E’ dal 2002 che Fascisti su Marte si aggira come un disco volante sugli schermi, quello della tv e quello del cinema, e sul web, e ora quattro anni dopo, è atterrato in una sala cinematografica, per davvero, alla Festa del Cinema di Roma. Anche se il film di Corrado Guzzanti & C., dichiariamolo subito, fa rimpiangere soprattutto il suo esordio televisivo.

Intendiamoci. Fascisti su Marte non assomiglia ai lavori di quei comici da gag resi famosi dalla tv e che poi si mettono a fare cinema, con alterne fortune al botteghino. No, semmai ricorda certe avventure dei Monty Python, soprattutto per le invenzioni grafiche e alcuni passaggi surreali.

Fa ridere, e fa ridere anche parecchio in certi momenti. E’ un film politico, anche, perché parla, scegliendo la categoria del surreale per farlo, del revisionismo. Lavora molto sul linguaggio, sulla parodia dell’iperbole, modo espressivo del fascismo che suscita riso già di suo, come facevano ridere i modi stentorei di Mussolini anche durante il Ventennio. Salvo poi restare il fascismo una dittatura temuta.

Però, quelle che sono indubbiamente qualità, diventano in circa 100 minuti di pellicola anche limiti.

L’idea retro-futurista e geniale di Fascisti su Marte nasce all’interno del programma tv “Il caso Scafroglia”, nel 2002. Programma raffinato anche quando cazzeggia, e che a differenza di R(a)iot eluderà la censura politica del centrodestra.

L’idea, dicevamo, è geniale e semplice. Nel 1939 una missione di arditi fascisti giunge – conservata sotto sale – sul Pianeta Rosso e lo conquista. E la cronaca della conquista, rimasta nascosta poi decenni, ci viene proposta attraverso una serie di finti cinegiornali d’epoca e spezzoni dominati dalla narrazione di Guzzanti.

Finita la trasmissione – è lo stesso Guzzanti a raccontarlo nelle note per la stampa – orde di fan chiedono di riprendere la storia, ormai leggendaria quasi quanto quella della commedia musicale con protagonista un pasticcere trotskista che da anni vagheggia Nanni Moretti.

Nel settembre 2003, 43 minuti del futuro film vanno alla Mostra di Venezia. Ma ci vorranno tre anni prima che l’opera sia finita. E nel frattempo il plot cambia anche grazie agli eventi politici e internazionali, e nel calderone finiscono oltre a Berlusconi,, la guerra in Iraq, Guantanamo, l’ascesa del centrosinistra. Il tutto condito di grafica elettronica e (finto) documentarismo d’antan, che si giustappongono con le scene girate in una cava della Magliana (come dichiarato peraltro nel film, quasi ammiccando a Capricorn One e alla sua finta conquista del deserto marziano).

Cento minuti, dicevamo. Probabilmente troppi. Non solo perché la trama si carica di excursus inutili, ma proprio perché è l’idea di fondo a essere televisiva, o addirittura si direbbe radiofonica, con quella narrazione orale in cui sta oltre il cinquanta per cento del divertimento, del gioco che propone Fascisti su Marte. Se fosse stato davvero un mix tra Flash Gordon e documentario d’epoca, come vorrebbe la nota stampa, allora avrebbe dovuto essere un’altra cosa, un altro film, scegliendo però un registro meno raffinato, o più visuale.  

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