Se non ci si trovasse in un palazzo con più di due piani, Two Mothers avrebbe la trama perfetta per esser riassunto salendo in ascensore. Tutto il soggetto del film aveva sicuramente gli spunti per sviluppare ambientazioni torride e conturbanti. Così come appare dopo la visione, però, lo script sembra solo il risultato di una specie di brain storming male assortito tra il capo struttura di Vanity Fair (complimenti anche per l’intervista a Marrazzo!), il visagista delle dive di Elio e le storie tese e l’istruttore di nuoto coi delfini di qualche villaggio in Australia. In generale viene il sospetto che Two Mothers nasca soprattutto come operazione per promuovere e celebrare il superbo fascino di due splendide attrici come Naomi Watts e Robin Wright, assediate ora dall’arrivo dalla nuova leva di sexybionde mozzafiato capeggiato dalle varie Amanda Seyfried ed Emma Stone.

Attorno a una spiaggia da sogno cresce nel tempo l’amicizia strettissima di due donne, destinate anche ad essere legate dall’amore e la passione sfrenata l’una per il figlio dell’altra. Più che per l’incedere sorprendentemente indolente e patinato con cui si sviluppano le storie, ci ha colpito una specie di complicità a compartimenti stagni tra le due protagoniste.

Non sappiamo se nel romanzo di Doris Lessing, da cui il film è tratto, la scrittrice si concentri di più sulla rottura di alcuni sistemi di relazione affettive standard. In Two Mothers, in ogni caso, il quadrilatero amoroso sembra non avere lo spessore per infrangere alcun tabù sociale. Anzi lo stesso marito di Robin Wright sembra sostenere con una sportività olimpica il peso delle corna e le ripercussioni degli sconvolgimenti sentimentali, che tra le due amiche hanno eco solo sul tavolo del martini. Come se Lil e Roz vivessero perennemente in un villaggio Valtur.

Un’altra cosa che indispettisce è l’assenza di un qualsiasi percorso che delinei l’attrazione dei due ragazzi verso le due madri. Ok che Naomi Watts e Robin Wright sono due donne stupende, ma manca del tutto la descrizione o la cornice dei processi chimici o carnali che spingano alla passione i due giovani amici ultra palestrati. Anzi a voler essere pignoli, la scena del balletto con il suo pretendente, non ha mai tenuto così lontano l’interprete del famigerato Mulholland Drive dall’idea di sensualità.

Oltre a sbagliare alcune atmosfere del film, Anne Fontaine in alcuni momenti sembra addirittura accennare a ipotetiche cadenze gay e lesbiche tra le stesse Lil e Roz e Tom e Ian. Più che il tentativo di rendere più complessa e ardita la trama però, la cosa sembra solo il riflesso di una serie indefinita di sbagli involontari che tengono lontana la regista di Nathalie dal suo episodio migliore.

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