di Vincenzo Avagliano /Quand’è che una storia d’amore può definirsi tale? Qual è il passo che segna lo scarto tra il sesso e l’amore? Può l’incontro fatale tra due persone per poche ore essere definito amore? La risposta sembra essere affermativa, o almeno questo sembra dirci Weekend :Un weekend insieme è quello che trascorrono Russell e Glen, due trentenni gay londinesi che si incontrano in un locale gay come tanti, un venerdì come tanti, alla ricerca, come tante altre identiche volte, di calore e compagnia. Ma questo incontro sembra essere diverso per tutti e due, simili e agli antipodi al tempo stesso, entrambi, sia pur con modalità opposte, alla ricerca del proprio posto nel mondo e del senso da dare alla propria vita. Russell guarda il mondo dalla finestra della sua casa al quattordicesimo piano, ci si rifugia come in un cantuccio, compiendo azioni lente e rituali: un bagno rilassante, un sigaretta sulla poltrona, le sue confessioni al pc; Glen è sfrontato, bello, irrequieto, di lui non vediamo né il luogo dove lavora, né la casa, né le azioni che compie da solo, sembra non averne bisogno. Russell, orfano e romantico, ha dovuto costruire un mondo fatto di cose, per sentirsi al sicuro; Glen è un animale disilluso e ferito, che si affida a se stesso per immergersi totalmente nei luoghi e nelle cose, ostentando fascino e sicurezza. Alla fine di quel weekend, fatto di sesso, confessioni, droga, alcool, vicinanza, non potrà esserci futuro per loro, perché un’imminente partenza li dividerà per sempre. Che senso ha allora quel weekend?

Sono lontani i tempi di Amici, complici, amanti, di Maurice o di Milk, per citare alcune delle pellicole più famose del panorama cinematografico omosessuale, e finanche, in tempi più recenti, quelli di Brotherhood, la storia d’amore, combattuta e osteggiata, tra due naziskin. Qui l’omosessualità è data per acquisita, non ci sono crisi d’identità e difficoltà di accettazione, i gay hanno abbandonato la piazza e le rivendicazioni, hanno posato i picchetti per dedicarsi – come dice Glen in una battuta del film – “a cazzeggiare su grindr (un’applicazione web di incontri gay on line) e rasarsi il culo” perché ormai quello dei diritti (suona strano dirlo in Italia) è una conquista già realizzata.

Andrew Haigh, alla sua seconda prova di cineasta nel lungometraggio, sposta l’obiettivo della macchina da presa dalla strada all’interno di un appartamento, realizzando non un film sociale o politico sull’omosessualità, ma intimo. Russell e Glenn hanno fatto entrambi coming out, e la domanda che il regista sembra porsi è un’altra: una volta superato lo scoglio della rivelazione, qual è il passo successivo? Qual è l’atteggiamento da assumere nei confronti di quel mondo etero, che continua a rimanere un mondo altro? Russell ci si accosta con deferenza, quasi a voler dimostrare che, nonostante la sua omosessualità, è degno di rispetto; Glen, al contrario, ci si avvicina sfidandolo, esibendo, arrogando a sè lo stesso diritto a raccontare le proprie esperienze nel modo virulento di molti maschi etero. E, infine, cosa bisogna cercare? Una relazione stabile? E qual è il rischio? Quello, ancora una volta, di sentirsi legittimati dal mondo ufficiale? A Russell, Glenn insegna ad essere se stesso, senza giustificarsi agli occhi del mondo. A Glenn, Russell insegna invece a non aver paura a cercare e a vivere quell’amore pieno, che non è una resa all’establishment ma è l’unica cosa che riesca a definire il senso e il proprio posto nel mondo.

E torna così, prepotente, lo stesso dubbio. Può permettersi un incontro fugace di essere definito amore? Forse la risposta possiamo andare a cercarla nelle parole che un’incantevole Julie Delphy regala a Ethan Hawke, in quel Prima dell’alba di qualche anno fa, che raccontava, come Weekend,  l’incontro di due anime che si posano una sull’altra per poche ore, a Vienna, senza la possibilità di un futuro: “sai io credo che se esiste un qualsiasi Dio, non sarebbe in nessuno di noi, né in te né in me, ma solo in questo piccolo spazio nel mezzo. Se c’è una qualsiasi magia in questo mondo, deve essere nel tentativo di capire qualcuno condividendo qualcosa. Lo so è quasi impossibile riuscirci ma, che importa in fondo…La risposta deve essere nel tentativo”.

Erano Jessie e Celine, a Vienna, qualche anno fa; sono Russell e Glen, a Londra, oggi.

Se ti è piaciuto quello che hai letto, perché non lo condividi?
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

5 commenti su “The Weekend di Andrew Haigh

  1. Purtroppo, ancora non si hanno notizie di un’uscita italiana. Non ci risulta neanche che sia stato acquistato da un distributore italiano.


    aggiornamento di Marzo 2016:
    Il film è distribuito in questi giorni in circa 10 sale in Italia, potete trovare maggiori informazione cliccando su questo link, che rimanda al silto della casa di distribuzione italiana Teodora Film

  2. io non credo che sia importante nominare la cosa che nasce e vive tra loro due, che importa che sia amore o no, e poi chi decide cosa voglia dire amore? forse è proprio questa assenza di connotazione come la difficoltà di appartenere ad un gruppo a una persona, di non omologarsi a ciò che la società, la cultura vogliono per noi l’essenza di questo film e il tempo di un weekend è il tempo sufficiente per non appartenere. Certo si vive nell’instabilità, nella fragilità e la paura dell’intimità è sempre in agguato, mangiano, bevono, si drogano continuamente per non ritrovarsi in quella prossimità che li mette a disagio. Ma poi si curano reciprocamente anche le ferite in due …chissà
    (indaga i sentimenti e la non conformità al sistema haigh bello anche 45anni)

  3. Ciao Serena grazie per il tuo commento. Sono d’accordo con te, e infatti il riferimento finale ai protagonisti di Prima dell’alba ha questo senso: non importa cosa è o cosa non è, ma quello che proviamo, quello che riusciamo a darci, a cercare, a desiderare nonostante il disagio e la paura.

  4. il film mi è piaciuto, trovo che “tenti” di indagare e mostrare, preferendoli al giudicare, delle contraddizioni (inventare la libertà e cercare, seppure con rabbia, l’appartenenza; esibirsi e mettere in scena la verità con le parole e nascondersi nelle rivelazioni dei silenzi; rivendicare l’uguaglianza e desiderare, seppure con rabbia, la differenza… e altre cose). eppure su tutto mi è rimasta addosso la potenza di inventare (non è naturale, non credo) l’intimità, e di riuscire a farlo proprio a partire dalle distanze (e fragilità) tutte umane che si mettono “nel mezzo”. Certo se al “nel mezzo” si sostituisce “il mezzo” forse si rischia l’alienazione dalla dimensione umana dell’intimità e degli affetti. bellissima la scena, crepuscolare, in cui si vede il palazzone in lontananza, il rettangolo della finestra di un appartamento illuminato dalla luce accesa nella stanza, loro due che si abbracciano. sembra un quadro di Hopper. penso sia un film anche sociale e politico, l’intimità mostrata non è universale piuttosto è quella di chi, storicamente e psicologicamente, si scontra con il conformismo e la norma eterosessuale, che esclude la diversità o la tollera come spettacolo circense

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.