Giuseppe Gaudino e Isabella SandriIncontro i due registi, compagni anche nella vita, in un bel pomeriggio romano di fine estate. La mostra del cinema di Venezia è appena finita e loro hanno presentato il documentario Tra questi stretti morire. Cartografia di una passione nella sezione Orizzonti ricevendo parecchi applausi a tutte e tre le proiezioni. Personalmente il film mi ha molto emozionato e l'ho trovato una delle loro opere più riuscite. 

Come è avvenuto l'incontro con la misconosciuta figura di De Agostini, fratello minore dell'editore, missionario salesiano, esploratore della Patagonia, saggista, cineasta, fotografo ed andinista?  

Isabella Sandri (I.S.): Lo abbiamo conosciuto tramite uno scrittore e professore di letteratura ispano-americana a Cassino. Si chiama Nicola Bottiglieri e ha scritto un libro molto bello ambientato in Somalia intitolato Afrore. Ce lo aveva proposto per farne un film. Poi siamo diventati amici e durante una chiacchierata nel dicembre 2006, tra i suoi racconti di pionieri e scopritori quali Magellano e Pigafetta, era venuto fuori il nome di De Agostini. Questa storia che non conoscevamo ha subito colpito la nostra immaginazione: perché abbiamo pensato che nel rapporto con le cose che fotografava e filmava doveva esserci qualcosa di molto forte e passionale; essendo un salesiano, abbiamo intuito in lui una vena mistica. Ci ha convinto poi la visione del suo bellissimo film Terre magellaniche e le sue fotografie. 

Vedendo il film si intuisce un enorme lavoro preparatorio: dalla ricerca d'archivio alla ricostruzione scenografica, dalle vostre riprese in Patagonia  al materiale d'archivio suo, dal documentario agli inserti di finzione e di animazione. Possiamo partire dal parlare del lavoro di ricerca storica negli archivi?  

Giuseppe Gaudino (G.G.): A livello di bibliografia la ricerca dei testi in Italia è stata un po' difficile, siamo andati a Torino presso il Museo della montagna dove c'erano alcune cose, poi presso il Club Alpino Italiano di Roma, essendo lui esperto scalatore. 

I.S.: Poi abbiamo letto tutti i libri esistenti sulla Terra del fuoco: Sepulveda, Coloane, Paraguirre, che ha scritto un libro bellissimo sul selvaggio portato in Inghilterra nel 1830. Poi abbiamo trovato materiali interessanti nell'archivio di Via della Pisana a Roma, dove abbiamo ritrovato delle lettere e qualche appunto, pochi, del carteggio tra lui e l'ordine salesiano. I testi ci hanno chiarito il rapporto che c'era tra lui e i salesiani che era piuttosto complicato visto che loro vogliono annullare l'ego e l'individualismo, per cui questo personaggio, che spiccava e si segnalava per la sua passione di esploratore e cineasta, non era proprio incoraggiato.  

Isabella SandriCome avete cominciato la fase di ricerca e di riprese in loco? 

G.G.: Facendo i sopralluoghi in Argentina e cercando le persone che avessero avuto la fortuna di conoscerlo, essendo morto nel 1960. Abbiamo cercato gli allora giovani salesiani che lo avessero conosciuto. Ci hanno trasmesso alcune memorie a Santiago, Rio Grande, Buenos Aires, Torino, Ushuaia, Puerto Natales. E' stato un po' difficile trovare gli articoli, qualcuno lo abbiamo trovato presso l'Istituto Geografico Italiano di Roma. Mettendo insieme i film, le fotografie, gli articoli, le testimonianze dirette, gli aneddoti ci siamo costruiti l'idea di un personaggio. Nel frattempo abbiamo girato la parte più prettamente didattica. 

I.S.: Un documentario di testimonianze sulla sua vita. 

G.G.: Questa parte l'abbiamo abbandonata, è emozionante ma non abbastanza dal creare empatia con un morto. Evocarlo con chi l'ha conosciuto era una buona fase, ma non era essenziale per dire quanta bellezza lui ha cercato di catturare in ogni singola cosa. Non potevamo far dire a tutti: è bello, è bello… 

I.S.: E' bello, come, perché? E quindi noi per tre anni abbiamo lavorato su questo tentativo di far innamorare della figura del De Agostini. E' stato uno sforzo enorme perché ci siamo sempre chiesti come fare perché delle persone che non lo conoscono provino le stesse sensazioni che abbiamo provato noi scoprendo il suo lavoro e tutto quel mondo completamente scomparso di cui non è rimasto niente, se non un film di pochi rulli e le sue ventimila lastre fotografiche che si trovano nel museo Borgatello di Punta Arenas. Le altre testimonianze che restano di lui sono i suoi libri, molto belli: Ande Patagoniche che stanno ristampando a Punta Arenas e I miei viaggi nella Terra del fuoco (1924) che contengono delle fotografie che si sviluppano in vedute a 360°. Lui voleva abbracciare il panorama, la sua fatica era quella di non riuscire a rendere così tanta bellezza, ed era molto svantaggiato perché non c'era ancora la fotografia a colori, anche se fu tra i primi ad usare la pellicola Ferrania a colori, ma aveva perso i negativi. Per riuscire a restituire le emozioni donate dai paesaggi della Patagonia  dipingeva a mano i fotogrammi. Aveva fatto un viraggio di tutto Terre magellaniche. 

Oltre agli ambienti naturali e reali c'è la ricostruzione di un deposito dove sono affastellati oggetti di provenienze diverse e nel quale i due attori dialogano su De Agostini, evitandoci la voce over a volte un po' troppo didascalica di tanti documentari. Ce ne puoi parlare Giuseppe? (tra le altre cose Gaudino è stato scenografo per Gianni Amelio ne Il ladro di bambini, ndr) 

G.G.: E' un deposito di oggetti apparentemente senza senso, oggetti scenografici, dei quali un lato non si vede mai. Serviva per creare un caos, un luogo senza definizione che poi alla fine si svela cos'è. All'inizio è tutta apparenza, poi aiuta ad individuare anche il percorso che questi ragazzi vivono. 

Giuseppe GaudinoIl magazzino crea un'emozione che va al di là del personaggio, come la parte con i primi piani e il discorso sugli indios scomparsi per sempre. C'è anche un ritorno alle origini per quanto riguarda l'animazione degli oggetti, penso in particolare ad Aldis, uno dei tuoi primi lavori dove davi vita ad un manichino di legno utilizzando la tecnica del passo uno. 

G.G.: Era una tappa inevitabile perché raccontare quella visione del tempo mi è molto congeniale e credo lo sia anche per chi lo vede. Abituarsi a quell'oggetto, quell'arco, quell'armadio, quella cupola di San Pietro, quegli oggetti messi in scena sono quasi reali ma il modo in cui vivono smentisce la realtà e mette in all
arme per comprendere che c'è qualcosa che non va. Aiuta lo spettatore a capire la realtà che non è mai ferma. Non è uno stile, è una riflessione.
 

Per tornare alla biografia di De Agostini e alle storie dei nativi della Patagonia, colpisce nel film l'ambiguità del ruolo delle missioni salesiane. 

I.S.: Da una parte tentavano di preservare i nativi rispetto alle violenze dei pionieri che li stavano decimando. Il sogno di Don Bosco era quello di evangelizzare queste popolazioni. Creando queste missioni all'Isla Dawson e a Rio Grande sognavano di integrare questi indigeni, di insegnargli un mestiere: di operai e domatori di cavalli per gli uomini, di tessitrici e ricamatrici per le donne. Il sogno salesiano era farsi dare queste terre in concessione dal governo, creare le missioni; ciò era visto come una forma di do ut des dal governo che era lieto che venissero tolti di mezzo gli indios e praticamente reclusi. Infatti Isla Dawson è un'isola ghetto che venne poi utilizzata durante il regime di Pinochet per torturare e imprigionare i detenuti politici. I salesiani presi dal loro desiderio di evangelizzazione non si sono accorti che imponendo ai nativi degli stili di vita occidentali molto lontani da quello che avevano seguito per secoli, li facevano morire. Nel momento in cui gli toglievano di dosso il grasso di foca che serviva loro per proteggersi dal freddo e li strappavano dal loro nomadismo, dalle loro abitudini di cacciatori o pescatori, chiudendoli in quelle missioni, questi si ammalavano. E' vero che insegnavano loro a leggere e a scrivere, ma non si rendevano conto dei danni che gli procuravano, perché le condizioni di vita lì erano difficilissime. Non potevano vivere in quel modo imposto loro, raggiungevano i dieci anni e poi morivano.

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2 commenti su “Conversazione con Giuseppe Gaudino e Isabella Sandri – parte 1

  1. HO LETTO DEL DOCUMENTARIO SU PADRE DE AGOSTINI E SUI SUOI VIAGGI NELLA TERRA DEL FUOCO.
    SAPRESTE DIRMI SE PER CASO SI TROVA IN COMMERCIO IN DVD?? GRAZIE MILLE

  2. Mi informerò. Intanto posso dirti che verrà proiettato al cineclub Detour in Via Urbana a Roma, sabato 22 gennaio 2011 alle 21, alla presenza dei due registi

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