In una New York priva di smog, traffico e criminalità in stile C’è posta per te di Nora Ephron, la giovane coppia formata da Holly (Hillary Swank), americana, e Jerry (il Gerard Butler di 300), irlandese purosangue, cerca di sbarcare il lunario tra difficoltà economiche e sogni lavorativi infranti; nonostante tutto, e soprattutto nonostante le lamentele su una casa che farebbe gola a chiunque abbia esperienze delle case in affitto a Roma e Milano, i due sono innamorati e felici. Il film si apre con una litigata che è in realtà una schermaglia d’amore, amore vero. Stacco sui titoli di testa e subito dopo assistiamo al funerale del povero Jerry, morto nel frattempo di tumore al cervello. Il regista ci risparmia la malattia straziante e l’ultimo saluto e noi lo ringraziamo di cuore. Il funerale stesso diventa momento di ilarità, di relazioni affettuose, in perfetto stile americano. Come d’obbligo, la povera Holly si chiude in casa e si macera nel dolore; ma ad aiutarla nell’elaborazione del lutto, attraverso tutte le sue fasi, dal dolore alla rabbia al senso di smarrimento, sarà proprio Jerry! Jerry ha infatti organizzato prima di morire un piano originalissimo per non abbandonare la moglie e “starle accanto” nei tragici momenti del distacco e del dolore successivi alla sua morte. Con una capacità di pianificazione ai limiti del credibile, in occasioni e date ben precise, verranno recapitate a Holly delle lettere, ognuna delle quali si chiude con il post scriptum del titolo, che non solo leniranno il suo dolore, ma le consentiranno di reagire e andare avanti; con tanto di viaggio in Irlanda, organizzato anche questo da Jerry, dove Holly ritroverà i suoi sogni e, forse, anche l’amore.

Be’, dobbiamo ammetterlo: gli americani sono proprio bravi a confezionare commedie brillanti e gradevoli come P.S. I love you di Richard LaGravenese. Smessi i panni del pugile, Hillary Swank ritrova il suo lato femminile e romantico e ci ricorda un po’ la Julia Roberts di qualche film fa, in una commedia romantica e a tratti struggente, ma mai stucchevole; divertente, ma non banale; a volte prevedibile, ma non scontata. Si potrebbe definire una lunga riflessione sulla solitudine e sulle vie che ognuno, per quanto è possibile, sperimenta per cercare vicinanza d’affetti con gli altri. Ma questa è una commedia, e, soprattutto, LaGravenese non ha interesse a scandagliare nel profondo queste i temi ceh evoca, quanto piuttosto a far quadrare tutti i tasselli del puzzle. I meccanismi e gli ingredienti della commedia ci sono tutti: l’amica stramba e mangiauomini (la straordinaria Phoebe di Friends), la madre (finto)burbera, il trauma infantile del padre che abbandona la figlia, il giovanotto timido (e un po’ sfigatello), l’uomo affascinante e apparentemente rude ma in realtà romantico e protettivo e, soprattutto, la protagonista che attraverso un’esperienza di dolore riesce a capire chi è e cosa vuol diventare fino a ritrovare nuovamente la gioia di vivere. I meccanismi e gli ingredienti, appunto, ritornano tutti, ma, miscelati, per così dire, in maniera fresca e nuova; non mancano ridondanze e momenti più fiacchi e forse qualche taglio sarebbe stato necessario, ma P.S. I love you, il cui riferimento più prossimo è Ghost, riesce comunque a funzionare bene.

Eppoi ogni tanto fa bene sentirsi nuovamente adolescenti e gustarsi un film sentimentale e rassicurante, magari con accanto una scatola di kleenex.

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