[***] – Jean-Pierre Jeunet presenta il suo ultimo Micmacs à tire-larigot (L’esplosivo piano di Bazil) al cinema Massimo di Torino durante il festival “Sotto Diciotto”. Il film è preceduto dalla proiezione del primo cortometraggio del regista francese: Foutaises, cose futili. Starring: Dominique Pinon. In breve, pretesti per girare un cortometraggio di natura concettuale. Ciò che mi piace e ciò che non mi piace, ce que j’aime et ce que je n’aime pas (presente anche in Amélie Poulain). Facile. Come uno spot. Ma qui invece di pubblicizzare qualcosa, si diverte a pubblicizzare se stesso, le sue manie, le sue preferenze, ciò che lo fa impazzire, ciò che no. Jeunet porta la sua professione di regista pubblicitario al cinema ed è una costante che nei suoi film non lo tradisce mai.

Micmacs à tire-larigot, con Dominique Pinon, non fa certo eccezione. I rumori e gli oggetti (meglio se rumorosi) sono di gran lunga più presenti e importanti delle persone vive: la scena è loro. Sono prodotti (in senso pubblicitario) animati. Nel caso di MicMacs tutto inizia con una pallottola  protagonista che, dopo aver lungamente e lentamente volteggiato in aria, colpisce la testa di Bazil (da qui L’esplosivo piano di Bazil). Un oggetto che si fa motore della storia, oggetto animato da motivazione e cuore battente. Poco importa se la pallottola è stata sparata da qualcuno perché la regia viene in suo soccorso tagliando fuori ogni altra presenza. Bazil, di conseguenza, fa di tutto affinché chi deve pagare, paghi, affinché al bene spetti il bene, e il male il male. Ed è tutto un susseguirsi di piccoli sketch concatenati: ognuno è un tassello del domino che partecipa dello stesso crollo, causa e conseguenza, allo stesso tempo. La porta si apre tirando la fune che era collegata al vaso di fiori che cade sulla corda del pianoforte che lancia la palla che va a finire nel secchio. Mancano solo le gambe della Mamy di Tom e Gerry.

Jean-Pierre Jeunet è un pubblicitario, sognante come Michel Gondry. Te ne accorgi dalla cura che ha per il singolo sketch. Mille milioni di sketch in cui succede di tutto, perché tutto è permesso, come in amore e in guerra. E, se per Amélie Pulain aveva scelto l’amore, qui sceglie la guerra. Attuale (gli arsenali e il richiamo a You Tube e alla sua funzione eventuale di “gogna” dei tempi che corrono) e molto divertente Micmacs, ammicca al Chaplin di Tempi moderni e al Kubrick del Dottor Stranamore, e al primo per la meccanicità del gesto di ripetizione e di automatismo, e per la concatenazione; al secondo per il guanto dell’ironia sulla guerra.

In una perenne oscillazione di escamotages tra Lupin e L’ispettore Gadget, lo slapstick  Micmacs in alcuni momenti dà la netta sensazione che i protagonisti non siano ancora scesi dai tetti di Delicatessen, che stiano ancora cercando di attraversare gli stessi comignoli fumanti per introdursi negli stessi appartamenti incriminati, sotto gli stessi chiari di luna e accordi di violino. Questo ipotetico terzo tempo di Delicatessen (starring: Dominique Pinon), tra fiaba e humour nero, ci ricorda che ognuno ha le sue fisse: chi ha i comignoli, chi ha le stazioni, chi le coincidenze, chi Dominique Pinon, chi tutte e quattro. E pure l’immancabile dimensione collettiva, da grande gruppo che si fa aiutante e solidale (nello stile dei sette nani di Biancaneve), esponente di una società marginale, suburbana e surreale, ci dice che il cinema di Jeunet percorre una via fortemente marcata, propone un universo coerente in sé e diverso da tutto il resto e, per ciò stesso, piacevole. La sensazione di fronte ai film di Jeunet è quella di un insieme di elementi ben orchestrati, diretti da una mano esperta che dona a ognuno il tempo e lo spazio di cui necessitano, preciso, e distinto dal troppo o dal troppo poco, affinché il ritmo suoni  meglio che in una musica vera.

A testimonianza di questa intuizione spettatoriale, a film terminato, il regista racconta in sala che per lui il cinema è il risultato di un miscuglio di cose che sfrutti il più possibile le specificità tecniche del mezzo, perché, diversamente, non si potrebbe parlare d’altro che di teatro filmato.

Forse alla fine gli si poteva dire però che abbiamo sentito la mancanza di Yann Tiersen.

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