Perchè sì

Perchè no

di Giustino Finizio

Un sincero grazie va ad Harmony Korine per aver dato una scossa a questo Festival di Venezia 2012 con il suo elettrizzante ed iper-pop Spring Breakers, tra le migliori pellicole in Concorso assieme a Pietà di Kim Ki-duk. Per Korine ancora uno sguardo verso l’adolescenza americana dopo aver scritto sceneggiature per Larry Clark (Kids e Ken Parck), mentre dietro la macchina da presa ha realizzato, tra gli altri, Gummo e Mister Lonely.
Spring Breakers si apre nel mezzo di un affollatissimo party in piscina (uno spring break appunto) con corpi adolescenziali seminudi che si contorcono a ritmo di rimbombante musica teen, tra amplessi simulati, balli e ghiaccioli/fellatio. L’incipit non è altro che la meta verso cui ambiscono quattro ragazze del college che rapinano un fast food armate di pistole giocattolo per partire alla volta di queste bramate vacanze di primavera. Spring break, spring break forever è uno dei mantra ripetuti fino allo sfinimento dalle quattro protagoniste. Sono vacanze/raduni di primavera fatte di bikini, sesso, tette e culi al vento, danze, anfetamine, musica, fiumi di alcol tracannati con l’imbuto, cocaina. Gli spring break sono la loro ambizione massima, la fuga dagli obblighi. Pochi e vaghi i loro concetti/ideologie: ‘Vorrei vivere qui per sempre’ reiterano, o ‘mamma qui sto ritrovando me stessa, vedo posti nuovi, le persone sono così carine’ in una chiamata a casa.
Harmony Korine si tuffa fragorosamente nella rappresentazione di certo mondo teen statunitense (e non solo) utilizzando, esteticamente, quella stessa rappresentazione che quel mondo fa di se stesso: fotografia patinata, montaggio ellittico, salti temporali, suoni e musiche sparate, pensieri e dialoghi delle protagoniste ascoltati per lo più attraverso foci over; una roboante estetica alla Mtv che rende la pellicola amazing tanto quanto lo è l’immaginario di cui si nutrono le spring breakers (non è casuale che tra le protagoniste ci siano volti molto noti, quasi idoli per i più giovani, della Disney Channel come Vanessa Hudgens e Selena Gomez). Spring Breakers non vuole indagare un immaginario ed una generazione attraverso forme visive pregiudizievoli, e quindi diverse, ma attraverso la stessa forma rappresentativa utilizzata del suo oggetto di indagine. Quel che ne viene fuori è una sorta di osservazione partecipante (non senza ironia e spietato sguardo) che smaschera il sogno del sogno americano: quella doppia iperreale visione sull’ambizione edonistica tutta soldi e divertimento ormai divenuta ipertrofica nella sua raffigurazione autoreferenziale.
Un edulcorato ‘incubo’ road-teen in cui solo due delle quattro protagoniste riusciranno (?) a rinsavire dopo le conseguenze dell’incontro con il rapper bianco, un po’ gangster, Alien (James Franco); uno spacciatore che sembra avere dollari al posto della moquette e che apparirà agli occhi delle due spring breakers superstiti il trampolino verso un pieno compimento dell’american way of life portata all’esasperazione: ‘sono il sogno americano’ è l’altro mantra reiterato da Alien.
There will be blood ovviamente, ma un sangue rosso-limbo tra sogno e Charlie’s Angels/Carrie Bradshaw; con noi appagati (e quindi anche un po’ colpevoli) spettatori dell’estetizzata e colorata favola nera.
Grazie ancora Harmony Korine, non fosse altro perché la scena con James Franco che intona una canzone di Britney Spears su un piano in riva al mare e le spring breakers che ballano e cantano con passamontagna rosa, bikini fluorescenti e mitragliatrici in pugno vale da sola il prezzo dell’accredito.

di Federico Vignali 

Non sono molti i film che possono mettere d’accordo critica talebana e orde urlanti di tredicenni. Spring Breakers, combinando le pulsioni ventrali da Total Request Live su Mtv e un registro formale elevato e sensoriale che tende alla luminosità di Malick, ci prova dall’inizio alla fine, con risultati altalenanti e quasi sempre estenuanti.

Il talento di Harmony Korine è fuori discussione. Bimbo prodigio ai tempi della sceneggiatura di Kids di Larry Clark e autore di film che a loro modo lasciano il segno come Gummo e Mister Lonely il nostro era atteso da tempo come la vera mina vagante di questo Festival. Personalmente, gli applausi di tutta la sala alle scene di fellatio e heavy petting collettivo dell’inizio del film rimarranno il ricordo più disgustoso di questa edizione. Per il resto Spring Breakers gioca sul territorio di quei programmi tv insulsi tipo da noi la Gialappa’s, che con la scusa della farsa e la parodia calligrafica, non fanno che fraternizzare e rimodulare come Terminator invulnerabili i temi di un’agenda setting televisiva cialtrona, che invece andrebbero una volta per tutte resettati e cestinati. Sarà che abbiamo avuto l’incubo di vedere una specie di La sottile linea rossa rielaborata sul fronte della battaglia tra tette e culi con una voce fuori campo sognante che forse rileggeva i testi di Cindy Lauper. Se questi devono essere i termini della genialità più acclamata che ci si possa aspettare al Festival, preferiamo il realismo politico di Youporn. Non sappiamo come avrebbero fatto d’inverno quando è ora di mettere almeno una blusa. Quattro ragazze di un collage di provincia stanche dei festini di serie B delle loro parti agognano millenaristicamente le sbronze e il sesso militante dei party da major league di Miami PER TROVARE SE STESSE e per finanziarsi, arrivano a rapinare una tavola calda. Soprassediamo sul resto del plot, lascia perplessi il fatto che alcune di loro decidano di abbandonare la vida loca alla prima ferita e lo scontro con la polizia. In caso contrario avrebbero continuato per sempre? Se le quattro starlette prese da Disney Channel e High School Musical sono lanciate nei territori della farsa con la stessa autodeterminazione di un maiale al macello va invece apprezzata l’interpretazione di James Franco, che con un fare iperbolico e sopra le righe sembra l’unico consapevole del come e il dove si possa arrivare. Si è parlato molto del karaoke su Britney Spears. Quel personaggio però temiamo che già sia di sua la caricatura di se stesso e, volendo, già è stato ampiamente parodiato da portatori di genialità ben più acuti. Su alcune testate, per la storia del passamontagna già è partito il parallelo con le Pussy Riot, anche per questo pensiamo che su questo film non ci sia più niente da dire.

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