Schiacciato tra le retrospettive dedicate ad alcuni giganti del cinema mondiale (Lubitsch, Fellini…), che quest’anno hanno fatto registrare il “pienone” di pubblico, e i cortometraggi e documentari di autori napoletani, sui quali storicamente si concentra l’attenzione di cinefili e addetti ai lavori partenopei, non si può certo dire che il concorso Europa, Mediterraneo costituisca il piatto forte del Napoli Film Festival. Accade così che passino praticamente inosservati film che avrebbero forse meritato un’attenzione maggiore, e che chissà se e quando riusciranno a trovare una qualsiasi distribuzione nelle sale italiane.

È il caso, per esempio, della pellicola vincitrice della rassegna, Keep Smiling di Rusudan Chkonia, regista georgiana all’esordio nel lungometraggio (il concorso è dedicato ad autori emergenti, con un occhio di riguardo, in questa come nelle precedenti edizioni, verso la cinematografia dell’Europa dell’Est). È la storia di una gara, a metà strada fra un talent-show e un concorso di bellezza, alla fine della quale dovrà essere eletta la “miglior mamma georgiana”. Le dieci finaliste, attratte soprattutto dal premio finale (25000 dollari e una casa di proprietà), devono destreggiarsi tra l’imbarazzo di mostrare corpi imperfetti, prove di abilità culinaria e di cultura generale, esibizioni di talenti artistici tutti da dimostrare, e gli inevitabili favoritismi verso la bellissima amante del potente di turno, che tra l’altro non ha neanche mai avuto figli.

Chkonia mette in scena una vicenda corale di ordinaria disperazione, una guerra tra povere senza esclusione di colpi. Oltre alla competizione in sé, le mamme georgiane si trovano ad affrontare anche la gelosia dei mariti, la rabbia dei figli che le vedono mercificate, la frustrazione di dover ripetere in tv slogan patriottici e propagandistici. Come in Tony Manero – con il quale il cileno Pablo Larraín si impose qualche anno fa all’attenzione del pubblico italiano, vincendo il Festival di Torino – il talent-show rappresenta qui l’unica occasione di riscatto sociale, e la vittoria va rincorsa ad ogni costo. Un tragico colpo di scena, però, farà scattare una forte solidarietà tra le agguerrite concorrenti, e la consapevolezza che, a certe condizioni, lo spettacolo non può continuare.

Merita una menzione anche lo spagnolo El Alma de las Moscas di Jonathan Cenzual Burley, anch’egli esordiente. Si tratta di un road movie scanzonato e dai toni surreali, che strizza l’occhio a certi racconti alla Kusturica, ma fatto di ritmi lenti come The Straight Story di David Lynch. Due fratellastri, Nero e Miguel, si incontrano per la prima volta in occasione del funerale del padre, che nessuno dei due ha mai visto se non in fotografia. Il genitore ha scelto di vivere una vita da giramondo, senza una casa e senza radici, fuggendo continuamente dai legami e dalle responsabilità. In punto di morte, però, decide che, se non è riuscito ad essere un buon padre, vuole almeno “regalare” a ognuno dei due figli un fratello.

L’iniziale, reciproca diffidenza dei due fratellastri si scioglierà a poco a poco nel corso del viaggio verso il paesino del funerale. Un viaggio lento, si diceva, con i due protagonisti che attraversano a piedi sterminate campagne e praterie, e pieno di imprevisti, smarrimenti e strani incontri, alcuni reali e altri probabilmente onirici: un aspirante suicida affetto da narcolessia, la misteriosa “ragazza dei girasoli” che anima da sempre i sogni di Nero, una banda di rapinatori-musicisti, lo stesso fantasma del padre, don Evaristo de la Sierra. I due ragazzi, sul punto di abbandonare l’impresa e rinunciare a rendere omaggio a qualcuno che in fondo nemmeno conoscono, troveranno dopo uno di questi incontri la forza e le motivazioni per completare il viaggio che hanno iniziato.

Il film, girato nel 2011 con un budget ridotto all’osso, è stato selezionato in diversi festival, tra cui San Paolo, Cleveland e Londra, ottenendo una menzione speciale a Varsavia. Il titolo si riferisce a uno dei discorsi “filosofici” tra Nero e Miguel, sull’esistenza dell’anima e sulle dimensioni che essa deve avere per adattarsi alle varie specie animali.

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