In occasione della proiezione cult di La notte dei morti viventi (in sostituzione del previsto L’ultimo uomo della Terra) che si terrà domani, lunedì 9 luglio presso l’arena Detour di Pigneto Spazio Aperto (inizio film ore 21, ingresso libero, via Ettore Fieramosca 20, Roma), Schermaglie vuole ri-pubblicare l’articolo/saggio di Silvia Moras sul cinema apocalittico degli “ultimi uomini”.

 

Venerdì 11 gennaio 2008 nelle sale italiane è uscito I am Legend, distribuito come Io sono leggenda per la regia di Francis Lawrence. Il 19 agosto 1964 si tenne a Roma la prima proiezione pubblica de L’ultimo uomo della Terra realizzato dal duo Ubaldo Ragona/Sidney Salkow e girato quasi interamente nello scenario desolato dell’ Eur.

Un libro in comune, quarant’anni di distanza l’uno dall’altro e un tema, quello della possibile fine del genere umano, che oggi più che mai affascina schiere di spettatori. Essendo entrambi trasposizioni del romanzo di Richard Matheson I Am Legend, a onor del vero la recente pellicola d’oltroceano dovrebbe, se non definirsi addirittura un remake, dimostrare numerosi punti di contatto con quella realizzata su suolo italiano, ma non è così. Ed è qui che entra in gioco la terza rilettura del testo. Anno 1971 esce 1975 occhi bianchi sul pianeta Terra diretto da Boris Sagal. Il recente Io sono leggenda da chi riceve maggior influenza? In cosa differiscono le tre pellicole? E qual è la più coerente trasposizione del romanzo?

Correva l’anno 1954 quando Richard Matheson, mentre lavora in fabbrica sognando di diventare scrittore a tempo pieno, riprende un’idea avuta a diciassette anni vedendo il film Dracula, la sviluppa e ne trae “Io sono leggenda” (I am Legend,). Il romanzo arriverà in Italia solo nel 1957 con il titolo “I vampiri” tra l’altro omonimo del primo film gotico italiano girato da Riccardo Freda. Oltre che come scrittore, lo statunitense Matheson si dilettava nella stesura di sceneggiature. Nel 1956 esce “Tre millimetri al giorno” (“The Shrinking Man”) ed il successo è tale che la casa cinematografica Universal ne acquista subito i diritti e ne trae il film Radiazioni BX distruzione uomo (ora è in lavorazione il remake) diretto da Jack Arnold.

Sulla scia del riscontro positivo seguirono le riduzioni cinematografiche de La casa degli Usher, Il pozzo e il pendolo, I racconti del terrore, I maghi del terroreIl clan del terrore e Matheson provò allora a proporre  “I’m legend”. Nel 1957 la Hammer Films di Londra acquistò i diritti di “Io sono leggenda”, ma l’adattamento che Matheson fece per il film, da lui intitolato The night creatures, non piacque ai produttori, ed il progetto rimase incompiuto. Vista la brutalità dei contenuti la casa di produzione inglese vendette i diritti a Robert Lippert collaboratore della 20th Fox che decise di girarlo in Italia inizialmente con il titolo di Naked Terror. Il titolo The last man on earth verrà mutuato da un film del 1924. Dopo molte incertezze prese forma il film con la sceneggiatura di William Leicester, visto che quella di Matheson non aveva convinto molto Lippert.

Il terreno per il filone catastrofico era stato ben coltivato da un decennio di film infarciti di ideologie terroristiche sviluppatosi in piena guerra fredda e arricchito da alcuni titoli che ben preparavano al suo arrivo. Tra gli altri ricordiamo The World, the Flesh and the Devil (meglio conosciuto come The End of the World )(1959) con protagonista Harry Belafonte (forse il primo “ultimo uomo” di colore) e The Last Woman on Earth (1960) di Roger Corman (che distribuirà L’ultimo uomo della Terra). La versione del 1964  si configurò come una strana co-produzione italo americana e vide nel ruolo di ultimo uomo della Terra il magistrale Vincent Price.

In quello del 1971 la parte venne affidata al “diplomatico” Charlton Heston che, fucile alla mano, cercava di farsi largo tra orde di albini fotosensibili. L’ultimo uomo scelto per la versione 2007 nel ruolo di “sopravvissuto” è Will Smith che analogamente al suo predecessore dà la caccia a bordo della sua spider con marziale organizzazione ai “diversi” che si aggirano tra le strade deserte di una New York indimenticabilmente “verde”.

Il contesto in cui i tre film si sono sviluppati non è poi così diverso. Durante la guerra fredda il primo, post Vietnam il secondo e post 11 settembre il terzo. La paura, soprattutto giocata in un periodo storico favorevole, non va mai fuori moda. La prima trasposizione è sicuramente la più fedele al romanzo, si potrebbe quasi dire che a ogni segno di punteggiatura corrisponda un fotogramma, ma Matheosn non ne fu molto soddisfatto. Anzi ritrovava ne La notte dei morti viventi di George A. Romero (1968), che per sua stessa ammissione si ispirò al romanzo, quell’insieme di sottotesti socio-politici presenti nel romanzo.

1975 occhi bianchi sul pianeta Terra e Io sono leggenda sono più delle riletture del romanzo, anzi pare siano solo ispirati dallo stesso. Le due pellicole (con un incipit identico) sono pressocchè l’una il rifacimento dell’altra soprattutto per quanto riguarda l’armosfera, trascurando il fatto che la prima è ambientata a Los Angeles mentre la seconda a New York (uno dei tanti film che dimostrano pienamente l’impatto dell’11 settembre e le sue conseguenze sulla cultura contemporanea). La location e il bagaglio di avvenimenti storici della stessa influenzano fortemente la resa finale del film, e al confronto con le altre copie questo è evidente.

In quest’ottica risulta chiaro come mai la vicenda sia stata trasportata da Los Angeles a New York, perché siano sparite delle figure fondamentali del libro di Matheson come Ruth, come mai Robert sia un militare e ripeta più volte “questo è il mio Ground Zero”. Di tutt’altro spessore è invece l’interpretazione di Vincent Price, nel senso più stretto del termine l’ultimo umano s
ulla terra. Sarà per l’aria europea che si respirava, ma l’icona delle trasposizioni di Poe è proiettato sì in una dimensione introspettiva, intima, quotidiana e assolutamente antieroica.

La sua giornata è scandita da una ritualità ripetitiva e ossessionante: il risveglio, affilare i paletti per difendersi e annientare gli zombie-vampiri, la passeggiata attraverso la città deserta alla ricerca di corpi da bruciare, seguito dalla ritirata nella casa-tana prima che calino le tenebre. Charlton Heston e Will Smith abbandonano il paletto di frassino preferendo, come tradizione americana vuole, il fucile. Con assetto militare e sguardo impavido, dominano lo scenario aggirandosi tra negozi vuoti ed edifici abbandonati cercando di eliminare qualsiasi cosa sia dotata d’ombra. Ed è comprensibile la scelta di armi veloci ed efficaci, se il mondo che si spalanca davanti agli occhi dell’unico sopravvissuto di Io sono leggenda ha un aspetto quasi primitivo con tanto di animali allo stato brado che si aggirano indisturbati alla caccia di prede e zombie-vampiri (perché è questo che dovrebbero essere) che corrono a 100 km all’ora.

Non è passato molto tempo dagli zombi romeriani del 1968, portavoci di sottili attacchi all’intervento americano in Vietnam, al modello familiare medio e all’american way of life, e neanche da immagini di corpi claudicanti che invadono centri commerciali, dando avvio a una rivoluzione silenziosa (ma molto sanguinolenta) nei confronti del consumismo di massa, e più in generale del sistema capitalistico. Lenti, con i vestiti a brandelli e cianotici.

Dai tempi di “Withe zombie”, i morti che camminano hanno fatto passi da gigante, anzi ne L’alba dei morti viventi hanno iniziato a correre e oggi inseguono Robert Neville con olimpionica agilità e forza sovrumana. I vampiri sono stati radicalmente disumanizzati e lo stesso protagonista – in teoria un attento scienziato – non vuole cogliere alcun indizio di evoluzione sociale e intellettuale dei suoi nemici, e troppo tardi si renderà conto del loro spirito di aggregazione e del veloce processo di apprendimento. Processo che si innesta a partire da un punto zero di evoluzione, quasi un nuovo inizio da un mondo primitivo. E siamo ben lontani dalle associazioni settarie degli albini degli anni Settanta. L’epidemia tramuta gli esseri umani in un gruppo di preistorici mutanti con aspetto ben lontano dall’immaginario dello zombie: a tratti si ha l’impressione che ci siano due “nuove razze”. Una, che lo scienziato è riuscito a catturare e l’altra, con tratti più zombeschi, che ritroviamo nel finale.

Nelle scene in cui i “diversi” attaccano il mezzo del dottor Neville sembrano molto più simili a sinuosi androidi piuttosto che a zombi-vampiri. Immagini che ci riportano alla mente le sequenze I robot.  Apprezzando l’analogico non ho amato molto l’utilizzo, spesso esagerato, del digitale soprattutto per dar vita ai contaminati. Riconoscere le origini umane dei nemici, ben visibili nella versione del 1964 acuiva la drammaticità dell’evento. Vincent Price individuava nei volti degli aggressori i lineamenti di quelli che un tempo erano i suoi familiari e amici. Indimenticabile Giacomo Rossi Stuart che insistentemente colpisce la porta del povero superstite evocando con urla strazianti il suo nome. Totalmente assente la necessità di bruciare i cadaveri per ovviare il problema della “resurrezione” dei contaminati presente invece nel 1964.

Tre attori molto diversi, dunque, per interpretare l’ultima speranza di sopravvivenza dell’uomo.  Forse per un omaggio al periodo della contestazione in cui è stato girato il film di Romero e Sagal (Rosalind Cash che affaincava Heston era di colore), o sulla scia del successo de La notte dei morti viventi (in cui si ritrova una delle più grandi provocazioni che un regista poteva fare in quegli anni, ovvero affidare il ruolo di protagonista ad un afro-americano,) o più semplicemente per far presa sullo spettatore sfruttando un attore molto acclamato nella cinematografia di Hollywood, è stato scelto Will Smith. “Io sono leggenda“: nel libro di Matheson quest’affermazione era quella di un uomo che si rendeva lentamente conto di essere lui il diverso, l’eccezione, il mostro, l’anormale, guardato con paura e superstizione dal resto del mondo. Nel film di Lawrence è il pensiero di un uomo che invece cerca di eliminare ciò che a lui è alieno e diverso e decide di sacrificarsi per miope testardaggine ed eroismo dal sapore patriottico. Vincent Price non mirava a immolarsi, anzi fino all’ultimo, scoperto l’antidoto, sperava di ricongiungersi con i prossimi abitanti della terra. E così Heston veniva colpito ed eliminato dagli albini esalando l’ultimo alito di vita in una fontana ormai rossa del suo sangue. E il futuro? Ogni Ultimo Uomo lascia la sua eredità alla “nuova razza” che dovrà ricostruire e ripopolare il pianeta. L’ultima versione di Io sono leggenda pare la più pessimista e conservatrice. E se il cinema altro non è che una lente d’ingrandimento dei tempi, probabilmente questo è il sentimento che predomina nel XXI secolo.

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