Si può discutere a lungo, nell’ambito delle colonne sonore, sulla differenza  tra tutte quelle realizzate da compositori specializzati in musiche da film e quelle prodotte invece da artisti o gruppi con un proprio percorso autonomo che poi si prestrano in un secondo momento al cinema. Teho Teardo ormai, ha un’autorevolezza e uno stile che oltrepassa e sconfina continuamente le due categorie. Dopo aver innestato quasi cronenberghianamente la matrice dell’industrial carnale in Italia ad inizio anni’90 con i suoi Meathead ha poi cominciato una serie di collaborazioni impressionanti tipo quella con Scott McCloud dei Girls Against Boys o Mick Harris dei Napalm Death per poi debordare nel cinema con  lavori per Sorrentino, Salvatores e Molaioli.

A pochi giorni dall’uscita de La Nave Dolce che conferma il suo sodalizio con Vicari dopo Diaz siamo riusciti a contattarlo anche per parlare del suo interessantissimo live Music for Wilder Mann.

Ciao Teho grazie per l’attenzione. Dunque è in sala La Nave dolce che conferma il tuo sodalizio con Daniele Vicari dopo Diaz. Hai fatto delle ricerche particolari per ricostruire l’atmosfera dell’epoca?

No, ma ho visto le immagini di repertorio utilizzate ed erano talmente piene di senso che non credo servisse cercare altro. Avevano qualcosa di biblico, gigantesco per dimensioni, come una pioggia di rane.

Un fenomeno incredibile, qualcosa che non si sarebbe potuto verificare, ma invece era lì, davanti ai miei occhi. Mi piace pensare che la musica ed il cinema tentino di stabilire un rapporto con l’incredibile. Almeno ci possono provare.

Quando hai pensato per la prima volta alla possibilità di comporre una colonna sonora?

Sembrerà provocatorio, ma non ci ho mai pensato in termini di strategia e continuo a non farlo. Pensare alla musica per categorie non mi piace, si trasforma tutto in generi, stili, comportamenti e si sa da subito dove si va a finire. Sarebbe come vivere in uno schedario. A me continua ad interessare la musica e le relazioni che può stabilire al di fuori di sé. Se poi lavori con il cinema è scontato che si debba trovare il modo di collegare la musica co il film, anzi di farla rivivere dentro il film. Ma rimane prima di tutto un aspetto musicale in cui il suono, la musica devono avere prima di tutto una loro autorità per poter stabilire un percorso drammaturgico sonoro che li leghi in quello che alla fine chiamiamo film.

Apprezziamo molto la tua capacità di alternare nei tuoi lavori nelle colonne sonore la grande ricercatezza nelle composizioni, ma anche l’intuito nello riscoprire chicche d’epoca entusiasmanti. Puoi farci il nome di qualche compositore per musica da film che ti affascina particolarmente? In che posizione è Bernard Herrmann?

Mi piace Hermann per la sua musica, come Badalamenti o i Popol Vuh. Mi intriga quello che fa Jim Thirlwell, ma lui esiste indipendentemente dalle colonne sonore, lui è Foetus e a me piacciono quelli che fanno musica. Se poi questa trova una sua via al cinema in modo intelligente allora meglio ancora. Ma prima deve esistere in quanto musica, con la sua autonomia. Se riascolto Nosferatu o Twin Peaks non ho bisogno di immagini che sostengano quei suoni, mi basta quel che sento per tornare nei luoghi del film, soprattutto quelli emozionali.

Hai lavorato con tutta una serie di grandi registi che oltre ad una lucidità cinematografica hanno anche una grande sensibilità musicale. Pensiamo a Sorrentino per esempio. In questo caso è stato più facile coordinarvi o c’è stata anche qualche sovrapposizione involontaria?

A volte non serve nemmeno dirsi molto. Le parole di riferimento per un intero lavoro possono essere poche, soprattutto se si crea un contesto in cui ci si ritrova, una questione di senso prima di tutto. Di reciproca appartenenza ad un progetto.

Leggiamo dalla tua biografia che sei nato a Pordenone. Hai vissuto il periodo del Great Complotto o eri ancora troppo piccolo? In generale la città non sembra affatto essere una realtà periferica a livello di fermenti musicali. Specie per quello che riguarda l’elettronica. O No?

Ero ancora piccolo, Plastic e Miss Xox per me sono come due care zie a cui voglio bene, abbiamo suonato tanto assieme. Pordenone è un paesotto, con tutti i limiti inevitabili della provincia italiana. Ti assicuro che di elettronica non ne voleva sentir parlare nessuno. Anche in Italia si è fatta una gran fatica a parlarne in modo interessante… Ma poi che significa elettronica? Temo che l’abuso del termine lo confini ad una pratica che lo rende simile ad una spezia, un sapore da aggiungere alla musica. Per me è prima di tutto una questione di scrittura.

Puoi parlarci della tua esperienza con i Meathead?Per certi versi siete stati dei precursori, anche per il livello delle collaborazioni che poi hai stretto sul finire di quel progetto. Cosa ricordi con più piacere di quegli anni? In cosa ti aiuta di più l’esperienza di quel gruppo in quello che fai ora?

I Meathead erano un gruppo a sè, basato sull’utilizzo dei campionatori. Mi sono divertito molto con G.no e gli altri. Ogni tanto qualcuno mi propone una reunion, ma lo mando simpaticamente subito al diavolo. Abbiamo girato tutta l’Europa in tour tenendo moltissimi concerti. Meathead per me era la fisicità della musica, sia elettronica che rock, indifferentemente. Solitamente alla prima, per una serie di ridicoli e ormai inaccettabili luoghi comuni, non si attribuisce fisicità, invece nei Meathead la ripetizione di loop con beats e synth rendeva il rock interessante e dal vivo funzionava efficacemente.

Rispetto allo spettacolo che hai recentemente presentato all’Auditorium di Roma, come hai scelto i brani rispetto al soggetto delle foto? Il tutto ha reso in maniera molto evocativa il rapporto tra l’organicità umana e l’aspetto elettronico. Che legame c’è nelle performance dal vivo tra le suggestioni visive e sonore e il viaggio interiore a cui viene sollecitato lo spettatore? L’idea pare quella di un grande organismo vivente su cui viene innestao un impianto elettronico…

Non ho abbinato dei brani esistenti alle fotografie, ho scritto Music for Wilder Mann, sia lo spettacolo che il disco di prossima uscita, perché quelle fotografie sono state motivo di ispirazione. Scrivere è una questione di urgenza, senti che lo devi fare e lo fai subito. Si tratta di aver qualcosa da dire e di trovare il modo adeguato per dirlo. Anche con la spontaneità dell’immediatezza. Quel libro è stato un incontro molto intenso e la musica che ne è scaturita per me andava documentata in un album che sto mixando in questi giorni. Non me l’ha chiesto nessuno, ma lo dovevo proprio fare.

Per chiudere ci diresti, tuo libro, disco o film preferito… o magari tutto insieme?

Fortunatamente non ho un disco preferito, ne ho almeno un centinaio, i primi tre che ricordo sono:
Harold Budd & Brian Eno – The Pearl
Einsturzende Neubauten – Halber Mensch
My Bloody Valentine – Loveless
Stessa cosa per i libri, ma il primo che mi viene in mente &egra
ve; Il Viaggio al Termine della Notte di L.F. Celine.
Il film adesso è Lo Zoo di Venere di Peter Greenway, ma tra mezz’ora potrebbe essere Nosferatu oppure Fitzcarraldo di Werner Herzog.
Grazie!!

Se ti è piaciuto quello che hai letto, perché non lo condividi?
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.