Feritelo e non tornerà più. Amatelo e vi terrà in catene”. Così la principessa de Serizy cerca di mettere in guardia la sua amica duchessa di Langeais, decisa ad attrarre il generale Armand de Montriveau, solleticata dal fatto che, pur essendo un uomo “cupo e noioso” sia al contempo “l’uomo del giorno” a causa delle sue pericolose avventure in terre straniere. Attratta dalla sua fama e dalla vanità, la duchessa orchestra un sadico gioco di seduzione nei confronti dell’ufficiale napoleonico, adducendo continui pretesti per non concedersi mai, fino a quando l’uomo, esasperato da un possesso che gli sfugge continuamente,  non decide di vendicarsi appunto scomparendo. “Acciaio contro acciaio” promette il generale, riferendosi ad un episodio accadutogli a Londra quando il custode di Westminster mostrando la mannaia che uccise Carlo I aveva detto sibillinamente “non toccate l’ascia” (ne touchez pas la hache, frase che costituisce il titolo francese del film e la prima versione del romanzo).  Sarà così la contessa a precipitare in un abisso di passione e umiliazione fino al tragico epilogo.

A più di quindici anni da La bella scontrosa, Jacques Rivette torna a confrontarsi con Honoré de Balzac, l’unico scrittore insieme a Dostoevskij che, secondo il suo amico Rohmer, deve leggere chi voglia fare dei film: l’ossessione per il possesso, nella sua opera precedente mediata attraverso la creazione artistica e la pittura, è in questo caso focalizzata invece sul suo puro essere passionale, amoroso e corporeo. Suddivisa in precisi segmenti, un prologo, un lungo flash back diviso a sua volta nei due aspetti speculari della seduzione (inversione dei ruoli di vittima e carnefice) e il drammatico e amaro epilogo, ripete la perfetta geometria delle novelle di Balzac, di cui adatta fedelmente i dialoghi e di cui mantiene un virtuosistico assunto letterario nella presenza di didascalie non strettamente necessarie alla comprensione della vicenda. Malgrado la scrittura ellittica e “talvolta brutale” del romanziere francese, Rivette non rinuncia all’uso del piano-sequenza, ideale per rappresentare un duello che si consuma quasi interamente all’interno di pochi ambienti. Non a caso appare forse meno riuscita la parte girata in esterni, o comunque meno rappresentativa di una società in cui in una sola stanza con una sola frase si poteva distruggere l’esistenza o la reputazione di un individuo.

Come già ne La religiosa (1966) in cui il rigore nei confronti del testo di Diderot paradossalmente lo attualizzava portando ad una meditazione sulla società contemporanea, anche in questo caso proprio la minuziosa ricostruzione dell’epoca della Restaurazione e la precisa trasposizione del linguaggio di Balzac (non adattamento né illustrazione, quanto piuttosto una “compressione” secondo Rivette) ne fanno un’opera che va oltre la storia, per raccontare semplicemente e con crudele eleganza la duplice prospettiva di un amour fou.

All’interno di un cast molto convincente in cui dominano, anzi si fronteggiano, Guillaume Depardieu e Jeanne Balibar (per i quali il film è stato realizzato, prima ancora che fosse scelto Balzac come testo), va segnalato il cameo di Bulle Ogier e Michel Piccoli, di nuovo insieme dopo Belle toujours di Manoel de Oliveira, la cui disincantata malizia incarna alla perfezione la crudeltà dello spirito del tempo.

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3 commenti su “La duchessa di Langeais

  1. come si dice in questi casi: “un film da non perdere”, anche se la fila dietro la mia ne è uscita sconvolta, a riprova della riuscita dell’operazione Rivette. Mi spiego: quelli dietro a me erano andati a vedere “duchessa” attratti (diciamo pure dalla sensibilità femminile di una donna del gruppo) dal nome di Balzac. Catturati dalla letteratura sono rimasti fregati dal cinema. Dopotutto Rivette non è Balzac e non fa i film in costume di “papà”!

  2. atrocemente sublime, come direbbe il Borri. E poi, quando vogliono rapire la bella monaca, parecchio divertente l’accostamento tra la guerra e il miracolo: gli unici due fatti che avrebbero giustificato, agli occhi dei benpensanti, il rapimento -d’amore troppo estremo e rivoluzionario, altrimenti.
    Le schermaglie tra i due sono fantastiche.

  3. Ho appena visto il film… stupefacente, per riprendere le parole del dialogo tra il generale Montriveau e i suoi amici durante la cena prima dell’epilogo.
    Bravi i due protagonisti, bellissima e molto curata l’ambientazione, pregevole la compostezza formale di alcune inquadrature della duchessa de Langeais (una tra tutte quella in cui vestita di bianco scrive la lettera a Montriveau seduta sulla dormeuse)…. e molto atro ancora.
    Splendido esempio di trasposizione filmica di un testo letterario!!!

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