Le ragioni dell’aragosta è un bel film.

La sintesi talvolta occorre per allontanarsi da intellettualismi che poco aiutano la comprensione di un’opera. E questa a mio avviso è una piccola opera d’arte. Sabina Guzzanti c’illude per tutto il film di trovarci all’interno di un racconto-documentario su un’avventura di “quelli di Avanzi” a Su Pallosu in Sardegna. E invece alla fine ci rendiamo conto di essere in un racconto di finzione che però, come tutte le opere satiriche, riprende anche la realtà.

E’ finto lo spettacolo che si sono prefissati di costruire e rappresentare, ma vere sono le difficoltà e le considerazioni che ognuno di loro fa, in una serie di crisi che inducono a ripensarci e a volersi tirare indietro.

Ne scaturiscono riflessioni su cosa sono stati loro, le loro vite, le loro malattie (Cinzia Leone parla della sua lunga convalescenza dopo l’ictus), sull’attuale crisi artistica e produttiva della televisione. Antonello Fassari ha uno sfogo di qualche minuto sul perché non ci siano più trasmissioni come Avanzi, sul perché non ci sia più satira, sul perché la classe politica abbia mollato la presa sulla televisione soltanto una volta, alla fine della prima repubblica, dopo che il ciclone tangentopoli aveva creato un vuoto di potere.

Tutto questo e molto di più in Le ragioni dell’aragosta.

Ma perché questo titolo? C’è un gruppo di pescatori che sono in difficoltà, quasi in bancarotta, perché la pesca e il commercio delle aragoste sono in crisi, per colpa delle pesche selvagge che non le fanno ripopolare. Hanno bisogno di qualcuno che possa perorare la loro causa e possa far sapere al mondo il loro imminente tracollo.

Ebbene, a chi si rivolgono? A Sabina Guzzanti. “Sabina salvaci tu!” come un tempo a Napoli si cantava “Maradona scansaci tu!”.  E Sabina s’inventa questo spettacolo in cui ripresenta, tutti insieme appassionatamente, il gruppo di Avanzi, assenti giustificati il fratello Corrado e Serena Dandini. La storia comincia così e, secondo le mie modeste aspettative comiche, è divertente da morire. Come quando si va in un ristorante dove si mangia bene: consiglio a tutti Stefano Masciarelli in tuta blu da operaio Fiat, visitato da Agnelli (Giovanni), Luchino (Cordero etc) e Susanna (Agnelli).

L’occhio molto “televisivo da reality” di Sabina Guzzanti mette a fuoco tutte le frustrazioni della gente comune e delle persone che, per notorietà, hanno la possibilità di essere visibili.

Ecco perché i pescatori d’aragosta si rivolgono a lei: per la totale assenza di chi dovrebbe ascoltare e risolvere e non arraffare e scomparire, come di solito si fa in politica. Ecco il ridicolo messo a fuoco nel film di Sabina Guzzanti; poi si può anche cogliere il reality o la rimpatriata di Avanzi, che rivedi con amore e nostalgia, pensando di essere di fronte ad un evento ormai unico…

E dopo qualche giorno ti godi lo spettacolo in tv. E il cinema esce dal grande schermo per essere discusso sul piccolo, ma non è la passerella pubblicitaria dei trailers o dei salottini televisivi. Sabina Guzzanti, Beppe Grillo e Michele Santoro insieme in tv a parlare del V-day.

“Il terremoto dell’insurrezione popolare montata da Grillo”… Insurrezione non direi, tra i suoi firmatari ci sono poliziotti e alcuni della Digos.

Ma che c’entra Beppe Grillo con la Guzzanti? E soprattutto con Santoro?

Si sono ritrovati insieme ad “Annozero”, su Raidue in prima serata con il politologo Giovanni Sartori dal Corriere della Sera con furore.

Si parte dal film della Guzzanti per finire su Grillo. Rivederli insieme sul piccolo schermo è quasi un miracolo. L’ultima volta era successo sulla tv clandestina via internet…

Ed ecco che la base ritorna! Non è un caso che il pescatore di aragoste della Guzzanti sia un ex operaio Fiat, in prepensionamento, tornato nella sua terra d’origine “sardagnola” per godersi l’investimento della liquidazione… E non è nemmeno un caso che abbia dei trascorsi da sindacalista da prima linea nei turbolenti anni ’70…

Perché un personaggio come lui che conosce la macchina politica, i diritti del cittadino, l’educazione civica, si rivolge a Sabina Guzzanti e perché a tutt’oggi persone comuni si rivolgono in massa a Beppe Grillo affinché porti avanti le loro battaglie? Perché la tanto massacrata “base” (per usare un termine caro alla sinistra) è tornata in massa in piazza per dimostrare che esiste, nonostante non ci siano più le assemblee di fabbrica? Perché oggi ancora vogliamo e gridiamo verso i Neo Masaniello e perché il buon Roberspierre oggi potrebbe ancora montare la Rivoluzione?

Perché, come ha spiegato Giovanni Sartori molto brillantemente, la politica si è sempre recintata e blindata dietro ai propri interessi e nessuna polemica, nessun dibattito, nessuna tragedia, sono riusciti ad aprirsi un varco in quel recinto, nessuno finora, fino a Grillo e la terra è tremata.

Abbiamo abusato del turpiloquio Vaffa_etc, ma volendo rappresentare il grido più autentico dell’animo umano contro questa cosca politica allora il turpiloquio ci viene in soccorso.

Anche Grillo e la Guzzanti fanno politica. Tutti noi facciamo politica nel vivere e nel prendere decisioni, ma quello che la classe politica attualmente fa è esercitare il potere per risolvere questioni che poco hanno a che fare con il popolo e i cittadini.

Evvai! L’abbiamo detto anche noi.

Probabilmente questo resterà l’unico evento che è stato in grado di aprire una breccia nel muro della politica italiana. E probabilmente questa è la peggiore classe politica italiana di tutti i tempi. Una scadenza di non oltre le due legislature potrebbe andare bene, e se si allontanassero i criminali dal parlamento sarebbe ancora meglio.

Ad ogni modo, il cinema, con il film della Guzzanti, può essere sicuro di aver dato un contributo ad un’analisi più lucida, ironica e spregiudicata di questi tempi, un tempo dominato dalla precarietà e dalla voglia di altro, il tempo della contro informazione su internet, dell’orizzontalità della democrazia telematica.

E’ questo il tempo in cui gli uomini si fanno rappresentare dai comici.

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