A contendere l’oscar all’argentino Il Segreto dei suoi occhi come miglior film straniero concorrevano due pellicole che qui in Europa sono state accolte con raro entusiasmo. Col rischio di ricadere nelle fauci di una sociologica discussione sulla diversa sensibilità di ricezione che possiede il pubblico americano rispetto a quello europeo, possiamo stabilire con convinzione che il film di J.J. Campanella è un film da Oscar. E lo è più di quanto non lo siano gli altri due rivali, Il Nastro Bianco di M. Haneke e il sorprendente Il Profeta del francese J. Audiard, davvero complessi nella loro ambiguità tematica e nella morale a doppio taglio. Il film argentino è invece un elegante mescolanza di generi innestata su una struttura da giallo letterario, con implicazioni politiche che vivono dentro una dialettica disincantata tra presente e passato, tra cronaca e memoria.

Il Segreto dei suoi Occhi è denso di accadimenti e linee interne. Un uomo scrive un romanzo attraverso il quale rivive e si riappropria di un’indagine effettuata venticinque anni prima riguardante lo stupro e l’omicidio di una ragazza, indagine fin lì mai portata a termine. Attraverso la catarsi letteraria l’ex ispettore passa in ricognizione la storia del proprio paese, i mutamenti politici, i soprusi e il ricambio di un élite politica che lo fa precipitare in una spirale di abusi di potere, violazione di diritti, emarginazione dei dissidenti. Al suo fianco una collega che ama silenziosamente e rispettosamente, e con la quale costruisce un rapporto di vicinanza ideale e complicità professionale, una relazione che incarna la parte buona del paese che sta per essere spazzata via dall’avanzata inesorabile di un regime criminale che ricoprirà il paese di vergogna.
Sa un pò di esercizio accademico questo esordio alla regia dell’argentino, il quale scrive anche la sceneggiatura insieme all’autore del romanzo dal quale è tratto il film, Eduardo Sacheri. I due si divertono a frammentare il tempo e riordinarlo attraverso continui flashback tesi a dilatare e a sospendere l’evoluzione narrativa della trama.

Tutto perfetto, tutto riuscito. Ma Il Segreto dei suoi Occhi non scuote, rimane imbrigliato nel proprio abito elegante e, nonostante vi siano spunti sorprendenti, colpi di scena inaspettati e contenuti di indubbia pregnanza, la sua andatura resta prevedibile. Insomma una bella confezione che contiene temi importanti, come la rielaborazione di un oscuro passato che in Argentina condiziona ancora la politica nazionale e divide il suo popolo. Un film da Oscar perchè pulito formalmente e progressista di sapore. Per la magniloquenza di certe scene e le dilatazioni da romanzo ottocenteso, ma il profumo di cinema non si sente. Restano i tentativi, come i ripetuti piani-sequenza (sontuoso, nella scena girata allo stadio di calcio) ma non basta, è sufficiente per vincere l’ Oscar ma non per essere ricordato nel tempo. Al cinema si chiede qualcosa in più della nobiltà dell’argomento o di una studiata impaginazione.

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