Quando è stato pronunciato il titolo di Clèo de 5 à 7 di Agnès Varda tra quelli che si poteva proiettare (che vuol dire trovare un film inedito in Italia, trovarne una copia di qualità proiettabile, trovare i sottotitoli italiani ecc…) in una delle nostre serate di Schermaglie al Detour, c’è stato un piccolo tuffo al cuore, un ritorno al lontano 1999, anzi direi anche prima visti i tempi lunghi che ho impiegato, anno della mia tesi…

Risale alla fine degli anni ’90 il primo incontro, il colpo di fulmine con quei giovani cineasti francesi che negli anni ’60 ruppero col cinema classico, dando origine al cinema moderno, al cinema “d’autore”. Quel gruppo di giovani cineasti per la maggior parte venuti dalla critica (chissà forse c’era un sogno recondito che pure noi potevamo fare quel percorso, arrivare a scrivere per immagini e non solo con le parole) cerca un rapporto più diretto con la realtà. Esce dagli studios per andare per strada a raccontare una città di cui cadere innamorata fu un attimo, Parigi.  Le riprese in esterni sono ora possibili grazie a pellicole più sensibili. Si gira in bianco e nero perché costa meno e perché permette di girare con meno luce di quella necessaria per il colore.  Per la maggiore sensibilità della pellicola, si possono usare obiettivi speciali “a grande profondità di campo”  che fanno diventare   espressiva la scenografia   come in Cléo  de 5 à 7.

 

Quella fine anni ’90 era senza dvd, solo gli albori di Internet, nessun film in streaming, solo preziose copie in vhs date dall’Ambasciata francese l’attenzione alla settimana arte al di là delle Alpi fu sempre speciale) chiaramente senza sottotitoli. Di Truffaut, Rohmer, Godard (ormai diventati dei classici) sono usciti in sala molti film, si sono editi dvd, ma di una cineasta, Agnès Varda, forse l’unica donna del gruppo niente. Poter proiettare Clèo de 5 à 7 in vo con sottotitoli in una sala cinematografica è una piccola conquista.

L’appuntamento da non perdere è venerdì 1 Aprile al Cineclub Detour di Via Urbana 107 a Roma (Metro Cavour) alle 21.15. La proiezione sarà preceduta dalle 20.30 da un buffet offerto ai soci.

Agnès Varda è la cineasta donna del gruppo, non viene dalla critica, ma dalla fotografia: nei suoi film spazio e ambiente sono sempre molto importanti così come la ricerca visiva, della composizione armonica, pittorica dell’inquadratura tipica della fotografia.

Ed è con sguardo documentario che la Varda ci racconta di Clèo, giovane cantante che vive a Montparnasse, sulla   rive Gauche, che, in   sole due ore (la durata reale del film), girovagando  per le strade del quartiere,   cresce spiritualmente come donna,  compiendo un percorso   che la conduce da una   vita di gioia apparente, falsi affetti e pura esteriorità, ad una di viva felicità, sincera amicizia e profonda interiorità.

La regista, che osserva sempre il mondo e i suoi abitanti con intensa sensibilità, filma con precisione documentaria le due ore   più significative della   vita della giovane: Cléo   è, infatti, nell’attesa   di conoscere il   risultato d’importanti analisi cliniche che le devono confermare la gravità dei suoi malesseri. Durante queste ore, la regista pedina la  sua eroina minuto   per minuto nei   luoghi dove essa  si muove, costruendo quasi un documentario su una donna giovane, bella e famosa alle prese con la possibilità di una gravissima malattia che potrebbe portarla anche alla morte. Lo spettro   del male non  è, però, una  condanna: infatti, esso  obbligherà Cléo a guardare per la prima volta dentro di sé e attorno a sé, alla ricerca di se stessa e del senso della vita. Riappropriandosi di essa la giovane vince la paura della morte, della sofferenza, della bruttezza e dello sfacelo del corpo. In queste  due ore, infatti, avviene in lei un profondo cambiamento paragonabile alla morte. Cléo (diminutivo di Cléopatre, nome d’arte della ragazza) ritorna ad  essere Florence, la  giovane che aveva lasciato   la famiglia alla ricerca di libertà. Infatti,   libera dai clichés  della femme fatale,   egoista, un po’ superficiale e un po’ cocotte, ritrova la sua vera identità di ragazza semplice, ingenua e innamorata.

Come in un Bildungsroman, la protagonista attua un percorso formativo che si snoda in un lasso di tempo di due ore e che ha come teatro le vie del quartiere in cui si muove. E Montparnasse è il secondo protagonista del film. La regista costruisce una sorta di documentario sul quartiere e sulla ragazza. La Varda, infatti, pedina la sua eroina senza nessuna ellissi. Per le vie del quartiere, negli spostamenti in taxi e in autobus   segue il vero   percorso nella sua   durata temporale e  nella sua dimensione geometrica e topografica. Tutto   apparentemente ripreso con   occhio oggettivo.

L’idea di un cinema  che sia espressione   della personalità e dell’esperienza del regista-autore, influenza inevitabilmente anche il rapporto con la città che non può che essere soggettivo. La città, l’ambiente è espressione soggettiva di chi guarda, cineasta o personaggio di finzione come qui.

All’uso di piani fissi, ampi, tipici di una ripresa obiettiva si alternano movimenti di macchina ricercati, chiaramente indice di uno sguardo soggettivo. Abbiamo, infatti, un sovrapporsi e un influenzarsi degli sguardi di Agnès che riprende Cléo e il suo quartiere e di Cléo che guarda se stessa e il mondo che la circonda. Nel gioco di sguardi tra la regista e la sua eroina, l’occhio della protagonista sembra a volte sovrapporsi e confondersi con quello della regista stessa che dichiara in un’intervista: “Sono al   tempo stesso meravigliata e attratta sia  dalla finzione sia  dal documentario. Non smetto di passare dal reale all’immaginario, e dall’immaginario al reale, io  sono nei due.   […] In generale,  all’interno di ogni   finzione, giro un   documentario che mi rassicuri”.

Con questo sguardo lucido, appassionato che fa battere il mondo al ritmo del proprio cuore, la Varda dà un’immagine di Parigi inedita. Claude Beylie, addirittura definisce   Cléo “il più bel   film che sia   mai stato girato   in e su Parigi, intendo: la Parigi che appartiene a tutti e in priorità alla passeggiatrice dalle cinque

alle sette”. Caso ironico, visto   che la Varda dichiara di   essere stata costretta   a girare a Parigi a causa del piccolo budget che aveva a disposizione e di non amare la città

Per saperne di più leggi: Clèo de 5 à 7 di Agnès Varda un sguardo al femminile su Montparnasse.

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