Bernardo Bertolucci nel corso della sua lunga carriera spesso ha preso spunto da alcuni grandi autori della letteratura per alcune trasposizioni cinematografiche rimaste memorabili. Ammaniti non si può accostare al livello di Moravia, Pasolini e Jorge Luis Borges, ma il suo Io e te forse era la storia giusta per far uscire il Maestro dal buio retrattile di un silenzio che durava nove anni e pilotare il suo isolamento forzato e cosciente  verso una  liberazione lucida e folgorante.

Presentato a Cannes in quella che a detta del regista e della produzione era una versione ancora incompleta, il nuovo film del Maestro arriva  finalmente in sala in italia il 25 ottobre. L’incontro con la stampa presso il Visconti Palace Hotel di Roma giovedì scorso è stata un’occasione unica per avvicinare l’autore di The Dreamers e tutto il cast al completo della sua ultima fatica cinematografica, ora in promozione.

La conferenza di Io e te arriva nei giorni di un’animata polemica tra il regista ed il sindaco di Roma Alemanno in merito all’impatto simbolico e pratico di alcune barriere architettoniche che, stando all’autore di Parma, impedirebbero l’accesso a molti disabili  al cuore del Campidoglio e ad uno dei quartieri più rappresentativi della capitale come Trastevere. Come ha potuto ribadire qualche giorno dopo in tv anche ospite da Fazio, Bertolucci ha chiarito come questa sua dimensione da recluso privilegiato in una sorta di città proibita al centro di Roma si sia sovrapposta al suo isolamento artistico, e che la discesa nello spazio chiuso della cantina sotterranea di Io e te abbia alla fine prodotto una condizione esistenziale prossima e compatibile con quella dei due protagonisti. Il bravissimo Jacopo Olmo Antinori e la splendida Tea Falco.

Se vogliamo il tema della claustrophilia ha accompagnato tutta la storia recente della filmografia di Bertolucci, partendo da L’Ultimo imperatore e passando anche da Io Ballo da sola, L’assedio e soprattutto The Dreamers.

In  Io e te la valenza dell’uscire allo scoperto e manifestarsi agli altri assume una dimensione simbolica con tante sfaccettature diverse, che da un lato ha il volto profondissimo e razionale di Lorenzo e dall’altro l’animo regredente e sospeso dell’Autore. Rispetto a tutti gli altri film poi la componente dell’emarginazione volontaria, proprio perchè va dritta alla coscienza dei protagonisti assume un aspetto molto più intimo ed personale. In questo senso, il significato di alcuni semplici movimenti, come la voglia insopprimibile di avvicinare i letti per dormire stretti l’uno a l’altra, l’approssimare dell’incedere dei propri passi a quelli di un armadillo in gabbia o il semplice ballo liberatorio del finale assumono una valenza disarmante e poetica. Proprio in merito alla danza di Tea Falco sul pezzo di David Bowie, Bertolucci ha tenuto a precisare come il ballo sia un momento fondamentale nel suo codice di cinema, proprio perchè è un tipo di relazione che libera i protagonisti da alcuni obblighi convenzionali di un rapporto e lascia piena libertà al fluire alle cose non dette e quello che convenzionalmente non si può fare.

Siamo sicuri che vedere un film del genere all’età giusta possa essere incredibilmente formativo per disciplinare il proprio viaggio alla scoperta della personalità. Se vedere a sedici anni Io Ballo da sola, può segnare sicuramente l’idea di immaginare un amore poetico, prorompente e liberatorio Io e Te è un viaggio altrettanto importante nella ricerca di se stessi e il modo con cui relazionarsi agli altri. In questo film non conta solo la bellezza dei gesti o dei dialoghi, ma anche la forma e la struttura stilistica, che lo stesso Bertolucci ha ammesso di voler adeguare alla perfezione simbiotica di alcuni quadri preraffaelliti di una mostra che ha visto prima di terminare il film al Tate di Londra.

Se in sede di recensione potremmo valorizzare nello specifico le prove dei singoli attori qui possiamo solo apprezzare alcune scelte che ha voluto sottolineare lo stesso regista. Plauso particolare per il movimento di macchina sul finale che accompagna con la gru fino al più in alto possibile l’acme del momento topico e più elevato dell’abbraccio di Lorenzo e Olivia fino a scendere di nuovo al sorriso terrestre e beffardo del giovane personaggio impersonato da Antinori, immortalato in uno zoom come nel celebre fotogramma conclusivo dei 400 colpi. Finendo la conferenza Bertolucci ha ribadito che è un film è finito solo quando incontra il pubblico per la prima volta in sala. In questo caso siamo sicuri di assistere a un ennesimo abbraccio folgorante e struggente. Come quello tra Tea e Jacopo.

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