Ahò, m’hai spaventato!”. Sono state queste le prime parole di Dario Argento a Fabio Maiello, balzato fuori improvvisamente dall’ombra dell’androne della casa del regista, dove attendeva da ore di poterlo intervistare per una fanzine. Strana affermazione, agli occhi di un ragazzino, da parte di quel maestro dell’horror che negli anni Ottanta aveva già terrorizzato generazioni di fan entusiasti in tutti i continenti, e che tuttavia racchiude in pieno il personaggio Dario Argento, grandissimo artigiano e sofisticato ingegnere della tecnica cinematografica, ovvero quanto di più lontano ci possa essere dal mero regista di genere di B movies o dal manierismo citazionista dell’impeccabile De Palma (che ammette sì di avergli rubato delle sequenze ma “facendole meglio”). Argento, dunque, è soprattutto un metteur en scène dei propri incubi e delle proprie paure, un aspetto che rappresenta forse uno dei motivi di quell’amore incondizionato che il pubblico prova da anni non solo verso i suoi film ma anche verso di lui. Un sentimento, come scrive Alberto Castellano in uno dei saggi introduttivi, che ha come contraltare speculare le motivazioni spesso altrettanto irrazionali dei suoi denigratori.

Per raccontare Dario Argento, Maiello sceglie di far parlare direttamente il regista, secondo la formula poco sfruttata in Italia del libro-intervista: mettendo insieme il frutto di incontri verificatisi  nel corso degli anni attraverso un rapporto che è divenuto amicizia personale, Maiello analizza e aggiorna fino all’ultimissimo film La terza madre quello che emerge come un work in progress, un cantiere aperto narrativamente e stilisticamente, anche nelle sue ramificazioni televisive. Il risultato è un corpus multiforme ma molto strutturato, in cui ad alcuni saggi iniziali e ad una serie di dichiarazioni di Argento ordinate tematicamente, segue la filmografia organizzata secondo schede tecniche, dichiarazioni specifiche del regista e testimonianze dei partecipanti al film o anche di illustri “semplici appassionati”, del calibro di Tornatore, Stuart Kaminski, John Carpenter. Da L’uccello dalle piume di cristallo fino a La terza madre, il libro raccoglie la voce di Dario Argento nei suoi ricordi di spettatore appassionato e nei suoi esordi di collaboratore (a partire dalla sceneggiatura di C’era una volta il west insieme con Bernardo Bertolucci), il suo rapporto conflittuale con la critica cinematografica e le sue battaglie contro la censura raccontate con amaro umorismo.

Accanto a lui sfila una galleria di personaggi spesso trascurati ma in realtà fondamentali come i direttori della fotografia (tra cui Storaro, Tovoli, Albano, Ronnie Taylor), gli aiuto-registi Michele Soavi e Sergio Stivaletti – poi divenuti essi stessi autori grazie al sostegno che Argento ha sempre cercato di dare alle nuove generazioni – i suoi compositori (Dosaggio, Morricone, Simonetti, Keith Richards). Testimonianze che si rivelano veri e propri micro-saggi di tecnica cinematografica all’avanguardia, come l’uso della steadycam o addirittura di tecnologie attualmente in dotazione per le gastroscopie, di cui Argento si rivela geniale scopritore per fini cinematografici. Accanto a queste, aneddoti curiosi o divertenti di attori italiani (Gabriele Lavia, Eleonora Giorni, Flavio Bucci, Bud Spencer, Miguel Bosè, Giuliano Gemma) e americani (Karl Malden, Jennifer Connelly, Harvey Keitel). Un libro da consigliare non solo ai fans del regista, che possono ricostruire così dettagliatamente le scene più famose nel loro “dietro le quinte”, ma anche per tutti gli appassionati del cinema, anche quelli che davanti ai film di Dario Argento non riescono a non chiudere gli occhi (ai quali Argento dedica il suo Opera, la cui protagonista è costretta ad assistere ai più atroci delitti grazie ad aghi che le tengono spalancate le palpebre).

Dario Argento – Confessioni di un maestro dell’horror, Fabio Maiello, Alacran Milano 2007, pp.346 euro 14.80

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