[***]Tre vite che s’incrociano, s’incontrano e cambiano positivamente grazie all’incontro con l’altro. Se si dovesse riassumere l’ultimo film di Clint Eastwood, Hereafter, in meno di 20 parole questa potrebbe essere la trama. Il titolo Hereafter (Al di là) farebbe pensare a un film sul mondo dei morti, magari con fantasmi come protagonisti, angeli tra i vivi o diavoli impersonati da belle fanciulle… Niente di tutto questo: il tocco unico e personale di Eastwood rimane ben ancorato al mondo dei vivi. E’ attraverso i loro occhi, le loro paure, le loro angosce, le loro emozioni, che si racconta il trascendente che rimane come sfuocata immagine luminosa. Ed è proprio dall’avvicinanarsi alla morte che la vita acquista maggior importanza e consapevolezza.

Le 3 vite protagoniste del film hanno un contatto ravvicinato con la morte. 3 vite in 3 luoghi lontani: una giornalista francese di grandissimo successo (Cécile de France) che lavora per France 2, che dopo aver rischiato di morire, cambia prospettiva sulla vita che è costretta a cambiare repentinamente; un operaio (Matt Damon) che vive in America che per aver dedicato la vita a parlare coi morti si trova solo e angosciato da questo speciale suo dono (che lui considera una maledizione) e infine un ragazzino inglese che perde tragicamente il fratello gemello e che viene affidato ai servizi sociali perché ha una madre drogata e alcolizzata. Tre solitudini che s’incontreranno: una ferrea sceneggiatura uscita dalla penna di Peter Morgan. Un melodramma intimo e poetico, dove tre dolori troveranno dal loro incontro nuova linfa vitale.

Per godersi il film non importa se crediamo o meno che ci sia un al di là dopo questa vita, se crediamo che sia possibile entrare in contatto coi defunti: Eastwood abbraccia tutto questo, lo rende reale e possibile, con bravura nel rendere personaggi e storie.

Un po’ kitch sono gli effetti speciali (è la prima volta di Eastwood), soprattutto della parte iniziale in cui si ricostruisce lo tsunami dalla soggettiva della giornalista. Eccessivo aver inserito oltre allo tsunami iniziale anche l’attentato alla metropolitana Londinese, con una ridondanza di effetti speciali, soprattutto sonori. I due avvenimenti hanno segnato i nostri anni e servono forse a contestualizzare la storia, ma del tutto inutili al fine della sceneggiatura. Non ha un seguito il fatto che la giornalista abbia avuto un trauma in Thailandia piuttosto che con un altro incidente… I sentimenti che si raccontano sono “fuori dal tempo” sempre attuali e non legati al contingente.

Poeticissimo invece il finale e di grande maestria il modo in cui Eastwood racconta gli incontri, l’attrazione tra i personaggi: “E’ una storia spirituale. La religione rimane fuori dal film, però. Non ci sono più film così, pellicole che hanno un aspetto spirituale e romantico. E questo è un film romantico. Nei cinema vediamo solo film in cui le persone si saltando addosso. Hereafter, invece, parla di attrazione”, dichiara il regista.

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