cineclub per il suo precedente e riuscitissimo Whisky di via Nikolajevka: esperimento di docufiction, Whisky è un viaggio profondo e amaro nella realtà delle periferie socialmente degradate di Milano. Il film coniuga splendidamente in un sol colpo le confessioni alla macchina da presa di chi in via Nikolajevka è nato e cresciuto, con le sfortunate vicende del personaggio di Whisky. Giovani residenti di Via Nikolajevka figurano in parte come attori della fiction. Lievi crepe sul muro di cinta, scritto dal padre del regista e costato appena 15.000 euro, è invece un lavoro di sola fiction che in poco più di 70 minuti racconta il quotidiano milanese di Agostino, colto umanista improduttivo. Protagonista di incontri grotteschi e paradossali con un paesaggio di anime grezze, materialiste e avvelenate, il personaggio di Agostino costituisce un pretesto per “passeggiare” (visivamente si assiste a lunghe camminate) attraverso i contrasti sociali della Grande Città. La generazione dei laureati relegati all'improduttività, o al lavoro non specializzato, Rizzo l'ha conosciuta viaggiando da Milano a Brindisi (in compagnia di Luca Bigazzi) per intervistare i lavoratori di numerosi call center. Assunti con paghe e contratti impossibili per gestire i servizi più disparati, dal cellulare alla linea erotica, le testimonianze di questi operatori sono state tutte filmate: oltre 700 le interviste raccolte. Un piccolo saggio di sei minuti, mostrato dal regista prima della proiezione di Lievi crepe sul muro di cinta e reperibile sul sito http://www.fugadalcallcenter.com/, ha reso bene l'idea sulla consistenza del prossimo progetto. Fuga dal call center sarà ancora una docufiction, sarà ancora un film disincantato, amaro e ironico, ma questa volta sarà anche una produzione della Gagarin che fornirà a Rizzo i mezzi e le possibilità per un salto di qualità espressivo, nonché un progetto di visibilità e promozione già partito da tempo. lievi

Tagliare le parti in grigio, di Vittorio Rifranti, racconta la storia di tre persone, due ragazze e un ragazzo, sopravvissuti a uno stato di coma dopo esser rimasti coinvolti nello stesso incidente. Accomunati dall'aver sfiorato una morte indolore, i tre iniziano una frequentazione fondata sull'isolamento, sulla fisicità, sulle ferite. Una relazione triangolare in cui la ricerca del dolore artificiale si scontra con la consapevolezza della presenza del dolore nel mondo esterno, reale.

Rifranti, diplomato alla Scuola Civica di Milano, sceglie la body art, nelle forme estreme della scarificazione, del piercing e del fachirismo come metafora di un'esperienza meditativa del proprio corpo e così le immagini di una reale performance di fachirismo sono tra le più belle del film. Il lavoro risente in maniera evidente dei deficit produttivi: girato a bassissimo costo, i personaggi appaiono spesso immersi in una fotografia sovraesposta, per scelta dell'autore, in fase di postproduzione. Ma Tagliare le parti in grigio (titolo che può avere diverse interpretazioni relativamente al film) vive sui pregi e non sui difetti; vive sulle emozioni forti generate da immagini dure e le carenze espressive sono di ordine materiale e non artistico.

Linea Lombarda, come detto, pone sotto un'unica egida individualità stilisticamente diversissime tra loro. Artisti con idee di cinema diverse che comunque si conoscono, collaborano, si scambiano attori e aiuti. Tra gli autori passati in rassegna, Vittorio Rifranti è quello che più ha a cuore la trama, la storia, che non perde di vista il racconto; che disegna i personaggi meno utopici e più reali; che pone in essere conflitti emotivi e non paradossi. È difficile parlare di legami visuali, ma se un tratto stilistico comune può emergere dalla visione dei lavori di Scafidi, Rizzo e Rifranti questo è intuitivamente costituito da un uso spregiudicato, quasi un abuso, dell'ellisse temporale. Sintomo di una narrazione debole e definitivamente mutata, cinematografica e non televisiva, le immagini dei tre film presuppongono la presenza di uno spettatore (e di un lettore) in grado di sapersi orientare con disinvoltura nella dimensione spaziale e in quella temporale dei racconti.

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