Se di Bukowski si è letto da molto giovani e prima di tutto il resto racconti tipo Tanti elogi da Walter Lowenfels, si può crescere benissimo con qualche preconcetto nei confronti dei Poeti, in generale. Se si vive a Roma dalle parti di San Lorenzo -Trastevere – Pigneto poi, la sensazione di essere circondati da annunci di laboratori di poesia potrebbe anche indurre a cedere a quel luogo comune secondo cui a questo tipo di arte sembrano dedicarsi appassionatamente molti più autori che non lettori.

Presentato alla sezione Controcampo italiano della 66° Mostra di Venezia, il documentario di Toni d’Angelo figlio del grande Nino di Aitanic ha sicuramente la forza per farci riappacificare con questo tipo di pregiudizi. A oltre 30 anni dal 1° Festival Internazionale dei Poeti a Castel Porziano tenuto nel 1979, esattamente come in quell’happening incredibile e di cui il film riprende alcune immagini di repertorio del tutto stupefacenti, il regista de La notte, passa uno ad uno il microfono a decine di autori che recitano per le strade di Roma liberi e a versi sciolti la propria idea di scrittura.

Dopo la tragica morte di Pasolini, rimangono memorabili le parole di Moravia secondo cui in un secolo non possono arrivare a gloria eterna più di tre o quattro Poeti. Sarà anche per la frequentazione costante dei temi di Abel Ferrara, ma d’Angelo, sembra voler onorare prima di tutto la memoria e la passione artistica di quegli scrittori che sono riusciti a mantenersi sempre ai margini della notorietà, a prescindere dalla consistenza del loro talento.

Quasi come per ogni angolo di Roma, dalla periferia più degradata al salotto più elegante il regista valorizza indiscutibilmente ogni angolazione della città eterna rendendo affascinante il modo con cui molti di questi autori vivono e riflettono in color sabbia la luce dei suoi quartieri.

E’ difficile, finito il documentario, non provare la curiosità di andare a riintracciare il talento di Dario Bellezza o Gregory Corso, seppelliti così come Shelley e Keats nel cimitero acattolico di Testaccio. Siamo del tutto convinti dell’onestà di questa produzione e di come Poeti miri in modo del tutto spontaneo proprio ad un’opera di riscoperta di autori di una grandezza del genere. Anche in ragione di tutto questo è del tutto inutile stabilire se questo film sia più da festival o televisione. Andando a cercare con i fiori in mano la tomba di quella persona il cui nome fu scritto sull’acqua è rassicurante sapere che certi spazi al cinema non servono solo per le location ardite dell’ultimo Moccia.

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