Il dramma dei padri separati è un problema che sta a Monte. Alex de la Iglesia nel suo Las Brujas de Zugarramurdi se ne prende a cuore con una grandissima sensibilità dimostrando – magistralmente – come se ne possano anche gestire le emergenze nel caso di rapine, sabba carnali, Veneri di Willendord giganti e letti di pelle di serpe. Abbiamo amato il suo trashissimo Acciòn Mutante come anche tutti gli scorci in basso e all’angoletto -in punizione- della sua filmografia autoabbruttente.

Con il suo ultimissimo lavoro, presentato fuori concorso al Festival di Roma, il regista spagnolo realizza di sicuro una delle sue pellicole più convincenti. Il solo livello dei dialoghi frenetici e straripanti costituisce un’ossatura lisergica ed esilarante per la sua tipica azione filmica tesa a sdoganare horror, commedia nera e splatter sexy a sorpresa. E’ strano come proprio ora che sembra aver trovato l’amore con la splendida, irresistibile e latexscente Carolina Bang, de la Iglesia faccia prendere vita ai più atavici e logori Totem della guerra dei sessi, scatenandoli uno contro l’altro nel bel mezzo di un complotto internazionale di tutte le donne (streghe?) contro il Maschio.

Gli uomini, da parte loro, sono quelli che non riescono mai a pagare gli alimenti. Qui sono costretti a fare una rapina disperata persino con l’aiuto del figlio di otto anni di un loro compare e tutto l’esercito dei mimi da strada di Puerta del sol a Madrid. Con una padronanza ragguardevole, ne Le Streghe di Zugarramurdi de la Iglesia gestisce non solo i codici infiniti della tradizione esoterica spagnola, ma anche la complessità tecnica di un finale oceanico e  straripante.

Come al solito la scelta dei volti dei comprimari è geniale e la carrellata sulle streghe transgender Santiago Segura e Carlos Areces irresistibile. Aldilà della riuscita e il ritmo calzante delle battute, che sono la forza del film, Le Streghe di Zugarramurdi rappresenta senz’altro l’alternativa colta e credibile al consumismo gonfiabile di Trueblood ma anche a Tarantino. Più che a interagire con il Pantheon steatopigico ed egotronico dei propri personalissimi miti e citazionismi, de la Iglesia ha la forza di cannibalizzare e autoalimentarsi nella forza della sua stessa velocità supersonica. Assicuriamo tutti che il film si apprezza anche se non si ha il tempo di mettersi a contare le decine di omaggi al cinema di genere, rispetto al quale Le Streghe di Zugarramurdi si presta a divenire uno dei punti di riferimento.

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