[***] – Sabato eravamo tantissimi in piazza a manifestare per la libertà di stampa, d’informazione (Piazza del Popolo e dintorni erano strapieni di gente, al massimo di quanto era possibile contenere). Tra le tante associazioni che hanno aderito e partecipato alla giornata c’erano anche il sindacato dei giornalisti cinematografici e i lavoratori dello spettacolo: è salito sul palco come portavoce un giovane studente di cinema in rappresentanza di chi lavora nello spettacolo, di chi fa cultura attraverso cinema, teatro, musica. Libertà di stampa è libertà di fare spettacolo, è libertà di fare cultura. Le possibilità nel nostro paese sono sempre più ristrette, sempre più difficili d’attuare. Come rivista cerchiamo di dar voce e visibilità (nel nostro piccolo) al cinema che vale, al di là degli incassi, della distribuzione… Per questo eccoci qui a dar spazio a EVA E ADAMO l’ultimo film di Vittorio Moroni. Uscito lo scorso venerdì a Roma e Milano si è guadagnato la seconda (e speriamo non ultima) settimana di programmazione. Se vivete a Roma o Milano andate e a vederlo (ai cinema Quattro Fontane e Palestrina). Chi ha avuto la fortuna di andarlo a vedere nella capitale ha trovato il regista ad accoglierlo (all’inizio e alla fine di ogni spettacolo) con una mela rossa all’ingresso e un fotogramma del film alla fine. Se vivete in altre città sicuramente ci saranno occasioni (da non perdere) per vederlo. Non perché il film ha una grande distribuzione o sarà diffuso massicciamente in centinaia di copie ad invadere multplex e cinema d’essais, ma perché avrà la distribuzione capillare che già hanno avuto i due precedenti film del regista, portati personalmente in giro per la penisola, città dopo città con uno speciale camper. Vi chiederete che modo è questo di distribuire un film. E’ quanto si è inventato questo giovane regista nel lontano 2004 per poter far vedere al pubblico il suo primo film, Tu devi essere lupo. Ha avuto l’idea di prevendere i biglietti del film e quando ha raggiunto un buon numero di futuri spettatori si è presentato ai gestori delle sale ottenendone una. Il passaparola è stato formidabile ed è nata una nuova distribuzione indipendente e assai speciale la Selfcinema. Metodo adottato egregiamente anche per il secondo film Le ferie di licu e per questo terzo. Questa volta si sono allargati a distribuire anche un altro documentario: Il silenzio prima della musica di Eric Daniel Metzgar che vinse l’anno scorso la sezione Extra del Festival di Roma, non trovando però una “normale” distribuzione.

Moroni ha sempre avuto uno sguardo attento a raccontare la donna, pensiamo al personaggio  – intenso e doloroso – di Valentina Carnelutti in Tu devi essere il lupo, ma è anche un formidabile narratore dell’amore. Nel primo film racconta di un ragazzo padre e del dolore di una donna che abbandona la figlia, nel secondo (Le ferie di Licu) s’interroga se si può amare qualcuno che non si sceglie, qui abbiamo tre modi estremi di amare. Tre modi tutti femminili. A partire dal titolo “Eva e Adamo” e non l’usuale biblico “Adamo e Eva” c’indica lo sguardo femminista del regista. Moroni indaga, infatti, sugli affetti che legano una donna a un uomo puntando l’obiettivo su tre donne, particolari, forti che si raccontano e raccontano il loro uomo, l’uomo che amano o che dicono di amare. Donne che non hanno paura di essere se stesse, di vivere la propria vita al di là di pregiudizi, paure e limiti.

Moroni come già ne Le ferie di Licu parte dal materiale umano ripreso dal reale per trasformarlo in qualcosa d’altro, plasmarlo in “racconto”, in “personaggi”. Non nega la ripresa della realtà. In molti momenti si vedono i microfoni che portano i protagonisti che sono ripresi come se la mdp non ci fosse (ma alcuni indizi lasciati dal regista ci dicono che la mdp c’è), filmati con sporcizia e verità (a tratti sembrano i filmini fatti in casa), ma nobilitati dal montaggio, dalle musiche. Moroni trasforma la materia grezza in gioielli attraverso il montaggio, il tocco con cui si relaziona coi personaggi, trasformandoli in “eroi” letterari. I protagonisti si spogliamo del loro costume reale senza perdere di verità, se non a tratti e sono quelli che funzionano meno. In alcuni momenti si percepisce la finzione, un mettersi in scena davanti alla mdp (forse inevitabile), che dà un leggero sapore di “grande fratello”.

Moroni ci conduce per mano con passione, divertimento alla conoscenza di queste tre donne. Il racconto inizia con i primissimi piani delle protagoniste: ognuna presenta il proprio “lui” che infine ci viene mostrato. E ognuno di loro ha una particolarità.

Erika, è una arzilla settantaseienne che vediamo subito, fin dalle prime inquadrature, alle prese con la palestra. Ci racconta di aver conquistato un giovane aitante. E per questo si sente fortunata. Scopriremo essere molto molto più giovane di lei e senegalese.

Veronica racconta del colpo di fulmine avuto appena ha visto il suo Alberto. Dell’amore di lui, dice che è arrivato con il tempo… Concludeva: lui ci ha provato come fanno tutti gli uomini lui… Particolare: Filippo è in carrozzina e ha una malattia degenerativa.

Deborah (in arte Laura) racconta di aver avuto il coraggio di farsi avanti con Filippo solo perchè ubriaca. Scopriamo poi che tanto timida non doveva essere se si manteneva facendo spogliarelli nelle hot line e l’attrice porno (ma a lui non dice all’inizio la verità sul suo lavoro).

Come nella vita la conoscenza avviene per gradi, così nel film andiamo a fondo nella vita  delle tre donne e il loro amori. Il racconto s’intervalla con quadri bellissimi, musica romantica, che fa pensare all’amore poetico, quello che fa sognare. Bruscamente si ritorna alla realtà dei fatti. La musica che faceva da sottofondo alle prime inquadrature pian piano è sostituita dai rumori della realtà. E le immagini diventano altro da quello che appaiono all’inizio: la signora matura tutta viaggi, palestra, lezione di danza in realtà  è sola, gli anni avanzano e si sorride di lei. All’inizio sembra innamorata, poi parla di non far pesare la sua superiorità e lascia trasparire nelle sue parole un pizzico di razzismo. Deborah, nelle immagini del lavoro è bellissima, quando la vediamo senza veli davanti alla mdp, è struccata e spettinata, ha il seno rifatto e problemi di soldi. Veronica mette a nudo il suo animo di crocerossina.

A fianco a queste donne che si sono date, sacrificate tre uomini che forse non le amano. Moussà, il ragazzo senegalese, sembra stare con Erika per interesse. Alberto vorrà un’infermiera o una moglie a fianco? Filippo amerà Deborah o l’idea di avere a fianco una bella ragazza che tutti gli guardano? Le domande non hanno risposte. Non si danno giudizi.

L’eden di Adamo e Eva è un sogno e come tutti i sogni sono difficili da realizzare… Così, Erika sogna di vendere la casa e lasciare tutto per lui, ma per ora ha comprat
o un biglietto per il Senegal. Deborah dice al suo menager di riprendere a fare al spogliarellista, ma rimanda ogni giorno. Veronica immagina di aver sentito il suo bambino dire la prima parola: papà.

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One thought on “Eva e Adamo: la libertà di distribuire

  1. non ho mai visto films di Moroni ma credo che dopo aver letto questa recensione correrò a farlo… l’ idea che un regista faccia un film senza avere alle spalle qualcuno che finanzi è molto interessante…che questo venga fatto nel nostro paese,ormai icona dell’inbarbarimento culturale dei nostri giorni,è qualcosa di pazzesco!
    uomini di questo tipo meritano i miei soldi!

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