Se il senso del film e la motivazione per cui varrebbe la pena dedicargli l’impegnativa e generosa visione sta unicamente nell’eccezionalità della copresenza dei due mostri sacri di Hollywood, Robert De Niro e Al Pacino, allora Sfide senza regole ha diritto di cittadinanza nelle (numerose) sale italiane. Per la terza volta i due attori si trovano dentro la stessa pellicola dopo Il padrino (1972) e Heat la sfida (1995) e questo per alcuni basta a stabilire che sì, il film va visto. Ma se è la presenza stessa dei due a oscurare tutto il resto, sceneggiatura e regia compresa, allora legittimi dubbi ci inducono all’interrogativo: recitazione o celebrazione?

Che il film sia cucito addosso ai due fuoriclasse è palese ed è l’ultimo dei difetti, ma se si risolve in un catalogo di espressioni, tic e dettagli, immortalati nella insistita alternanza di primi e primissimi piani che si dissolvono, si incrociano, debordano, in una presenza soverchia e continua dei due attori in tutte le scene, tutto questo fa pensare a una furba operazione commerciale. I due, dall’alto della loro bravura non temono certo la sovraesposizione e sono narcisisticamente a proprio agio nel passare da un’inquadratura all’altra sciorinando a memoria tutto il loro miglior repertorio fatto di espressioni diaboliche e ammiccamenti talmente conosciuti da essere diventati oggetto di imitazione. Ovviamente nessuno dei due è il protagonista rispetto all’altro perchè la sceneggiatura è stata attentissima a dare pari peso ai personaggi da loro interpretati. Per tre quarti di film lo spettatore è indotto a pensare che il personaggio interpretato da De Niro sia quello principale fino a quando un inaspettato colpo di scena (che salva il film dal piattume, ma non dall’assenza di pathos) bilancia perfettamente l’importanza dei due personaggi. Che nessuno pensi a una sfida di recitazione tra due dei migliori attori della cosidetta New Hollywood degli anni Settanta, piuttosto lo spettatore ammiri estasiato i virtuosismi rimasticati degli ex giganti hollywoodiani e non faccia caso alle approssimazioni della sceneggiatura, alla debolezza dei personaggi messi in secondo piano, alla poca credibilità di relazioni sessuali (De Niro e la bella collega…), al ricorso al clichè nell’ambientazione metropolitana, e a quanto di superfluo vi sia nel plot. Contempli invece il processo di museificazione in atto sullo schermo.

Il film, a metà tra gangtser movie e thriller, racconta la vita di due poliziotti Turk (Robert De Niro) e Rooster (Al Pacino) i quali vecchi e pluridecorati danno la caccia ad un serial killer che uccide persone abiette: stupratori, pedofili spacciatori lasciando sui loro cadaveri poesie da giustiziere “fai da te”. Per quasi tutto il film crediamo sia Turk il colpevole (compare più volte in una videoconfessione) invece…

Non è il caso di rilevare l’epilogo a quanti decideranno di andare a vedere Sfide senza regole, ma è il caso di prepararli alla delusione.

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