Indubbiamente il titolo dell’ultimo film di Mimmo Calopresti richiama il celeberrimo capolavoro di Marco Ferreri. E non è certo un caso che il film si concluda con una grande tavolata dove piacere e morte si uniscono. Il tema del film rimanda a 8 e mezzo di Fellini, che viene proiettato anche nel cineforum improvvisato da Neri (Diego Abatantuomo), un cinico cineasta rifugiatosi in cerca d’ispirazione a Diamante, il paese della Calabria protagonista del film. Il film stesso vorrebbe essere un omaggio al cinema italiano. Così come sarebbe un omaggio ai grandi attori del nostro cinema (come Mastroianni e Magnani), ma sono chiamati in causa anche quelli di oggi come Accorsi, Lo Cascio, Castellitto.

L’abbuffata è anche un omaggio di Mimmo Calopresti a se stesso e alla propria storia, al proprio sogno realizzato. Calopresti si è infatti ritagliato il personaggio di Francesco, attore vitale, vanesio, che ha avuto una storia con Valeria Bruni Tedeschi (non manca neanche un piccolo cammeo dell’inespressiva Flavia Vento).

Protagonista della storia a tutti gli effetti è Diamante, un piccolo borgo della Calabria, affacciato su un mare stupendo (le onde che s’infrangono sono un leitmotiv): qui ci si rifugia a cercare ispirazione come Neri (il cui film è fermo da anni, emblema di tanto cinema italiano contemporaneo) o riposo come Francesco. Si contempla il mare, l’orizzonte, ma, come si lamentano i giovani abitanti del paese, non avviene mai niente. Solo qualche battesimo, funerale e tutt’al più qualche matrimonio, come sottolinea il prete. Gli abitanti di Diamante sono chiamati in causa con una serie di provini con cui si raccontano davanti a una macchina da presa, in cerca di riscatto. I provini sono fatti da tre ragazzi del paese (tra cui il sempre bravo Paolo Briguglia) che per dare un senso alla propria vita vogliono fare un film. Di provino in provino, decidono di raccontare la storia di una loro zia che dopo trent’anni, è ancora in attesa del cugino emigrato in America con cui si era promessa amore, ma che non aveva potuto seguire perché il suo destino era quello di aiutare in casa, cucinare per la famiglia. La lezione dei tre ragazzi (che diventano quattro con la sorella di uno di loro) contro l’immobilismo italiano e di un certo sud, è che i sogni si devono seguire, non ci si deve fermare di fronte alle difficoltà. I quattro ragazzi arriveranno a coinvolgere addirittura Gerard Depardieu (nei panni di se stesso).

Abbuffata: una grande mangiata, recita il vocabolario. L’abbuffata di Calopresti è una grande mangiata di cinema, di elementi biografici, di immagini, foto, mare, colori e luce… Non manca niente. E’ un omaggio al cinema come creatività? O una critica all’ipocrisia di un certo ambiente? Un omaggio alla Calabria, al suo mare o una critica all’immobilismo di certe tradizioni e a un certo vittimismo? Un omaggio alla propria vita?

E’ tutto questo in un balletto dalle ambizioni gonfiate. Ma il film sembra non decollare mai, neanche nella parte finale. Non si sceglie il registro del racconto: comico e leggero? feroce? ironico? I dialoghi sono spesso infarciti di frasi banali, ma si sta ironizzando o ci si sta prendendo sul serio?

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