Dopo l’Oscar ricevuto per La marcia dei pinguini, Luc Jaquet sceglie nuovamente la natura come protagonista del suo La volpe e la bambina. Una favola ambientalista dalla trama scarna – una storia di amicizia tra una bambina e una volpe che, finendo con una separazione dolorosa, invita a riflettere sui limiti di un rapporto che l’uomo spesso trasforma in possessione o addomesticamento coatto – e dal palese intento educativo di sollecitare il rispetto dell’ambiente, fondato sulla diversità tra uomo e natura. Questo quadro fin troppo esplicito e pedagogico, accompagnato da una ridondante voce fuori campo (quella di Ambra Angiolini), a sottolineare con una certa pedanteria la morale elementare di ogni passo narrativo, nasconde una complessità sofisticata, da favola iniziatica.

La volpe è simbolo del respiro libero e selvaggio della Natura in senso lato, ma attraverso lo sguardo della bambina – occhio narrante assoluto di un film dove né i genitori, rappresentazione del “mondo adulto”, né altri esseri umani appaiono mai – l’animale è qualcosa di più. Un simbolo atavico. Una divinità ancestrale. Il guardiano di un’altra dimensione: quella dell’immaginazione. Del sogno. Dell’infanzia come confine tra il cielo circoscritto della realtà e gli orizzonti infiniti del possibile. Collegamenti evidenti al mondo della fiaba – il fischietto col quale la bimba chiama come un Pifferaio Magico la volpe o le briciole con le quali, come un novello Pollicino, cerca di avvicinare l’animale, i pericoli del bosco che ricordano Cappuccetto Rosso – uniti alla struttura rigorosa delle sequenze narrative, formano la cornice perfetta di una sorta di romanzo di formazione, destinato ai ragazzi ma capace di affascinare anche il pubblico adulto. Nella cornice naturalistica delle montagne francesi dell’Ain e di quelle del Parco nazionale d’Abruzzo, senza alcun effetto speciale, lo spettatore è trascinato dagli occhi della bambina che sembrano guidare le riprese, a sprofondare nella dimensione atemporale e un po’ magica dell’eterno presente fiabesco. Nessun effetto speciale, nessuna luce da cartolina patinata: l’incanto è quello autentico e tanto apparentemente noto quanto intimamente sconosciuto, della Natura. All’unica voce umana, quella del narratore onnisciente, si sovrappongono  solo i rumori del bosco, il sibilo del vento, che cullano lo spettatore al ritmo lento della vita e delle stagioni. Silenzi e sguardi fra la bimba e la volpe trascinano come correnti e riposano dall’assordante e caotica dimensione “civile”, invitando chi guarda a riscoprire i tempi lenti e pazienti, necessari ad avvicinare non solo un animale ma qualunque universo vivente. L’amicizia fallita fra la bambina e la volpe non è solo un invito ecologista al rispetto dell’habitat e della diversità animale, ma anche e soprattutto una chiave di lettura della libertà. Dell’amore. Della ricerca di quell’oltre umano, dimenticato. La piccola protagonista racconta gli incontri con ricci, orsi, lupi e aquile ma anche le conseguenze interiori di quegli incontri, fondendo interno ed esterno, Natura e Psiche, e tracciando così un itinerario interiore, una ricerca di senso che arriva a svelarle il segreto universale della libertà: unica condizione possibile alla vita, alla comprensione, all’incontro con l’altro da sé. Il raccoglimento solitario della bimba nella natura, alla scoperta di una vita sconosciuta anche se vicina, ha qualcosa di tanto semplice quanto incredibilmente rimosso nella frammentarietà e nella frenesia  delle immagini contemporanee. Gli occhi dello spettatore riposano nella contemplazione dell’armonia della natura. Un esercizio di concentrazione – richiesto anche dai tempi lenti del film – col quale Luc Jaquet ci invita a fermarci. A respirare. A ritrovare il ritmo naturale della vita.

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One thought on “La volpe e la bambina

  1. Consiglio a tutti di vedere questo bellissimo film. Bella l’interpretazione della bambina; ha detto tutto Arianna Biagi…“Silenzi e sguardi fra la bimba e la volpe trascinano come correnti e riposano dall’assordante e caotica dimensione “civile”, invitando chi guarda a riscoprire i tempi lenti e pazienti, necessari ad avvicinare non solo un animale ma qualsiasi essere vivente.
    Luc Jaquet ci invita a fermarci. A respirare. A ritrovare il ritmo naturale della vita.

    o un animale ma qualunque universo vivente”;

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