Un capolavoro Torneranno i prati del maestro Olmi.

In ogni inquadratura pressoché ogni fotogramma.

In ogni raggio di luna o di suono, granello di polvere che cade sulle gamelle, fiocco di neve spruzzante, goccia di sangue intridente.

In ogni viso di pietra dipinto, volpe topino leprotto che mostrano la propria umanità, accarezzati con le mani con gli sguardi dai soldati depressi storditi dal pensiero del macello.

Fotografia superlativa, immersa in luce virata al blu sotto la luna in esterni, al ferrogrigio nella trincea raggelata sepolta.

Nitore perfetto dei quadri, sonoro di assoluta diretta resa nel silenzio come nel rombo; dialetto vero e sofferente, lingua italiana fatta solo di vuote formule buromilitaresche.
Napoletano cuor contento che canta fino a che può, veneto che riveste i larici di abiti d’oro e le volpi di manti grigi nella luna chiara, friulan che piange, delira, perde la parola.
Solo il bergamasco non parla, o non si sente fortechiaro come nel casale da cui gli zoccoli dall’albero germogliavano.

Ufficialetti ufficialoni rigidi fissi falsi, almeno fin che scoppiano e abiurano; un graduato quasi umano; soldati veri e spenti perchè votati e costretti alla morte inane; generaloni assenti e criminalmente ordinanti dal calduccio degli stati maggiori. Tocca citare Kubrick di Orizzonti di gloria. E pur troppo anche il più grande moderno generale da battaglia, Rommel della guerra d’Africa dopo la Grande : soldati italiani leoni, ufficiali salsicce, stato maggiore letame.

La neve tutto ammanta e protegge fin che l’uomo la distrugge a cannonate che trasformano il bianco ovunque sofficeliscio in nerosconvolto.
La luna tutto rischiara, il vento tutto spazza e niente ripara, dalla mitraglia dai cecchini dalle schegge di shrapnel mutilanti. I monti non possono che subire la violenza, l’inazione, il nevrotico silenzio prima delle tempeste d’acciaio che solo Junger riusciva a cantare, Rigoni Stern, Lussu, Bedeschi a umanizzare negli stracci gelati e infestati di pidocchi e insensatezza.

Prati non si vedono, non s’intuiscono tra i ghiaccioli, sono presenti solo nei ricordi di quelli che lasciano i cadaveri sotto rigide coperte fino alla futura mite stagione; che quasi tutti loro stessi non rivedranno.

Armonie al finale. Flicorni di Paolo Fresu. E bandoneon.

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3 commenti su “TORNERANNO I PRATI di Ermanno Olmi

  1. non ho ancora visto il film, ma spero di ritrovare le suggestioni lette nello scritto, molto belle

  2. sì, le ho ritrovate le suggestioni e la profonda intimità del soldato, dell’essere umano, con i messaggeri del divino, con il silenzio, con il larice, la volpe e il lupo e la luna semplicemente illumina la terra, mentre la neve cade e tutto ammanta. poi la violenza, il tuono del cannone, lo schioppo del fucile e il soldato cade in silenzio, un altro si spara di fronte all’ufficiale ottuso e superbo.
    assolutamente un capolavoro

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