L’idea della ripetizione sembra pervadere Here a più livelli: non per nulla il film inizia e finisce con una scena, quella di uno scoppio di follia omicida nel protagonista, che si ripete con un minimo di variazioni. 

La questione di fondo del film porta sul concetto di ripetizione. Si tratta di stabilire se la ripetizione sia un eterno ritorno dell’identico o se al contrario possa portare i segni di una differenza. L’amor fati per il protagonista del film non è altro che il giudizio che lui stesso porta nei confronti del proprio passato: ed è proprio ciò che fa della ripetizione un qualcosa di nuovo per lui.

La cura-video nel film mi ha fatto pensare ad Arancia meccanica dove il protagonista viene rieducato-condizionato attraverso la cura-video “Ludovico”, esiste un rapporto?
Il riferimento al film di Kubrick non è voluto. Tuttavia penso che siamo influenzati da tutto ciò che abbiamo visto, così può essere, dato che conosco il film e che mi piace molto, che qualcosa sia passato in maniera inconscia nel mio lavoro.

C’è un altro punto di contatto con Kubrick nel tuo film; Kubrick era un grande giocatore di scacchi ed ha spesso creato i suoi film ispirandosi alla struttura del gioco. Il personaggio dello scacchista è fondamentale nel tuo film. Com’è nato e qual è la sua funzione?
Di fatto io stesso sono un giocatore di scacchi, quando ero più giovane facevo parte della squadra nazionale di Singapore. Here è per me, in un certo senso, come una partita di scacchi. Molti film sono costruiti seguendo i principi degli scacchi, cioè secondo un insieme di combinazioni e di varianti all’interno di un sistema. Mi interessava cercare di infrangere le regole del gioco, cambiarle. Nella mia mente c’è una tensione costante fra l’imperativo di giocare secondo le regole di un sistema e l’idea che ad un certo momento sia importante infrangerle.

In Here il protagonista ha perso, in seguito ad un’esperienza traumatica, l’uso della parola e comunica scrivendo. Perché questa scelta?
Il protagonista del film è per me come un foglio bianco, come uno schermo vuoto e ciò mi permette di proiettare in lui diverse cose. È privo di voce ed in questo senso sembra essere  privo di soggettività, di vita interiore. E’ vuoto e perciò permette ad ogni spettatore di immaginarlo in maniera diversa. Per me He Zhiyuan è l’antagonista del regista “spettro” che ha una voce, ma non ha un corpo. I due personaggi sono dei veri e propri contrari: un corpo senza voce ed una voce senza corpo. Ho pensato il film come un arco teso fra questi due caratteri.

Il protagonista non è l’unico a scrivere in Here; attraverso lo stratagemma dell’autorizzazione tutti gli attori ci lasciano una traccia della loro  scrittura.
L’idea di far firmare a tutti un’autorizzazione è stata per me più che altro un gioco. In realtà l’insieme del film è una sorta di gioco fra me ed i miei collaboratori che firmando dichiarano di volere partecipare a questo gioco. Allo stesso tempo firmando esprimono in un certo modo se stessi, ognuno  firma in un modo diverso: c’è chi esita, chi invece lo fa molto velocemente, alcuni cancellano i loro nomi. Non ho detto a nessuno come firmare, il loro comportamento é assolutamente spontaneo. Il mio cast è stato molto importante per me; durante la fase di preparazione e le prove mi sono reso conto che spesso i dialoghi che gli attori proponevano erano migliori della mia sceneggiatura. Man mano che il progetto avanzava ho lasciato che contribuissero sempre di più alla costruzione della storia.

Ad un certo momento del film l’immagine di una foresta si converte lentamente ed impercettibilmente in un quadro raffigurante la stessa scena; ho trovato questo passaggio molto suggestivo.
Sono pittore di formazione ma ho smesso di dipingere da quando ho iniziato ad occuparmi di video-arte. Volevo innanzitutto che le mie idee fossero tradotte in sensazioni. Here dovrebbe essere in primo luogo un’esperienza sensoriale fatta di suoni e di immagini per lo spettatore, la riflessione deve venire in un secondo tempo.

Il trattamento del suono è notevole nel film. Come l’hai abbordato?
Man mano che il film avanzava ho incominciato ad essere sempre di più ossessionato dal suono ed ho passato molto tempo a lavorarci su. Il suono ha a che fare con la “presenza” in sè; quando guardiamo delle immagini c’è inevitabilmente una distanza fra noi e l’oggetto della visione, il suono invece è percepito direttamente dal nostro corpo perché è fatto di vibrazioni. Nel film ho cercato di usare molte frequenze sonore estreme; dei suoni molto bassi e dei suoni molto alti. È un modo per fare sentire agli spettatori che sono “qui” – Here  –  grazie alle vibrazioni del suono.
La scena a cui alludevi prima – la trasformazione della foresta in un quadro – ha proprio questa funzione; nello sforzo che compie per capire se sta vedendo un’immagine reale o la sua riproduzione pittorica, lo spettatore prende coscienza del suo essere presente, del suo essere lì. Il titolo del film Here- qui si riferisce proprio a questa “presenza” condivisa fra gli spettatori in sala e lo spettacolo sullo schermo.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Fra qualche mese dovrei presentare un progetto commissionatomi da una biennale d’arte in Australia.  Ho iniziato inoltre ad insegnare in una scuola d’arte a Singapore: in un primo tempo darò delle lezioni sulla filosofia di Nietzsche, in un secondo tempo gli studenti dovranno fare un adattamento cinematografico di Così parlò Zarathustra. E un’attività a cui tengo molto perché mi permette di operare nel sistema educativo del mio paese dove la filosofia è esclusa dall’insegnamento.  Sto preparando anche il mio secondo lungometraggio che si intitolerà Endless Day : è un incrocio fra la storia di Robinson Crusoe e una strana specie di film d’azione. Le pellicole di arti marziali hanno da sempre fatto parte della mia vita, cosa inevitabile per qualcuno come me di origine cinese cresciuto a Singapore; con Endless day vorrei rendere omaggio a questi film, creando un film d’azione  minimalista!  Non so ancora bene cosa verrà fuori, vedremo… (ride)

Cosa ti auguri per il tuo futuro artistico?
Come artista e come regista è soprattutto importante andare avanti; la mia più grande speranza è quella di avere l’opportunità e l’energia per continuare quest’avventura,  cercare delle nuove cose, sperimentare, lavorare.

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