[***] – Nell’agosto 2005 la città americana New Orleans è stata devastata dall’uragano Katrina che ha colpito tutto il delta del Mississippi provocando più danni (economici) dell’undici settembre. Il regista tedesco Werner Herzog ha scelto proprio questo luogo per la storia de Il cattivo tenente, un poliziesco noir vagamente ispirato alla sceneggiatura dell’omonimo film di Abel Ferrara (Bad Lieutenant, USA 1992). Nell’ambiente post-apocalittico di New Orleans, colpito dalle forze della natura, il “cattivo tenente” Terence McDonagh (Nicolas Cage) combatte la malavita senza persuasione. L’unica cosa che gli interessa è come avere droghe di vari tipi (coca, crack, hashish) per soddisfare la sua voglia d’ebbrezza. La civilizzazione urbana post-uragano sembra l’ambiente adatto per questo poliziotto “oltre il bene e il male“ che esegue l’incarico in modo bizarro, non seguendo affatto i metodi ortodossi.

Terence è più la caricatura di un poliziotto che un rappresentante della legge. Non è però una figura disperata o cinica. E non sembra avere rimorsi di coscienza per il suo comportamento immorale (confisca droghe per poi consumarle lui, fa affari con criminali e abusa della sua posizione per i propri interessi, estorcendo anche favori sessuali) come è invece il caso del bad lieutenant di Ferrara. Quello, (allora rappresentato da un Harvey Keitel grandiosamente “cattivo“ e tormentato) dopo l’incontro con una suora e la visione di Gesù, si converte ad una religiosità quasi fanatica che lo spinge ad autopunirsi per i propri peccati con la morte cercata. Il tenente Herzoghiano non cerca salvezza ma sollievo immediato nel presente: prende droghe anche per liberarsi dai dolori terribili che gli crea la schiena rotta. E le uniche creature che gli appaiono nei momenti alterati sono coccodrilli e iguane luccicanti che lo accompagnano durante il lavoro. Oppure l’anima “ballante“ che dà l’ultimo spettacolo prima che sparisca definitivamente… Queste apparizioni non gli indicano un senso oltre la vita, ma almeno gli provocano una sorta di stupore che somiglia a quello che provava da bambino, alla caccia del tesoro ed in ricerca di un magico cucchiaino d’argento, che oggi è sporcato dai resti della droga.

Se con un altro attore questa storia un po’ postmoderna (che in realtà non sembra portare da nessuna parte) sarebbe diventata tragica oppure insignificante, con Nicolas Cage diventa un viaggio evocativo e divertente. Al tenente “schiena storta” e occhi rossi, Cage, fisicamente presentissimo ma senza la pesantezza del tormentato Harvey Keitel, ha spontaneamente aggiunto un passo sobbalzante che deriva dal dolore fisico del poliziotto.il cattivo tenente Un po’ come il serpente che nella scena iniziale del film s’infila in una prigione mezza allagata, questo tenente trasgressivo si muove tra ambienti “legali“ ed “illegali“, mettendosi nei panni del Robin Hood urbano per poi mascherarsi da diavolo. Ma ci sono diavoli infinitamente peggiori, come per esempio l’assassino di una famiglia di colore oppure il compagno del detective Stevie (Val Kilmer). Lui, più freddo persino di un rettile, lascerebbe morire il prigioniero nella galera allagata, salvato da Terence all’ultimo momento. Stevie è uno a cui non basta applicare la legge, ma spesso e volentieri ammazzerebbe tutti i criminali senza scrupoli. Questo film pieno di toni scuri – a cominciare dalla superficie scintillante dell’acqua di Katrina attraverso le ombre di una New Orleans notturna, fino all’ambiente cangiante della droga e della prostituzione – è anche una piccola fenomenologia dei colori della cattiveria: attraverso la figura del “cattivo“ tenente tutte le altre sfumature dei peccati umani, dei criminali e dei poliziotti, cominciano a brillare. “Cattivo“ nel film di Herzog quindi non è un concetto assoluto quanto meno non lo è (più) negli Stati Uniti dopo l’era di Bush e le tempeste dell’undici settembre. E’ un colore tra gli altri, come quelli che si rispecchiano sulla pelle delle lucertole secondo le condizioni della luce. E, infatti, sono questi colori che il regista tedesco, con lo stupore di un bambino (conferma al festival di Venezia 2009), riprende in close-up, da soggettiva, con delle telecamere speciali.

In una delle ultime scene del film vediamo Terence McDonagh davanti ad una montagna di coca, pronto per il prossimo trip. Sembra che questo tenente catturato può essere salvato solo da un prigioniero liberato.

 

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