La filmografia di James Gray si arricchisce di un nuova pellicola. Two lovers, tragedia romantica ottimamente interpretata dall’invidiabile cast e governata con mano sicura dal bravo regista, ci suggerisce che è bene tenere d’occhio questo newyorkese, e considerarne seriamente le reali capacità sulla base dei film fin qui realizzati. Americano lui, americano il suo cinema, con tutti i significati che questa definizione porta con sè: adesione al genere, senso della narrazione, azione, cura formale, utilizzo di attori dello star system. Ma su un’architettura di stampo hollywoodiano Gray impone le sue personali rifiniture, la sua visione e la sua poetica, le sue ossessioni che stringono i personaggi in morse soffocanti. Nel suo cinema convivono felicemente autorialità e tragedia, spettacolo e riflessione e le tematiche sviluppate nei suoi film sono indossate dai personaggi la cui debolezza li conduce a viverne gli effetti più opprimenti.

Come per The yards (2000) e per I padroni della notte (2007), ottimi gangster’s movies che seguirono l’apprezzato esordio, Little Odessa (1994), Gray si affida al suo attore-feticcio, Joaquine Phoenix. Il connubio Phoenix-Gray funziona: il volto dell’attore costantemente teso, i suoi modi ansiogeni e balbettanti, la sua andatura incerta gli offrono un repertorio interpretativo perfetto per la tipologia di personaggi-protagonisti concepita dal regista-sceneggiatore, sempre posti di fronte a scelte drammatiche che ne disvelano fragilità e inadeguatezza. L’instabilità mentale di Phoenix (reale o mitica?) lo ha confinato molto spesso in ruoli dai tratti psicopatologici (lo ricordiamo nei panni di Commodo ne Il gladiatore, ruolo che gli donò la consacrazione mondiale con la candidatura all’Oscar). Recentemente ha espresso la volontà di abbandonare il cinema per dedicarsi totalmente alla sua passione, l’hip hop. Peccato, proprio ora che il suo talento aveva trovato la giusta guida.

Il protagonista del film Leonard (Phoenix), sofferente per una storia d’amore malamente conclusa, torna a vivere con i suoi e dopo un tentativo di suicidio, conosce due donne. Si innamora di Michelle (Gwyneth Paltrow), bella, fragile, misteriosa che abita nel suo stesso palazzo e che rappresenta il suo doppio. L’altra, Sandra (Vinessa Shaw), figlia di amici di famiglia è invece equilibrata e rassicurante. Leonard vive costantemente scisso tra due sè, lavora nella lavanderia di famiglia ma ha la passione per la fotografia, abita con i genitori e pianifica fughe per uscire la notte, è scuro, ha un’espressione dolente ma poi si lascia andare a gag esilaranti. E’ bipolare, avvitato nelle proprie ossessioni e schiacciato dalle sovrastrutture interiori che ne frenano le scelte. La sua famiglia, specialmente la madre (Isabella Rossellini) esercita ancora un controllo su di lui che ha l’effetto di castrarne attitudini e volontà.

Two lovers mantiene intatti elementi già esibiti nel precedente I padroni della notte: una struttura duale sul cui confine gravita l’incerto protagonista, l’opprimente atmosfera che pervade l’intera storia, lo sfondo urbano preferito dal regista, Brighton beach, le stille psicanalitiche. Ma se nel precedente film Gray si muoveva nei confini del genere filmando una crime story che conduceva al lieto fine, nell’ultimo saccheggia nientemeno che il Dostoevskij de Le notti bianche per raccontarci una storia d’amore, sulla quale si addensano nubi oscure che minacciano la tragedia finale. La tragedia non si compie ma il suo profumo lo si respira a ogni scena. E il finale, sebbene non tragico, non è affatto consolatorio.

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