E’ un altro viaggio organizzato dall’agenzia “Rulli e Petraglia”. E il pullman è pieno di bravi italiani educati e un poco colti. Molti di centro sinistra con libreria in casa e cinema una volta a settimana. Si parte sempre da lontano: da un paese problematico imbottito di belle canzoni e si attraversa la storia recente della nazione, vista dal finestrino del mezzo, per una di quelle esperienze che vedi tutto ma non entri dentro nulla. Un interail trans-regionale e trans-epocale. Però che bel tragitto dal mare alla città, da un decennio all’altro, e quando rincasi ti sei terribilmente affezionato ai bravi ragazzi che ti hanno fatto sedere accanto. Qualcuno piange e parla di film bellissimo. C’è stato Matteo e con lui Nicola: le due facce di un’Italia da copertina,  poi il “Freddo” della Magliana coi suoi amici, in fondo, ragazzi sfortunati. Il piccolo Sandro diQuando sei nato non puoi più nasconderti e I  maestri, sempre Piccoli e sempre di Luchetti, appena usciti dal parrucchiere, nella fredda ed elettrica attesa della liberazione. Sempre eroi all’italiana, negativi o positivi, sempre belli e dignitosi. Ora ci hanno presentato questo figlio pontino che vediamo crescere come se fosse il nostro, che ci seduce subito coi suoi primi ruggiti e primi piani. Questo secco sbilenco ed avvelenato, scorbutico e curioso, che tutti chiamano Accio. Gli anni Sessanta scorrono come su una strada passerebbero un casolare, un contadino, un gregge di pecore, una pompa di benzina. I Settanta lo stesso, con qualche schioppo in più che ti scuote e ti fa sobbalzare dalla suggestione, ma che non fa minimamente deragliare il bus. Gli italiani che viaggiano con noi scendono tutto sommato soddisfatti. Tutti o quasi. Meno i puristi del cinema politico, di quello civile, di quello che decide l’argomento, il tema e che, di questo, studia, traccia, rilegge, appunta, mette a fuoco e tenta di capire. In questo sentimentale, melo-drammatico tragitto le cose avvengono ma dei perché, dei come, dei quanto non ci è dato sapere. Il turista democratico e civile deve aver fatto gli esami d’ammissione per entrare a bordo: in sala. Esami superabili ma di questi tempi non da tutti: qualche data, qualche differenza macroscopica, qualche snodo fondamentale. Fatto ciò può rilassarsi emozionandosi perché a tutto ha già pensato il regista, ottimo conducente, buon padrone di macchina. Non è questo un viaggio per studiosi o militanti. Questo è turismo impegnato per brave persone, oneste lavoratrici, ben consapevoli della differenza tra un fascista e un comunista, ma proprio comunisti no, “democompagni” casomai, in certi casi non cristiani. Professionisti, studenti universitari, ragionieri impegnati, programmisti registi, periti elettronici, commesse. Qui si va per l’Italia dolente ma non a piedi, anzi ben protetti dal vetro, e se poi viene spontaneo cantare tutti insieme Bella ciao, il regista lascerà fare, anche se togliere quei rock nostrani, o transoceanici, dallo stereo ad alto volume, un poco il naso glielo farà storcere. Perché ci stanno così bene quelle rispolverate e lucidate canzoni, sopra le camicie e quei capelli, sopra quel “come eravamo” che smuove, commuove, intenerisce, insaporisce d’emozioni la giornata. E’ un tuffo virtuale nel museo Italia, sempre più comodo che faticoso da visitare, più piacevole che doloroso, più positivo che negativo, più al sole che all’ombra, perché nell’inno alla vita dell’Agenzia R&P non c’è mai spazio per il pessimismo. Certo, ogni tanto scoppia una bomba, (Romanzo Criminale: Bologna, 2 Agosto 1980, 84 morti, roba da brividi, e non di piacere), qualcuno spara, qualcun’altro ci lascia la pelle, ma se ne vanno tutti a lato del rettilineo, botti e morti, perché la fortuna dell’Italia è quella di avere un paesaggio mutevole e meraviglioso. Rimane un fatto, un’opinione: che questi film che si ripetono tra loro, che mescolano con più o meno fortuna l’individuale e la grande storia nazionale, (il caso de I Cento passi è, in tal senso, uno dei migliori risultati del cinema italiano recente) facciano più bene che male al paese. Ad avercene di gente così capace di riempire di italiano i cinema. Il “ricatto” di Rulli e Petraglia è benedetto se paragonato a quello di tanti altri ladri di spettatori. Ogni loro “astuzia” verrà considerata utile alla causa riabilitativa di un paese in coma profondo. Evviva il cinema medio, a patto che non lo si confonda, e oggi il pericolo è al massimo livello, col grande cinema. E per questo continueremo ad assolverli pur e per aver commesso il fatto. Elio Germano si addanna, si affanna e lotta. Alla fine la spunta e riesce a dimostrare di essere bravissimo. Complimenti per la crescita.  

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