Nel labirinto di un grande festival come la Berlinale, The Klezmer Project, opera prima dei registi argentini Paloma Schachmann e Leandro Koch, presentato nella sezione Encounters, è emerso come un film unico nel suo genere ed è stato premiato come migliore opera prima con il GWFF Award.

 The Klezmer Project è una vera gemma, una piccola meraviglia sorta dal talento prorompente dei suoi sceneggiatori-registi Paloma Schachmann e Leandro Koch. Opera complessa e stratificata, The Klezmer Project è al contempo un viaggio affascinante attraverso il tempo, lo spazio e le anime dei suoi protagonisti, un documentario musicale che esplora la musica klezmer e, infine, un film politico che s’ interroga sullo stato attuale del patrimonio culturale ebraico nel mondo. Vari filoni narrativi s’intrecciano con virtuosismo creando un insieme vivace e stimolante, toccante e spiritoso.

La trama principale è costituita da una versione romanzata della relazione reale dei due registi: Leandro, un giovane regista che si guadagna da vivere filmando matrimoni ebraici a Buenos Aires, incontra Paloma, una bella e talentuosa clarinettista che suona in un gruppo Klezmer durante le feste di questi matrimoni: è l’amore a prima vista. Per mantenere vivo l’interesse della ragazza e consolidare la loro relazione, Leandro, che inizialmente finge il suo interesse per la musica klezmer- la musica strumentale tradizionale e in via di estinzione degli ebrei ashkenaziti dell’Europa centrale e orientale- si unisce al progetto documentario che Paloma vuole realizzare sul questo soggetto.

Un secondo livello narrativo è fornito da una voce femminile fuori campo che parla in yiddish e afferma di essere il diavolo in persona. La voce del diavolo ci racconta un’altra storia d’amore successa all’inizio del XX secolo fra il giovane becchino Yankel e la bella figlia del rabbino locale, la sveglia e colta Taibele. Nel corso del film scopriremo che sia il diavolo stesso che il filosofo ebreo Baruch Spinoza giocano un ruolo fondamentale nella loro storia d’amore. Quest’affascinante vicenda che si svolge tutta fuori campo è sapientemente intrecciata con la storia d’amore di Leandro e Paloma e ne costituisce un arguto contrappunto, una sorta di commento sagace in controluce.

Di fatto i due registi, entrambi nipoti nella vera vita di immigrati ebrei dell’Europa orientale fuggiti dall’invasione nazista, vogliono capire perché lo yiddish, la lingua dei loro antenati, e il klezmer, la loro meravigliosa musica popolare, siano quasi scomparsi al giorno d’oggi. La loro spiegazione è decisamente politica: secondo il loro punto di vista oltre all’avvento dell’Olocausto, il declino di questo enorme patrimonio culturale è stato accelerato e consolidato, in un secondo tempo, dalla creazione dello Stato di Israele, che mettendo da parte tutte le tradizioni culturali e linguistiche della diaspora, decise di fare dell’Ebraico l’unica lingua ufficiale della giovane nazione. Alla luce di queste conclusioni i doppi di Leandro e Paloma nel film decidono di intraprendere un lungo viaggio verso l’Europa dell’Est alla ricerca delle proprie radici familiari e delle band di klezmer locali.

Nella seconda parte, il film si trasforma in un road movie, incorporando molti elementi documentari mentre il team dei registi viaggia attraverso la Transcarpazia incontrando vari personaggi e musicisti locali.

Lungo il tragitto gli abitanti dei villaggi, accoglienti e calorosi, aprono le loro case e condividono la loro vita quotidiana e la loro musica con i protagonisti. Ogni incontro è una vera epifania.   L’esperienza, la saggezza e la disarmante gentilezza di questi personaggi è catturata in modo esemplare dall’accuratezza delle inquadrature e dall’approccio sensibile dei registi.

Come se tutto ciò non bastasse, vediamo anche un film nel film. The Klezmer Project ci offre infatti anche una riflessione esilarante sull’avventuroso processo di produzione della pellicola soffermandosi sul viaggio di Leandro a Salisburgo per incontrare il produttore austriaco del film, Lukas Valenta Rinner- il vero produttore della pellicola- ed assicurarsi i finanziamenti necessari. Nonostante questo sia l’ennesimo strato in un’intricata rete di riferimenti, l’ingegnoso montaggio del film riesce ad orchestrare perfettamente tutti questi filoni creando un insieme raffinato e perfettamente fluido. L’avventurosa ricerca di Paloma e Leandro, partiti alla ricerca di gruppi klezmer, alla fine fallisce semplicemente perché questi gruppi non esistono più, ma è compensata da un’ampia gamma di meravigliose esibizioni di musicisti locali e da una nuova consapevolezza; in questo territorio, dove l’ebraismo conviveva pacificamente con le culture che lo circondavano, influenzandone le tradizioni, sono proprio i gitani che hanno saputo conservare con premura e zelo le melodie klezmer fino al giorno d’ oggi.

Il film rende anche omaggio all’etnomusicologo Bob Cohen, un punto di riferimento cruciale per i registi, che ha trascorso più di trent’anni in queste lande svolgendo delle accurate ricerche in loco sulla musica klezmer e popolare, lavorando con assoluta dedizione e condividendo generosamente il suo prezioso sapere con gli altri.

The Klezmer Project finisce come era iniziato, con una scena di matrimonio, chiudendo così il cerchio della narrazione. Se il primo matrimonio si svolgeva a Buenos Aires ed era il punto di partenza della storia d’amore tra Leandro e Paloma, l’ultimo, celebrato in un remoto villaggio della Transcarpazia, è filmato da Leandro che vediamo ormai solo ma più maturo e consapevole alla fine di quest’avventuroso periplo. Dopo averci travolto con la sua musica esuberante e l’energia sfrenata della danza degli astanti, il film si conclude in un tripudio festoso lasciandoci molto su cui riflettere.

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