[**12] – Dopo una manciata di mesi dal precedente film A Dangerous Method, David Cronenberg si è rimesso subito in azione realizzando Cosmopolis, uscito nelle sale italiane contemporaneamente al Festival di Cannes (25 maggio 2012). Il film è tratto dal romanzo omonimo di Don DeLillo (edito da Einaudi) e sceneggiato da Cronenberg in soli sei giorni. Il regista ha iniziato a trascrivere i dialoghi del libro sul computer, non cambiandone nemmeno una virgola, poi si è messo “a riempire i vuoti tra i dialoghi” – ha spiegato – e il tutto è accaduto molto velocemente.

Quella raccontata è una giornata di Eric Packer, un ragazzo d’oro dell’alta finanza, che decide di attraversare tutta la città di New York perché deve assolutamente aggiustare il taglio dei capelli dal suo barbiere di fiducia. Quella scelta è una giornata in cui regna il caos per le strade e diversi quartieri sono paralizzati per una visita del Presidente degli Stati Uniti.

David Cronenberg decide di porre la quasi totalità degli incontri e dell’azione all’interno della limousine (del libro), che rappresenta lo spazio mentale del protagonista. L’auto è il suo habitat naturale, Eric vi svolge qualsiasi tipo di funzione: dagli incontri sessuali agli incontri con i suoi collaboratori, persino la visita medica giornaliera (il giovane è ossessionato dalla salute).

L’intento del regista è stato quello di far entrare il pubblico nella mente del protagonista, facendogli fare un viaggio insieme a lui in una giornata che sarà decisiva. Lo spettatore vede con gli occhi di Eric: come lui percepisce la città nella quale si muove o gli individui che gli scorrono davanti agli occhi sia fuori che dentro la limousine. Il ragazzo osserva ciò che lo circonda senza comprendere pienamente cosa stia veramente accadendo. Lui vive in un mondo tutto suo, in una bolla, che lo tiene lontano dalla realtà quotidiana, sembra essere di un altro pianeta. I personaggi di Cronenberg non demonizzano mai le loro dipendenze o deviazioni psicologiche, al contrario le considerano una possibilità da esplorare, un potenziale arricchente delle loro vite. Un’altra ossessione del protagonista è quella di sentirsi costantemente in pericolo di vita, di essere assassinato. In una sequenza, per esempio, Eric è in strada, dopo aver lasciato l’auto, e qualcuno gli spara addosso, ma invece di scappare, si reca nell’appartamento da cui proviene lo sparo, perché vuole guardare in faccia la persona e comprenderne i motivi, e allo stesso tempo prova una certa euforia. Cronenberg dirige Robert Pattinson (Eric) con acume, portando l’attore ad ottenere una performance perfettamente in linea col personaggio da lui creato. Come molti altri personaggi tratteggiati da Cronenberg, Eric ha un’ossessione e la porta avanti fino alla fine. È un giovane uomo molto inquadrato, che interagisce con gli altri con freddezza e distacco, quasi certi sentimenti ed emozioni non gli appartengano.

L’intera struttura di Cosmopolis è fatta principalmente di dialoghi, che costruiscono e distruggono teorie, discorsi analitici, discorsi persuasori, discorsi indagatori, conversazioni che si avvicendano l’una all’altra portando il protagonista a un confronto finale teso, partecipe e ben argomentato, che per venti minuti tiene in sospeso, non sapendo cosa aspettarsi.

Cosmopolis lascia spiazzati. David Cronenberg registra la sua personale visione del libro, cambiandone diversi aspetti, ma – come ha dichiarato DeLillo in un’intervista – mantenendone intatto lo spirito.

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3 commenti su “Cosmopolis di David Cronenberg

  1. e mantiene intatta anche la noia?
    il libro non l’ho letto né mi è venuta gran voglia dopo la verbosità del film

  2. è un film pesante e un po’ noioso, concordo, ma anche interessante e correttamente disturbante. Cioè il parallelo tra autodistruzione personale e autodistruzione del capitale, entrambe causate dall’assenza di limiti, mi piace, e poi mi piacciono anche le seguenti scene: l’ispezione anale da parte del dottore/capitale (“inculata”, ca va sans dire) che, sottomettendolo, eccita il protagonista (scena molto cronenberghiana); il protagonista che vede la realtà attraverso lo “schermo” della sua limousine

  3. ci sono sprazzi di buon cinema ma lo si paga con decine di minuti di noia e il finale con la discesa agli inferi è un po’ prevedibile e didascalico

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