L’emergenza rifiuti in Campania ha avuto una fortissima risonanza mediatica negli ultimi mesi; le notizie e le immagini provenienti da Napoli e da gran parte del territorio campano hanno avuto grandissimo risalto, com’è ovvio, in giornali, tv, radio, web. Le immagini delle montagne di rifiuti che hanno invaso le strade dal centro alla periferia, di automobili intente a fare slalom tra i sacchetti o di poveri pendolari in corsa dietro l’autobus con il rischio di scivolare sulla monnezza hanno fatto il giro del mondo, a New York come a Tokyo, a Mosca come al Cairo, col conseguente tracollo delle esportazioni, dei commerci, del turismo.

Per tale motivo, è importante analizzare il ruolo svolto dai media nell’informare correttamente i cittadini sulle cause e sulle responsabilità, politiche e giuridiche, di questo vero e proprio disastro ambientale. Tanto più ha importanza farlo ora che l’emergenza rifiuti non è più all’ordine del giorno come due mesi fa, nonostante i rifiuti, sia pur in misura minore, continuino a marcire in molte strade; ora che la campagna elettorale domina l’attenzione pubblica, la questione rifiuti, più che un problema da risolvere, diventa per l’ennesima volta merce di scambio di voti e favori politici. Tutto ciò per comprendere se il polverone mediatico e l’informazione dal sapore di guerra tanto caro a giornali e tv abbia contribuito a far capire o, piuttosto, se di tutte le parole dette (e in molti casi urlate) non siano rimasti altro che pregiudizi e informazioni parziali.

Analizziamo il palinsesto televisivo sul tema per esempio: dopo innumerevoli speciali, trasmissioni dedicate, inviati sul posto, telegiornali, talk show, l’impressione che se ne ricava è che tutti questi programmi abbiano privilegiato l’aspetto spettacolare della questione; ampio risalto è stato dato alle immagini delle strade invase dai rifiuti, delle proteste anche violente delle popolazioni locali che si opponevano alla riapertura delle discariche: scene da guerriglia urbana, con la polizia in tenuta antisommossa, manganellate, manifestanti ripresi mentre rovesciano i cassonetti o assaltano gli autobus. E non è un caso che tutti questi programmi abbiano affrontato la questione soprattutto nel momento “caldo”, a gennaio, quando i giorni passavano e la situazione non migliorava, anzi la rabbia e la violenza cresceva. Spesso chi ha condotto questi programmi non era sufficientemente addentro alla questione, né tantomeno lo erano gli ospiti, soprattutto politici, mentre nemmeno un tecnico veniva chiamato a dire la sua sulla spinosa faccenda. proteste campaniaTrasmissioni come Porta a Porta, Matrix, Omnibus, la stessa Ballarò hanno preferito la cronaca all’analisi, sono diventate arene in cui i politici di destra e sinistra si sono mossi reciproche accuse, mettendo in scena, per l’ennesima volta, il teatrino politico-mediatico a cui siamo tristemente abituati. I Maroni e i Feltri sono saltati da una trasmissione all’altra, distinguibili soltanto dal logo in basso che indica la rete, a puntare il dito soprattutto contro l’incapacità amministrativa campana, a sottolineare con forza che negli stessi anni in cui la Campania sperperava il denaro pubblico la Lombardia costruiva termovalorizzatori, siti di compostaggio e discariche, a ribadire “che a Napoli non si fa nulla”, che i napoletani pensano che “la colpa sia sempre degli altri”, rinvigorendo i soliti luoghi comuni sui napoletani e riaffermando la storica supremazia del Nord sul Sud. In alcuni casi, alla rinuncia all’approfondimento delle cause, si aggiunge la vera e propria mistificazione degli avvenimenti. Nella trasmissione Matrix nel momento in cui Antonio Di Pietro, ospite, fa riferimento ai numerosi sversamenti illeciti e nocivi nelle zone del napoletano e del casertano perpetrati nel corso degli anni, sia Mentana che Maroni commentano con un “ma dai…” che di fatto nega uno dei punti cruciali di un’emergenza che ha reso la Campania l’immondezzaio d’Italia. Alla signora, ingegnere, che fa parte del comitato di cittadini che si oppone alla riapertura della discarica di Pianura, Mentana obietta che nonostante l’emergenza, i cittadini dimostrano scarso senso civico continuando a lasciare i rifiuti in strada: la signora, allibita, risponde “Forse non ho capito bene, dott. Mentana: lei mi sta chiedendo perché la gente continua a buttare i rifiuti in strada?”. O ancora, Mentana ribatte alla stessa signora che se quello che sta succedendo in Campania fosse successo in altre città, la popolazione avrebbe protestato; in realtà quello che i campani hanno fatto è stato proprio questo: protestare sia per la degenerazione della situazione ormai insostenibile, sia per opporsi alla riapertura di discariche che di fatto erano state riconosciute non utilizzabili a causa degli sversamenti nocivi pregressi e per l’impatto sull’ambiente derivante dalla loro dislocazione geografica. Il culmine è stato raggiunto nel reportage di Paragone, vicedirettore di Libero, in diversi comuni campani; durante un’intervista contesta a un cittadino che gli ha appena indicato i campi colmi di rifiuti tossici che, loro, al Nord, i padani, queste cose non le consentono mica alle aziende! Il problema è che alcune aziende proprio di quel Nord che non consente questi abusi di fatto hanno per anni sversato illegalmente rifiuti tossici e nocivi sul suolo campano.

In fondo qui sta il nodo: il pregiudizio più o meno latente di questi programmi è che l’emergenza abbia una valenza locale e non nazionale e che le colpe siano esclusivamente dovute alla “particolarità” del popolo napoletano e all’incapacità e alla corruzione degli amministratori locali, le cui responsabilità, d’altro canto, sono state riconosciute dalla stessa magistratura; lo scorso febbraio, infatti, Antonio Bassolino, commissario straordinario dei rifiuti dal 2000 al 2004 e commissario straordinario alle bonifiche dal 2000 ad oggi, è stato rinviato a giudizio insieme ad altri 27 imputati nel procedimento per le presunte irregolarità nella gestione del ciclo dei rifiuti, per reati che vanno dalla frode in pubbliche forniture alla truffa aggravata ai danni dello Stato, al falso e all’abuso d’ufficio. Il rinvio a giudizio riguarda anche, tra le altre, la società Impregiro, la società che è riuscita a vincere l’appalto per gestire, caso unico in Italia, l’intero ciclo di rifiuti, dal trasporto all’incenerimento, grazie ad un’offerta economica invincibile. Nel bando di gara, infatti, l’economicità dell’offerta aveva un peso rilevante, maggiore delle garanzie tecniche, ai fini dell’assegnazione dell’appalto. Queste responsabilità verranno accertate in sede processuale, ma è innegabile che quello che è avvenuto è un vero e proprio disastro politico, sociale e amministrativo.

Nell’universo variegato della tv generalista c’è spazio tuttavia anche per trasmissioni di tutt’altro spessore, che hanno l’obiettivo di scavare in profondità e di analizzare l’origine e gli sviluppi della vicenda rifiuti. Ne è un esempio Reality di La 7 che già a metà dicembre, qualche settimana prima della nuova ciclica emergenza, aveva mostrato le immagini della catastrofe ambientale campana, con le conseguenze alimentari
e sanitarie che la presenza di rifiuti tossici e nocivi in terre mai bonificate aveva provocato; le stesse immagini che sono contenute nel prezioso e sconvolgente documentario Biutiful Cauntry di Esmeralda Calabria, con le pecore morenti per la diossina da loro assunta attraverso le verdure coltivate a ridosso di discariche abusive, con il conseguente aumento delle percentuali di tumori in Campania rispetto alla media nazionale.

rifiutiMa sono soprattutto Annozero di Michele Santoro e Report di Milena Gabanelli a svolgere un compito fondamentale di analisi e di informazione di quanto realmente è accaduto in Campania. Lontano dal clamore di altri salotti (una lontananza anche temporale; infatti Annozero è andato in onda a metà febbraio e Report poco più di una settimana fa), Santoro affronta più che l’emergenza rifiuti, l’intera questione del ciclo dei rifiuti in Campania raccontando in modo preciso e dettagliato tutte le fasi, le cause e le responsabilità quindicennali del problema; e lo fa con l’ausilio non dei politici, ma di esperti e tecnici: in studio ci sono infatti Tommaso Sodano, presidente della Commissione parlamentare sull’ambiente, Antonio Marfella, oncologo e tossicologo, Raffaele Del Giudice, responsabile di Legambiente, protagonista, tra l’altro del documentario Biutiful Cauntry, Roberto Barbieri, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, Nunzia Lombardi, una fisica trentenne attenta ai problemi ambientali della sua terra, che organizza per i giornalisti tour tra la monnezza.

E capiamo così che quello che è avvenuto in Campania è un incrocio malefico tra camorra, imprese e politica; una gestione della cosa pubblica disastrosa e criminosa, un meccanismo di gestione clientelare dove i controllati erano anche i controllori, dove innumerevoli consulenti venivano pagati oro e dove un’intricata rete di appalti e subappalti ha fatto sì che ci guadagnassero un po’ tutti, tranne chi avrebbe dovuto guadagnarci davvero. Le responsabilità degli amministratori locali, gravissime, si inseriscono quindi in una filiera di mancanze e colpe a tutti i livelli che risale fino a Roma e alla struttura di governo, di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni. Nella puntata di Report, dal titolo emblematico Terra bruciata, Antonio Cesarano, ex subcommissario alle bonifiche (si è dimesso lo scorso febbraio) spiega che nel 2002, sotto il governo Berlusconi, il Ministero del Lavoro, presieduto dall’allora ministro Roberto Maroni (lo stesso che ora spara a zero sulla Campania e sui suoi rifiuti), indicò al Commissario alle bonifiche Antonio Bassolino, la Iacorossi, una società privata che avrebbe dovuto attuare l’intervento sul litorale Domizio Flegreo Agro Aversano, intervenendo sulle cave, sulle discariche e sugli abbandoni e che aveva contemporaneamente l’obbligo di stabilizzare 380 lavoratori socialmente utili. Di fatto, spiega Bernando Iovene, autore dello speciale di rai 3, la finalità era più quella di assumere lavoratori in una terra con una grande emergenza occupazionale, che quella di bonificare; la Iacorossi infatti non aveva i mezzi tecnici per attuare le bonifiche, come confermato da Paolo Russo, ex-presidente della commissione d’inchiesta sui rifiuti, anche lui intervistato; i lavoratori assunti sono rimasti inutilizzati, mentre la Iacorossi ha subappaltato a ditte esterne quei lavori per la quale lei stessa era pagata. E, conclude Tommaso Sodano, “se qualcun avesse fatto un controllo sull’attività avrebbe interrotto il contratto con la Iacorossi (…) le responsabilità sono sempre a cavallo tra chi avrebbe dovuto controllare e non l’ha fatto e chi invece ha avuto delle risorse e non le ha utilizzate, o le ha utilizzate solamente per fini aziendali e non certo per la bonifica.

Una assenza totale dello Stato che ha permesso inoltre che alcuni imprenditori e aziende del centro-nord facessero affari con la camorra a prezzi vantaggiosi, quegli stessi imprenditori, dall’accento chiaramente settentrionale, intercettati dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che, con grande leggerezza, si mettono d’accordo per attuare gli sversamenti cercando di non dare troppo nell’occhio.

Del resto era già tutto scritto. In quelle venti straordinarie pagine che chiudono il libro Gomorra di Roberto Saviano e in cui si legge “Le campagne del napoletano e del casertano sono mappamondi della monnezza, cartine al tornasole della produzione industriale italiana”; lo stesso Saviano ha contribuito, nei giorni dell’emergenza, a chiarire maggiormente cosa sta dietro alla questione rifiuti, con un articolo pubblicato su la Repubblica. La carta stampata ha analizzato in profondità il problema rifiuti, lo sfacelo umano e culturale di un’Italia che non sa dove gettare il suo marcio, un marcio che, nascosto nelle viscere della terra, è stato espulso da quelle stesse viscere come in un moto di ribellione della natura, e che ora è davanti agli occhi di tutti.

Il grande Massimo Troisi diceva “Io aggià capit’ perché a noi ci hanno sempre chiamati Mezzogiorno d’Italia; per essere sicuri che ogni vo’ta che decidevano di scendere al sud si trovavano sempre in orario pe ce magnà ncopp”. Hanno mangiato davvero, in troppi.

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One thought on “Speciale Biùtiful cauntri/La tv (della) monnezza

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