Sopravvivenze legate ad un filo sottilissimo tra integrità morale e sopraffazione sul prossimo. Storie di homo homini lupus che si incastrano tra loro. Tre sogni che finiranno in un unico incubo. Nella notte tra un sabato e una domenica, alla vigilia di San Valentino,  le vite di un pusher marocchino che aspira ad avere un permesso di soggiorno, di una badante moldava perseguitata da un terribile passato legato alla prostituzione e di un’ imprenditrice italiana finita in mano ad uno strozzino si intrecciano in una morsa di solitudini, violenza, voglia di un riscatto sociale per trovare il proprio posto nel mondo. Nessuno dei tre ne sarà consapevole ma ciascuno cambierà la vita dell’altro innescando una catena di eventi drammatici e abbandonando ogni riguardo morale. Non siamo delle isole. La vita e le azioni di ogni individuo si riflettono sempre su altre persone e questo dovrebbe far pensare al senso di responsabilità ogni volta che prendiamo delle decisioni. Un mercimonio di coscienze. Una visione dura e cinica. Una luce che non arriva mai. Senza pietà cosa si diventa? Quella pietà negata a Sahid Belamel, morto a Ferrara nel 2010 per ipotermia sul ciglio della strada nell’indifferenza generale.  Nessuno si fermò per aiutarlo. Nessuno chiamò soccorso. A questo tragico episodio di cronaca s’ispira Carta Bianca, secondo lungometraggio di Andrés Arce Maldonado. Un film duro e spietato in cui non c’è spazio per il grottesco come nel precedente Falene. La tematica trattata non vuole essere solo il razzismo o le difficoltà quotidiane a cui vanno incontro gli extracomunitari. La solitudine e l’indifferenza raccontate come malattie della contemporaneità, veleni dell’anima peggiori persino delrazzismo e della xenofobia” sottolinea  Andrés Arce Maldonado.

C’è un male molto più profondo che annichilisce le nostre vite:”La solitudine e l’indifferenza raccontate come malattie della contemporaneità, veleni dell’anima peggiori persino del razzismo e della xenofobia” sottolinea  Andrés Arce Maldonado. La città che fa da sfondo alle tre storie è la Roma plumbea delle periferie, dei capannoni industriali in cui si annidano molti alloggi di fortuna e del Corviale, terra di nessuno, in cui la vita reale sovrasta la finzione filmica facendosi prepotentemente strada. Godono di una luce  particolare soprattutto i personaggi femminili. Donne sopravvissute, sole, disilluse dal mondo maschile, Lucrezia e Vania cercano di aggrapparsi alla vita, ormai non hanno più nulla da perdere. Da vittime diventeranno carnefici. Carta Bianca è una cruda denuncia, un film di volti che si susseguono in una dimensione di eventi convulsi raccontati attraverso disgressioni, stacchi, slittamenti. Atmosfere chiaroscurali in cui si diramano molte, forse troppe, sottotracce che si perdono lasciando ai margini lo spettatore. A distanza, senza giudizio e senza empatia si assiste agli eventi. Quel distacco che risuona come inestistenza di un intervento divino.Il silenzio di Dio nei confronti di un male inarrestabile che deve giungere fino in fondo al suo compimento. L’uomo è solo e da solo si perde nel suo libero arbitrio assegnandosi ricompense e punizioni. Un concetto inusuale nel cinema italiano che si ritrova più comunemente nel cinema orientale come in Kim Ki-duk o nell’ultimo Jia Zhangke e portato alle estreme conseguenze nel cinema europeo da Nicolas Winding Refn.

Tutto si ricongiunge e si annulla nel finale che attraverso il personaggio di Kamal ricostruisce gli ultimi momenti di vita di Sahid Belamel. Quelle immagini riprese da una telecamera di sicurezza in cui il ragazzo, mezzo nudo, chiede aiuto e si aggrappa disperato all’inferriata di un cancello. Nell’ultima scena arriva un segnale di pietas, di calore umano che al vero Sahid è mancato. Con l’uscita in sala del film prenderà il via, proprio il 26 giugno, la campagna NO ALL’INDIFFERENZA, concepita e realizzata da Laboratorio Bizzarro per Distribuzione Indipendente& da veicolare sulle piattaforme social Facebook e Twitter. Grazie alla preziosa collaborazione di Lina Wertmüller, Alessandro Haber, Umberto Orsini, Iaia Forte, Francesca Faiella – tra i primi volti noti dello spettacolo italiano che hanno aderito al progetto, mettendoci la faccia – è stato possibile realizzare degli scatti provocatori, che pongono agli utenti una domanda altrettanto provocatoria: Se ci fossi stato io, ti saresti fermato?

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