Filippos Tsitos è un regista che ha già fatto le sue prove: dopo avere studiato marketing a Atene, si trasferisce nel 1991 a Berlino per frequentare i corsi di regia alla German Film and Television Academy. Il suo primo lungometraggio My sweet Home é stato presentato in concorso alla Berlinale nel 2001. In seguito ha lavorato per la televisione tedesca girando dei telefilm per la serie poliziesca Tatort, e per la televisione greca per cui ha adattato il romanzo di Petros Markaris, Difesa a zona. Akadimia Platonos – presentato all’ultimo festival di Locarno dove il protagonista Antonis Kafetzopoulos, si è aggiudicato il Pardo per la Migliore interpretazione maschile – è il suo secondo lungometraggio. Ho incontrato Filippos Tsitos a Locarno, un giorno prima dell’assegnazione dei premi. È stata una lunga e vivace conversazione fra  due “connazionali”  sul cinema e, inevitabilmente,  sul nostro paese.

Com’è nato il progetto di Akadimia Platonos?
L’origine di Akadimia Platonos la devo ad un mio amico, il compositore Nikos Kypourgos.  La sua idea era questa: un greco che è contro i turchi scopre ad un certo momento della sua vita di essere turco e decide di fare un viaggio in Turchia per vederci più chiaro. Questa storia non ha più smesso di frullarmi per la testa; più che la vicenda in sé mi aveva colpito la tematica del dubbio sull’identità nazionale. Quando ci siamo messi a scrivere la sceneggiatura Alexis Kardaras ed io abbiamo deciso di sostituire il turco con un albanese. In Grecia in questo momento ci siamo  abbastanza riconciliati con i turchi che consideriamo ormai come un popolo amico; la “bestia nera” adesso sono gli albanesi. Per qualcuno che, come il protagonista del film, appartiene alla piccola borghesia e fa un certo tipo di vita, venire a scoprire da un giorno all’altro di essere albanese equivale ad una vera è propria maledizione.

Il soggetto del film – razzismo ed identità nazionale – è molto serio e complesso, per quale ragione hai deciso di trattarlo attraverso una commedia?
La ragione principale è che io stesso sono fatto così: non riesco a vedere né la mia vita, né quella degli altri in modo unilaterale, cioè esclusivamente sotto un punto di vista drammatico o comico. Penso che si possa scherzare nella serietà ed essere molto seri scherzando. In secondo luogo volevo evitare di cadere nei luoghi comuni e di fare un ennesimo film sulle difficoltà di un emigrato albanese in Grecia. Proprio per questo motivo ho iniziato ad immaginare un film che non avrebbe avuto un’impronta nettamente realista, ma sarebbe stato leggermente assurdo, con degli elementi paradossali qua e là. Conformemente a questa idea ho scelto di ambientare praticamente quasi tutto il film nello stesso quartiere, in una stessa piazza con tre amici che hanno lo stesso tipo di negozio, delle piccole mercerie, in cui non entra mai nessun cliente.  Ho deciso inoltre di usare per musica dei pezzi rock: i protagonisti del film sono, infatti, dei vecchi rockettari, ma un ex-rockettaro greco, per principio, non può essere razzista. Ecco quindi l’assurdità della situazione già in partenza. Ho impiegato coscientemente tutti questi mezzi per sfuggire ad una rappresentazione meramente realista, per permettere alla pellicola di trovare un nuovo equilibrio al di là del  naturalismo.

In effetti sulla piazza, a parte i cinesi e il ‘fratello” albanese del protagonista, non passa proprio nessuno, perché?
Per evitare, come dicevo prima, che lo spettatore abbia l’impressione di vedere un film realista con delle persone vere che vivono delle cose reali come accade nei documentari; a me interessava affrontare questo soggetto in maniera ludica.

Antonis Kafetzopoulos ha detto che per lui Akadimia Platonos è anche un film sull’amore. Condividi questo punto di vista?
Certamente, anche se all’inizio non l’avevo pensato in questi termini: Akadimia Platonos era per me la storia di qualcuno che apprende improvvisamente di non essere colui che pensava. Ma Antonis ha senza dubbio ragione: la vicenda inizia con un uomo che non arriva a dire alla donna che ama: “Sai, voglio vivere con te”  e termina con lo stesso uomo che riesce finalmente a rivendicare il suo amore.

Come hai lavorato con gli attori del film?
Vorrei parlare in primo luogo degli attori che hanno interpretato i ruoli secondari: avevo concepito questi personaggi come una specie di “coro”  intorno al protagonista. La sceneggiatura prevedeva una compagnia indistinta di persone piuttosto che dei caratteri individuali ben definiti.  Il coro è  un insieme amorfo di persone, un semplice  riflesso del  protagonista. La mia sorpresa è stata enorme al momento delle riprese: i tre attori che interpretano gli amici del protagonista hanno saputo dare una vera vita ai loro personaggi, sono riusciti a leggere ed ad interpretare con grande giustezza la sceneggiatura. Devo loro veramente molto. Da parte mia, visto che volevo evitare una rappresentazione realista, ho cercato solo di impedire che mostrassero troppi sentimenti.  Akadimia Platonos pur non essendo un film realista è credibile ed autentico. Penso che questo sia stato possibile grazie alla struttura narrativa del film che è lineare, solida e chiara. Non essendoci delle ambiguità di fondo potevo permettermi di dire agli attori di interpretare una scena semplicemente come avrebbero letto un giornale.

Antonis Kafentzopoulos è un artista con un’enorme esperienza, un attore culto, molto stimato ed estremamente popolare in Grecia. Come è stata la tua esperienza di lavoro con lui ?
Il ruolo interpretato da Antonis Kafetzopoulos era molto complesso,ma Antonis è un attore straordinario che capisce le cose al volo. Non mi ricordo di avergli detto più di due frasi alla volta durante le riprese. I miei commenti erano per lo più del tipo: parla più forte o parla  più lentamente. Antonis è  un attore estremamente intelligente, sicuramente il migliore attore con cui io abbia mai lavorato.

Nel corso del film ci sono molti primi piani sul volto di Antonis Kafetzopoulos, dei piani piuttosto lunghi senza parole, come li hai affrontati?
Senza dubbio un attore deve possedere molto carisma per sostenere questo tipo di inquadrature, ma il mestiere ed il talento da soli non sono sufficienti. Per riuscire a mantenere intatta la tensione e l’interesse degli spettatori durante un piano relativamente lungo e silenzioso in cui un attore, per esempio, non fa altro che fumare una sigaretta, c’è bisogno di una storia capace di dare un senso a quanto vediamo. Solo quando siamo immersi in una vicenda, possiamo immedesimarci con i problemi, i dilemmi, i sentimenti di un personaggio e accettiamo di guardarlo senza annoiarci.

Nel tuo film tratti il soggetto spinoso dell’immigrazione. La Grecia, paese tradizionalmente legato all’emigrazione, si è trovato nel giro di questi ultimi anni a diventare luogo d’immigrazione. Molti sembrano avere dimenticato il loro proprio passato di Gastarbeiter….
La Grecia, senza dubbio, non era pronta ad affrontare questa situazione, ma questa non può essere una giustificazione per
ché il paese, di regola, non è mai “pronto”.  D’altronde però la situazione degli emigrati greci in Germania nel periodo del dopoguerra e quella dei lavoratori stranieri arrivati in Grecia in questi ultimi anni sono due fenomeni radicalmente diversi. Lo sono per una ragione molto semplice: l’immigrazione in  Germania è stata un’operazione voluta ed organizzata dallo stato che aveva bisogno di mano d’opera. Gli operai stranieri arrivando nel paese si sono trovati inquadrati in un sistema ben strutturato; sapevano dove avrebbero lavorato che stipendio e che pensione avrebbero preso. In Grecia le cose sono andate in modo diverso: un bel giorno è giunto qualcuno dall’Albania e di lì a poco sono arrivate delle masse di gente che nessuno era andato a cercare. Quanto dico, pur essendo un dato di fatto, non può, ne deve servire da giustificazione né allo stato greco né alla popolazione locale.

Qual’è  la politica  della Grecia rispetto all’immigrazione?
Il problema è che non esiste una vera e propria linea politica riguardo a questa questione. Così, invece di affrontare il problema alla base e cercare delle soluzioni costruttive, il governo ha organizzato ultimamente quattro grandi operazioni di espulsione. Tutto ciò è accaduto in seguito all’enorme successo ottenuto dal LAOS -un partito di estrema destra nel genere del Front National (ndr: il partito fondato da Jean-Marie Le Pen) – alle ultime elezioni europee. Il governo conservatore, temendo di perdere degli elettori, ha deciso di reagire adottando una politica di estrema destra.

Il soggetto centrale di Akadimia Platonos  è l’ identità nazionale.
Molti dei nostri problemi nascono proprio da lì, da una specie di perversione dell’anima greca. L’eroe del film non ha nulla di bello nella sua vita: ha una madre che lo tormenta e lo preoccupa, non ha un lavoro, non ha una donna, non ha un amore, non ha un’attività creativa e non ha neanche voglia di rifarsi un’esistenza. Quando  qualcuno gli dice: “Sai, è molto probabile che tu sia albanese ”, vive questa rivelazione come se fosse una vera e propria catastrofe. Invece di pensare: “Perché non ho un lavoro, perché a cinquant’anni non sono ancora riuscito a staccarmi da mia madre, perché non ce la faccio a guadagnarmi di nuovo l’affetto della donna che amo?” Stavros vuole sapere se è greco al cento per cento, se è un po’ greco o se è mezzo greco e mezzo albanese come se questa fosse la cosa più importante al mondo.

La Grecia è un paese molto piccolo, con una lingua minoritaria; l’afflusso di un così grande numero di stranieri viene da molti vissuto come una vera e propria minaccia dell’identità nazionale. Tu cosa ne pensi?
È normale che la gente si senta minacciata perché non abbiamo mai fatto nulla per affrontare il nostro problema di identità alla radice. I Greci di oggi pensano di essere i diretti discendenti di Pericle, vivono quotidianamente cullati dall’idea di quest’origine nobilitante, senza chiedersi: “Nel mondo di oggi è sufficiente sentirsi erede della Grecia classica per sussistere, per essere qualcuno?” Forse bisogna cercare di fare qualcosa di più .

L’immagine che offri dei tuoi concittadini è abbastanza critica, direi quasi negativa: guardando il film si ha l’impressione che il paese sia dominato dal disfattismo e da un’indolenza generale. I quattro amici fannulloni fanno sorridere gli spettatori  all’estero, ma non sono sicura che le reazioni in Grecia siano le stesse….
In effetti, nonostante il film non sia stato ancora proiettato in Grecia, molti mi hanno già criticato su questo punto, dicendomi: “Perché fai vedere solo questo aspetto del nostro paese?” Secondo me, in un modo o nell’altro, un film non può mai mostrare l’insieme della realtà. Ovviamente in Grecia ci sono molte persone attive che lavorano duro; volendo però creare una rappresentazione del paese penso sia molto più efficace farlo mostrandone i difetti piuttosto che i pregi.

Potresti parlarmi della produzione del film ?
Akadimia Platonos è sostanzialmente una co-produzione greco-tedesca. La messa a punto della produzione è durata parecchio tempo come accade spesso con dei film greci che cercano dei finanziamenti anche all’estero perché, ovviamente, i soldi che si riescono a trovare in Grecia non sono mai sufficienti. In Germania non è stato difficile ottenere l’accordo di ZDF e della regione Berlin Brandemburg che si sono subito mostrati convinti dal progetto. A questi finanziamenti si sono aggiunti poi dei fondi provenienti dal programma Eurimages, dal Centro della Cinematografia Greca e dalla televisione nazionale ERT.

Dove sarà distribuito Akadimia Platonos?
Il film uscirà in sala quest’inverno in Grecia ed in Germania, per il resto è ancora troppo presto, si vedrà. Tutto ciò è successo in questi ultimi giorni, abbiamo anche ricevuto una telefonata dall’organizzazione del Sundance; è possibile che decidano di mostrare il film nel loro festival.

Durante la conferenza stampa avete annunciato una mobilizzazione generale dei registi greci che quest’anno hanno deciso di boicottare il Festival di Salonicco. Potresti spiegarmi il perché di questa crisi?
Allo stato greco, parlo di stato e non di un governo specifico, non interessa facilitare il contatto dei cittadini con l’arte. La creazione e la formazione artistica non fanno parte delle sue priorità. Una dimostrazione lampante di questa situazione è il fatto che nessuno degli ultimi quattro ministri della cultura in Grecia aveva il ben che minimo rapporto personale con il mondo dell’arte. Uno di questi ministri ha avuto il posto semplicemente perché era cugino del presidente del consiglio, un altro perché non ce la faceva nel ministero “troppo difficile” che dirigeva prima. Se l’interesse per l’arte in generale è molto limitato, quello per la creazione cinematografica è quasi inesistente. Ci troviamo di fronte ad un insieme di situazioni paradossali: mentre per il Festival di Salonicco vengono stanziati ogni anno undici milioni di euro – ti faccio notare che il budget di Locarno è di otto milioni – l’organismo nazionale di sostegno della produzione cinematografica, il Centro della Cinematografia Greca,  ne riceve solo tre o quattro. Un altro fatto sconcertante sono i premi attribuiti durante il Festival di Salonicco alle produzioni nazionali: purtroppo la commissione, composta da una cinquantina di persone fra tecnici, registi, produttori e critici di cinema, invece di attribuire i premi  secondo dei criteri di merito e di qualità artistica, prende le sue decisioni in maniera parziale seguendo gli interessi di vari lobby che si spartiscono ogni anno i soldi fra di loro. Per farti un esempio; l’anno scorso tutti i premi, e si tratta di una trentina di premi, sono stati attribuiti a due soli film, tutti e due prodotti dallo stesso produttore. Noi chiediamo che venga finalmente votata una legge in grado di mettere dell’ordine, di regolarizzare e di organizzare, attraverso delle procedure chiare e trasparenti, il mondo cinematografico nel nostro paese.
Già tre, quattro anni fa un ministro aveva messo a punto una commissione presieduta da Costas Gavras con lo scopo di elaborare delle proposizioni concrete sul come dovrebbe essere strutt
urato il meccanismo di finanziamento pubblico dei film, sul come dovrebbero essere gestite le scuole di cinema ed il Festival di Salonicco, ma tutti questi consigli sono per ora rimasti nel cassetto.
Siamo tutti veramente stanchi di questa situazione, per questo abbiamo lanciato un ultimatum: se questa legge non viene votata fino a settembre quest’anno al Festival di Salonicco non ci sarà nessun film greco!

Eppure il cinema greco, pur producendo solo una ventina di film all’anno riesce ad essere presente nei grandi Festival internazionali. Quest’anno c’era un film greco alla Berlinale, Kynodontas è stato premiato a Cannes e il tuo film ha avuto il Pardo per l’interpretazione maschile e il premio della Giuria Ecumenica a Locarno.
Ripeto: allo stato greco tutto ciò non interessa minimamente. Lo stato non considera un fattore di prestigio per il paese il fatto che tre film greci abbiano avuto del successo in tre festival internazionali. È così!

Potresti parlarmi dei tuoi progetti futuri?
Ho già scritto la sceneggiatura di un film di finzione che pensavo di girare in Germania, poi durante le riprese di Akadimia Platonos la coppia di Antonis Kafentzopoulos e Maria Zorba, che interpreta nel film il ruolo di sua moglie, mi è piaciuta tanto che ho deciso di trasporre la storia in Grecia per potere girare con questi due attori. Un altro progetto è l’adattamento dell’ultimo romanzo di Markaris per la televisione greca e poi avrei ancora una sceneggiatura ambientata in Germania. Data la situazione sarei felice se potessi girare un film ogni due anni; non hai idea di quanto sia difficile riuscire a produrre un film non commerciale che voglia essere originale, che voglia tentare di dire le cose in un modo diverso. Io comunque ci provo.

 

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