I capelli biondi arruffati, gli occhi verdi nascosti dietro grandi occhiali, le labbra e la bocca esaltate dal rossetto: sembrava voler sottolineare a tutti i costi il lato clownesco di sè, Monica Vitti, negli anni in cui l’hanno consciuta gli uomini della mia generazione. Era l’altra metà di Albertone, una delle poche attrici italiane ad aver avuto ruoli da protagonista nella commedia all’italiana: se gli uomini si chiamavano Sordi, Mastroianni, Gassmn e Tognazzi, le donne si chiamavano Vitti, Loren, Valeri e poche altre. Ma non era stata sempre così Monica; era anche stata l’icona fragile e drammatica della modernità negli anni dell’incontro sentimentale ed artistico con Antonioni, cominciato nei teatri milanesi, continuato nel doppiaggo de Il grido e concretizzato nei masterpiece dei primi anni Sessanta.

Oggi, 3 novembre 2011, l’attrice romana compie ottanta anni; la Festa del cinema di Roma le ha opportunamente dedicato una mostra (Monica e il cinema: l’avventura di una grande attrice) e un libro (Dolce Vitti). Schermaglie, tra anteprime concorso extra e red carpet, vuole fermare il tempo e omaggiarla riproponendo un brano dell’intervista che Monica ci regalò qualche annetto fa, quando l’amico Troisi era da poco scomparso e lei, semplicimente, ci consegnò il proprio umanissimo ricordo.

Buon compleanno e buona visione.

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