In un tempo così amaro per la pace tra Israele e Palestina, per la pace nella striscia di Gaza, è un dovere per tutti noi fare riflessioni ed approfondimenti su quanto sta accadendo. Il cinema nella sua funzione di “ambasciatore” della nostra storia ci viene incontro offrendoci un film come Il giardino dei limoni.

Uscito in Italia alla vigilia di questo nuovo e secolare conflitto offre una visione intima della pace. Ci racconta di come la pace sia fatta, nella striscia di Gaza, di saccheggio e usurpazione. Di difesa di privilegi e di assurdità propinate ad un popolo costretto a subire in tutte le sue forme l’oppressione e l’invasione di una potenza occidentale. Israele è a tutti gli effetti una potenza occidentale, per tutto ciò che rappresenta e per tutto ciò che mette in opera senza preoccuparsi dei pareri della sua popolazione, dell’Onu, degli altri Stati. Senza rispettare le leggi del diritto internazionale, partorite faticosamente dopo conflitti mondiali. Senza lasciarsi scalfire dalle più umane regole, se nella guerra possono esserci regole, che difendono i più elementari diritti. Il giardino dei limoni è un esempio di come la guerra non interessi ai popoli, ma ai politici, di come possa nascere un conflitto da un insignificante giardino di limoni, se quello diventa il simbolo di controllo e gestione del territorio, al di là della predica sulla sicurezza del paese. Gli unici che attentano alla sicurezza del proprio paese sono quelli che guerreggiano  per difenderla. E le donne protagoniste di questo film dimostrano quanto siano lontane nella propria storia dai “signori” che si prefiggono di difenderle.

Il film racconta di un rapporto “a distanza” tra una donna palestinese e una donna israeliana, vicine di casa, innamorate dello stesso giardino che esiste da secoli, ma che d’improvviso, per la scintilla di follia di uno, diviene oggetto di sicurezza nazionale, paradigma di un conflitto insanabile perché voluto, desiderato, nutrito giorno dopo giorno. Nel film le due potenze si contrappongono senza preoccuparsi delle conseguenze o del senso di quanto facciano. In realtà, il senso di tutto è racchiuso ancora una volta nell’orgoglio e nella difesa di pochi e squallidi interessi, fatti di tradimento, orgoglio e ignoranza.

Queste due donne vivranno e si scontreranno, ognuna a modo proprio, con questi demoni. Li vedranno piombare dal nulla nella propria vita e alla fine sceglieranno, non senza conseguenze, qual è la loro via di coerenza. Il tutto mentre la “politica” e il sopruso continuano ad agire indisturbati nell’epoca di “maggiore democrazia” che il mondo abbia conosciuto. Guardiamo questo film e riflettiamo su quanto ogni nostra storia sia lontana dalla striscia di Gaza.

Questo intervento doveva accarezzare le vostre menti per parlarvi di un film che avete già visto o che vedrete, per onestà chi vi scrive, non se la sente di solleticare il vostro intelletto, ma piuttosto di condividere con il vostro stomaco quanto sta accadendo e quanto, in questo punto della nostra storia, un film così delicato come Il giardino dei limoni, possa diventare prorompente nella nostra voglia di riflettere e guardare alla verità. Nonostante gli sforzi della stampa nazionale per trasformare le nostre riflessioni in buonismo da due soldi, con contorno di pietà.

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