Da tredici anni l’Udine Far East Film Festival si dedica alla scoperta del cinema dell’Estremo Oriente, dando voce in tempo reale a una realtà artistica e produttiva senza eguali.

Villain è uno dei cinquanta film in concorso di questa 13a edizione. L’ultima fatica del regista coreano/giapponese Lee Sang-il ha al centro della storia l’universo giovanile e le problematiche ad esso legate,  descrivendo i suoi personaggi in modo sincero, senza che il racconto sfoci nel sentimentalismo e che risulti assolutorio.

Yuichi Shimizu vive con i nonni, che lo hanno cresciuto e lavora come manovale. È un tipo solitario e introverso che chatta on-line in un sito per cuori solitari. Conosce Yoshino e inizia una frequentazione, ma poco dopo, la ragazza viene trovata morta. Il primo ad essere sospettato è uno studente universitario, Keigo Masuo. Nel frattempo Yuichi conosce Mitsuyo e qualcosa di importante nasce tra loro, ma il ragazzo sa la verità su quanto è accaduto a Yoshino e questo cambia drasticamente le cose.

Villain è un film dalle venature mistery che si mescolano al thriller psicologico. Nessun personaggio è come appare inizialmente: Lee Sang-il tratteggia degli individui che mostrano il loro lato oscuro e superficiale con una schiettezza disarmante, tanto da provocare nello spettatore non solo partecipazione per il protagonista, ma anche un senso di rabbia per i comportamenti di coloro che hanno messo in moto il dramma che si è consumato.

Nessuno è innocente in questo gioco delle parti e lo capisce bene il padre di Yoshino che ritiene lo studente il colpevole primario di ciò che è accaduto alla sua bambina. Keigo, di cui Yoshino si invaghisce, la tratta male: la prende a calci e la lascia sul ciglio della strada in piena notte come fosse un cane e, successivamente si vanta con gli amici di ciò che ha fatto. Neanche di fronte al padre di lei il ragazzo comprende la gravità delle sue azioni, continuando a schernirsi. Dall’altra parte Yoshino si rivela essere una persona vendicativa e materialista, che per ogni incontro con Yuichi pretende del denaro.

Il regista si sofferma ad analizzare anche i familiari dei giovani coinvolti: di come i genitori della vittima reagiscono alla perdita della loro unica figlia o di come la nonna di Yuichi deve affrontare un’orda di giornalisti che non le danno respiro, da una parte, e uno strozzino che ha preso tutto il suo denaro, dall’altra. In una sequenza in particolare si vede la miseria etica di questi professionisti che circondano la donna, seguendola come un fiume in piena da casa sua fino all’autobus, volendo persino salire con lei, pur di farle uscire una qualsiasi parola o dichiarazione. La nonna è per loro l’esclusiva del momento, il VIP da intervistare – nel piccolo paese di periferia. La storia d’amore tra Yuichi e Mitsuyo viene raccontata diversamente da quella di due innamorati in fuga, che si vede in molti film. L’idillio lascia spazio ben presto all’irruzione del conflitto, che viene a generarsi tra i due. Entrambi sono consapevoli che il tempo che trascorreranno insieme sarà breve. Yuichi deve pagare per il male che ha fatto, che non può essere semplicemente cancellato. Lee Sang-il sceglie di mostrare gli attriti tra i due innamorati, che il gesto di Yuichi ha provocato, non scusandolo Yuichi del suo crimine solo perché è stato provocato, ma sottolineando invece che è giusto che paghi.

La fotografia conferisce un’atmosfera glaciale, triste o con una parvenza di calore asseconda dei momenti narrati. Tutti gli attori dal primario al minore riescono abilmente ad incarnare i loro personaggi: Tsumabuki Satoshi (Yuichi) e Fukatsu Eri (Mitsuyo) hanno vinto, rispettivamente, il premio come Miglior Attore e Attrice Protagonista ai Japan Academy Awards, oltre ai premi come Miglior Attore e Attrice Non Protagonista andati a Emoto Akira (il padre di Yoshino) e Kirin Kiki (la nonna di Yuichi) e quello per la Migliore Colonna sonora.

Il regista non è nuovo a questo tipo di riconoscimenti: il suo film precedente Hula Girls (2006) ne ha vinti parecchi. Con questo film conferma ancora una volta quanto sia profonda e radicata in lui la capacità di esplorare i personaggi che racconta e l’ambiente nei quali li inserisce, mostrando uno spaccato di realtà nel modo più onesto possibile.

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