Va bene, il personaggio è nato nientemeno che con Spy kids dieci anni fa, ma il fatto che Machete sia entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo grazie al famigerato e fintissimo trailer di Grindhouse è come se avesse deliberatamente predisposto il pubblico a interagire con un film autenticamente posticcio e irreale.

Cosa che, se vogliamo, contraddice lo spirito ultraterreno, torrido e grondante viscere che caratterizza tutte le migliori produzioni di Rodriguez. Questa volta comunque, più che in tutte le altre, è proprio in questa incoerenza che risiede tutta la forza di Machete. Da un lato infatti il regista di Desperado aizza l’iperbole del surreale facendo esplodere l’impensabile e ogni arteria dall’angolazione più artificiosa, dall’altra trattiene lo spettatore per i piedi (diciamo così…) facendolo sguazzare in un umorismo budelloso e stropicciamenti sexy dal richiamo irresistibile.

Citando indegnamente Nick Hornby, possiamo tranquillamente dire che laddove il cinema trash lavora sull’immaginario riproponendosi in un tassello di forme riconducibili a semplici liste (che siano citazioni o cliché), Rodriguez riesce tranquillamente a plasmarsi in un’opinione propria di cinema, salendo al livello successivo grazie ad un’irriverenza senza eguali, la classe di un talento indiscutibile e la forza di un’autoironia sconvolgente.

In questo senso Machete trova ulteriore linfa anche in una vaga coscienza terzomondista che si autoalimenta nel parteggiare per gli immigrati messicani contro gli incestuosi e corrotti bianchi occidentali ovviamente. Sebbene il problema dell’immigrazione sia un po’ trattato come quello degli zombie delle paludi, non possiamo negare che il film abbia persino un significato politico, pur avendo il passo e le spalle larghe di una mega produzione Hollywoodiana (non a caso De Niro e la Alba).

Sospendiamo ogni giudizio su la maschera di Danny Trejo, sarà che ce lo sogniamo di notte dai tempi di Con Air, ma abbiamo ancora il sospetto che abbia la controfigura quando attraversa la strada e che sia lui dal vero quando disossa gli avversari.

Machete avrebbe potuto reggersi in piedi anche grazie a solo un paio di espressioni fisse del suo protagonista-totem, ma trova nell’insieme generale il conforto di così tante idee e la forza di comprimari (di lusso) così in palla che può essere benissimo imparato a memoria su youtube

E comunque Lindsay Dee Lohan che si autocita nel ruolo della miliardaria in rehab o la Alba che cammina col passo da agente per i ghetti di Tijuana con tacco12 sono impagabili.

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