Una tempesta non da poco soffia nei corridoi di Doc/it, associazione di riferimento dei documentaristi italiani che collabora stabilmente con la RAI. Sette cineasti, consiglieri dell’associazione, dopo vari interventi polemici e altrettante risposte, dai toni più che difensivi, da parte del presidente Alessandro Signetto pubblicati dal quotidiano il Manifesto, vedendo la goccia che trabocca nella mancata protesta della dirigenza di Doc/it al tentativo di censura verso il documentario della Bbc sui preti accusati di pedofilia, si sono dimessi dall’associazione inviando una lettera aperta. Una lettera che è una denuncia vibrante contro la subordinazione ai calcoli e alle opacità politiche, alla mediocrità influente della televisione, condizionamenti che impediscono di riportare con dignità “l’idea documentaria negli immaginari nazionali”, di renderla un luogo di cultura e di vita, un luogo che esiste davvero al di là di regole che, limitando l’espressione con un’interpretazione smisurata del principio del buon costume, rendono inutile scommettere, attraverso le immagini, sulla realtà. Si cerca un dialogo che sia il carburante per uno spazio di possibilità, l’unico dove poter realmente intervenire, e si parla anche qui delle istanze progettuali in movimento nel laboratorio dei 100 autori.

Una protesta contro l’opportunismo, mascherato tanto da priorità di programmazione e organigrammi, quanto, e al meglio, da piccole e poco efficaci resistenze passive. E una presa di posizione, infine, contro il cannibalismo politico-mediatico che, con la sua voracità, fa scomparire i documentari acquistati per la messa in onda o li sputa fuori come carni buone per l’ennesimo spezzatino giornalistico.

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