[***12] – L’uomo nell’ombra, ultimo film di Roman Polanski,  è un film noir molto stilizzato a sfondo politico. Adattamento cinematografico di un romanzo del giornalista Robert Harris, The GostwriterL’uomo nell’ombra si sviluppa intorno alla figura di un ex primo ministro inglese, Adam Lang, interpretato da Pierce Brosnan. Polanski traccia in controluce alla vicenda una satira pungente sui giochi di potere dell’amministrazione Bush ed in particolare sulla persona di Tony Blair.

Adam Lang, ritiratosi dalla vita politica, vive ormai su un’isola negli Stati Uniti e si dedica alla pubblicazione delle sue memorie. Lo scrittore che aveva assunto per assisterlo in questa impresa muore annegato in circostanze misteriose. Un secondo scrittore-fantasma, interpretato da Ewan Mc Gregor entra in scena per riprendere il lavoro lasciato in sospeso. Sull’isola di Martha Viyard’s il nuovo ‘negro’ viene accolto nella dimora dell’uomo politico da Amelia Bly (Kim Cattrall), un’efficientissima segretaria e da Ruth Lang, sua moglie (Olivia Williams), nonché da una schiera di guardie del corpo e dal personale di servizio.

Qualche giorno dopo l’arrivo del secondo “uomo-ombra” scoppia uno scandalo. Adam Lang viene citato davanti alla Corte Internazionale di Giustizia: é accusato di avere aiutato la Cia facilitando il rapimento di alcuni terroristi islamici. L’isola è presa d’assedio dai giornalisti e il  ‘negro’ si trasferisce, per ragioni di sicurezza, nella casa del suo padrone. Si trova ad occupare la stanza del suo predecessore e qui, per caso, farà delle scoperte che cambieranno radicalmente il corso degli eventi e, alla fine di una lunga avventura piena di colpi di scena, anche quello della sua vita.

Più che nella trama, che avanza mollemente nella prima parte del film per accelerare il suo ritmo dalla seconda metà in poi, é nell’ambientazione che batte il cuore di questo film. Polanski ci immerge in un universo ai bordi del mare, selvaggio e solitario, in un’atmosfera invernale di cieli coperti, dove pioggia e raffiche di vento si abbattono su porti e spiagge all’abbandono.

Cromaticamente gli esterni, filmati sempre senza un raggio di sole, trovano una corrispondenza assoluta nella decorazione  degli spazi interni. Il grigio è la tonalità dominante de L’uomo nell’ombra. Questo colore é impiegato, come una sorta di leitmotiv stilistico, dalla prima all’ultima scena; incominciando dalle pareti dell’appartamento londinese dello scrittore-fantasma – tinte in un grigio scuro assai insolito- fino alla casa di Adam Lang,  dove le superfici di cemento dell’edificio creano un’atmosfera austera, fredda, elegantissima.

Qui il grigio, declinato in tutte le sue tonalità, é associato al nero, al bianco, a dei tocchi di rosso: dei grossi quadri d’arte astratta aggiungono delle pennellate di colore all’involucro cupo e monocromo dei muri. In una scena cruciale del film il rosso riaffiora con tutta la sua pregnanza simbolica: la padrona di casa indossa, infatti, nel corso una sottile operazione di seduzione, un abito rosso rubino come il vino che offre al suo ingenuo ed sprovveduto invitato.

La presenza ossessiva di forme quadrate e rettangolari definisce la composizione formale delle scene; le pareti di vetro, i quadri appesi sulle pareti della casa dell’ex-ministro e la struttura architettonica della casa stessa, un grande cubo di cemento, riprendono questo motivo. Costituita da una serie di blocchi di cemento, la dimora di Adam Lang, è un vero e proprio bunker, un autentico mausoleo, che dovrebbe proteggere chi ci abita, ma che finisce per somigliare molto di più ad un luogo di reclusione.

L’austerità geometrica della casa contrasta con la bellezza selvaggia e melanconica delle spiagge di sabbia vuote, costantemente spazzate dal vento, i canneti verde pallido che si piegano ad ogni soffio, le strade tortuose e deserte dell’isola ricoperte costantemente da una patina di umidità.

Pur essendo degli elementi accessori colori, forme e alcuni elementi della decorazione, agiscono con forza magnetica sul nostro sguardo e s’impongono con la stessa insistenza di quel fenomeno che Barthes aveva definito come il senso ottuso: “un supplemento che l’intelletto non perviene bene ad assorbire, alla volta testardo e fugace, liscio e grinzoso…”

Così durante tutta la prima parte del film; la mia attenzione è stata monopolizzata, fino ai limiti dell’ossessione, da una grande finestra quadrata stranamente spostata sulla parte destra dello schermo. La finestra in questione si trova nello studio di Adam Lang, luogo d’importanza strategica per la vicenda, visto che qui viene gelosamente custodito il manoscritto originale delle sue memorie. Situata sulla destra dell’inquadratura questa finestra sbilancia l’immagine, rompe la simmetria e crea un sottile disagio; é come se qualcosa fosse fuori posto. In effetti in questa casa e in questa storia c’é qualcosa di storto.

La seconda parte del film, che coincide con un vero giro di boa nella struttura della trama, ce ne fornisce la prova. Quando lo scrittore-fantasma si trasferisce nella casa del suo padrone si ritrova  nella stanza che aveva occupato il suo predecessore. In questo nuovo ‘quartiere generale’, al posto della finestra c’é un’intera parete di vetro che dà direttamente sul cortile della casa; improvvisamente, nonostante lo spazio sembri più luminoso ed aperto, questa trasparenza mette in mostra l’intimità del nostro eroe, rendendolo molto più vulnerabile. Lo scrittore-fantasma sarà d’ora in avanti ‘esposto’ a tutti i tipi di pericolo; scrutatore attento d’indizi nascosti, lui stesso sarà, a sua volta, osservato e preso di mira.

Come in ogni film noir degno di questo nome, anche qui, le cose sono in realtà diverse da come sembrano: i ‘cattivi’ finiscono per rivelarsi come degli esseri deboli e manipolati, delle marionette prive di vera volontà e autonomia- è il caso dello stesso Adalm Lang- e le ‘vittime’ apparenti dimostrano alla fine di essere stati i lucidi, spietati burattinai di tutta la vicenda. Centrale è nell’economia del racconto il ruolo giocato dalle donne: l’enigmatica, elegante, efficientissima ed affezionata segretaria bionda, interpretata da Kim Katrall,  e la moglie, intelligente, disillusa, fragile e travagiata, interpretata dall’eccellente Olivia Williams. Ciononostante il carattere dei vari personaggi, ad eccezione di quello del ‘negro’- innocente, ironico e deliziosamente sarcastico- resta relativamente sommario e superficiale. Più che d’individui veri e propri si tratta di una tipologia di figure che, seguendo i codici del genere, adempiono a delle funzioni ben precise; sono degli esseri stilizzati, freddi, lontani, incapac
i di coinvolgerci emotivamente.

Il fascino di L’uomo nell’ombra risiede ben più nella tematica, spinta fino alla vertigine, del doppio, nell’idea di lanciare il protagonista sulle orme di un altro ‘spettro’ che abita la trama del film. Alla domanda un po’ arrogante ed aggressiva del suo nuovo padrone: “Ma Lei chi è?”, Ewan Mac Gregor risponde ironicamente: “Sono il suo fantasma”, il suo vero nome non verrà mai proferito durante tutta la durata del film. Chiamato ad essere l’ombra del suo padrone, l’ospite invisibile della scrittura, il personaggio interpretato da Ewan Mc Gregor diventa, suo malgrado, anche il ‘doppio’ del suo predecessore, un individuo spettrale nel vero senso del termine, perché non lo vedremo mai e perché, di fatto, è un morto.

Nel corso della vicenda, lentamente ed impercettibilmente, il ‘negro’ finisce per identificarsi completamente con il suo collega defunto spartendo in un primo tempo le funzioni, poi la stanza, in seguito i segreti, le scoperte compromettenti ed infine anche il destino, in una memorabile scena finale dove Polanski lascia accadere l’evento culminante del film fuori campo.

In L’uomo nell’ombra ritroviamo tutto l’universo, le simbologie, i soggetti cari al regista: il suo gusto per il fantastico, le dimore malefiche e i luoghi chiusi, il complotto, la paranoia, la dialettica maestro-schiavo, l’ambiguità del male, l’umore nero. Già dalle prime scene sorge spontaneo il confronto con Chinatown. Il punto di contatto fra i due film è evidentemente il tema ricorrente dell’acqua che Polanski associa alla minaccia, al male, alla morte: non per nulla, nei due casi, lo strumento scelto dagli assassini per sopprimere le loro vittime è proprio l’acqua.

Chinatown si definisce attraverso la sua crudele penuria, L’uomo nell’ombra per la sua onnipresenza. All’universo desertico, arido, al calore e al sole accecante del primo fa eco il mondo buio, piovoso, il cielo plumbeo del secondo. Nei due film ritroviamo l’intrigo criminale, un detective caparbio e a tratti ingenuo, una figura femminile seduttrice ed ambigua, ma l’ultimo film di Polanski é ben lungi dall’avere la potenza violenta e devastatrice, il pessimismo esistenziale e la radicalità di Chinatown.

L’uomo nell’ombra, nonostante si voglia contemporaneo, ha un fascino un po’ desueto non solo per la struttura della trama e la costruzione classica del suspence, una certa stilizzazione dei personaggi, o i tocchi comico-burleschi di cui il film è punteggiato, ma anche e soprattutto per l’impiego della musica suggestiva e leggermente anacronistica di Alexandre Desplat, che accompagna e sottolinea gran parte dell’azione creando un’atmosfera  quasi hitchcockiana.

L’uomo nell’ombra è un film di pura messa in scena, un gioco estetico raffinato ed elegante, un sublime esercizio di stile che, pur senza trascinarci emotivamente, ci procura un piacere estetico, ci  diverte e ci intrattiene con classe e finezza.

Ironia del destino, a causa delle note vicende giudiziarie, il vero ‘fantasma’ alla cerimonia di premiazione della Berlinale, dove Polanski ha ottenuto l’Orso d’argento  per la migliore regia, è stato proprio lui.

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One thought on “L’uomo nell’ombra: dettagli significanti di un film noir sul doppio

  1. Strepitosa minimal-recensione, tra le più belle mai lette qui; misurata liquida scandita come un grandISSIMO film. Sublime Olivia Williams e la pausata paranoide regia di RomanP ci regalano un film che, anche visto due volte, lascia ammirati dal nitore di ripresa e fotografia e la sensazione di poconulla avere capito, unite al desiderio masochista di nutrirsi ancora di vento, grigiori e freddintrighi. Sensazioni disturbanti appaganti provate solo con il Draughtsmans Contract di Greenaway sinora

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