Il 24 marzo si è inaugurata al Centre Pompidou la 33esima edizione del Cinéma du Réel. Grande festa parigina dedicata al documentario in tutte le sue forme, il festival segue con uno sguardo attento e perspicace un genere cinematografico appassionante in continua evoluzione esplorando ed interrogando il nostro rapporto con la realtà. Esigenza artistica, sensibilità etica e ricerca estetica caratterizzano il Cinéma du Réel che, sotto la direzione di Javier Packer Comyn acquista, di anno in anno, un profilo sempre più definito e specifico imponendosi come un evento essenziale nel settore. La programmazione del festival, ricca e multiforme ma piacevolmente leggibile e comprensibile nella sua struttura, è il risultato di una linea editoriale rigorosa che associa uno spirito di apertura e curiosità formale con una riflessione storica sul genere. “Il Cinéma du Réel vuole essere un luogo di confronto fra una molteplicità di proposte assai diverse ed è aperto a tutti i registri ma si posiziona chiaramente al di fuori di quello che è il flusso indistinto e costante delle immagini. Ciò che si trova al centro del cinema documentario non é l’immagine del mondo in quanto tale ma piuttosto lo sguardo, l’atto creativo del cineasta che lo osserva. Questo è l’aspetto essenziale che ci ha guidato nella scelta dei film.”  spiega Packer Comyn parlando della sua visone del festival.

In sintonia con questi propositi il direttore artistico e la sua equipe hanno saputo  snellire il programma e riorganizzare le sue varie sezioni in un insieme chiaro e coerente. La dicotomia tradizionale – competizione internazionale, competizione francese – è stata sostituita da quattro sezioni distinte: una competizione internazionale che comprende ‘solo’ dieci film, una selezione dedicata ai primi e secondi film e un’altra ai cortometraggi. Un programma a parte ci offre un panorama della produzione documentaria francese più significativa di questo ultimo anno. Instaurando un dialogo appassionante fra la creazione contemporanea e la storia del documentario, la manifestazione ospita una serie di retrospettive tematiche e degli omaggi ad alcuni cineasti emblematici del nostro tempo.

L’omaggio dedicato dal festival a Richard Leacock, uno dei fondatori del cinema diretto si è trasformato, inaspettatamente, in  un ossequio postumo all’artista deceduto qualche giorno prima dell’inaugurazione  del festival. A Leacock, famoso per la sua capacità ad utilizzare la macchina da presa come un pennello, si devono anche delle scoperte tecniche  rivoluzionarie come l’invenzione di un sistema per connettere la macchina da presa con il registratore senza bisogno di un cavo elettrico. Sempre all’avanguardia della tecnologia il regista ha ritratto nel corso della sua lunga attività fatti e personalità salienti del ventesimo secolo come Kennedy, Neru, Hailé Selassié o Leonard Bernstein.

Due cineasti eminentemente politici completano il quadro degli omaggi: Leo Hurwitz e Andrei Ujica. Hurwitz, già fondatore negli anni trenta di una serie di cooperative mitiche specializzate nella produzione del documentario politico come Film and Photo League, Nyikino e Frontier Films, ha trovato in seguito il suo mezzo di espressione ideale nella forma dell’essay documentario. A Hurwitz dobbiamo la trascrizione dell’intero processo di Eichmann, un documento storico di inestimabile valore. Il suo capolavoro artistico, Dialogue with a woman departed (1980), è uno struggente poema cinematografico in memoria della sua compagna. Il cineasta rumeno Andrei Ujica ci invita a scoprire le conseguenze causate in questi ultimi vent’anni dalla caduta del comunismo. Opere emblematiche sono in questo senso Videogrammi di una rivoluzione (1992) girato con Harun Farocki e il monumentale L’Autobiographie de Nicolae Ceacescu (2011), un ritratto al vitriolo del dittatore rumeno schizzato attraverso la rielaborazione di quarant’anni di immagini ufficiali e materiali d’archivio. La master class che il regista terrà in compagnia della sua montatrice sarà un’occasione preziosa per approfondire la tematica del rapporto fra found footage e montaggio nella costruzione del film.  Sempre sul filo della riflessione politica la sezione America is hard to see, Consience d’une nation, curata da Federico Rossin, ci offre una visione rara ed inedita del volto nascosto degli Stati Uniti, presentandoci una serie di documenti cinematografici, dagli anni venti fino agli anni cinquanta, che portano alla luce degli aspetti della storia statunitense come le marce di solidarietà e gli scioperi della fame nel periodo della grande depressione o il massacro del Memorial day sempre deliberatamente esclusi dalla storiografia ufficiale.

Con grande piacere ritroviamo per la seconda volta la sezione sperimentale, Exploring documentary, curata da Nicole Brenez. Dedicata quest’anno al poema documentario la selezione ci travolgerà in un viaggio emozionante nel mondo delle elegie visuali create da artisti come Pierre Clementi, Rudy Burckhardt, Stan Brakhage o Helga Fanderl.   Ecoute, voir, esplorazione documentaria del mondo della musica, ci darà l’opportunità di scoprire delle perle rare del genere. Avremo così l’occasione di assistere alle proiezioni di Appunti per un’Orestiade africana di Pier Paolo Pasolini, il Bacio di Tosca di Daniel Schmid, la Solitude du chanteur de fond di Chris Marker, Intervals di Peter Greenaway, o Boheme di Werner Herzog. Potremo inoltre sperimentare dal vivo l’esperienza di una trance psichedelica in occasione della serata-concerto dedicata a Ken Brown, maestro indiscusso dei sublimi Light Show films degli anni `60.  

In News from, il consueto appuntamento con una serie di cineasti vicini a festival e al suo spirito, potremo vedere quest’anno gli ultimi film di Jonas Mekkas, Nicolas Provost, Gianfranco Rosi, Patrick Keiller e Nicolàs Rincòn Gilles. Il festival vuole anche essere un luogo di incontro e di confronto: un fruttuoso scambio di idee ed di esperienze è favorito dagli innumerevoli dibattiti con i registi che prendono parte alla competizione nonché da alcuni interventi ad hoc di professionisti del settore. In una
serie di sessioni a due, dei direttori della fotografia e dei registi, come Nicolas Philibert e Katell Djian,  avranno l’occasione di discutere l’influenza che lo sviluppo tecnologico della cinepresa ha avuto sulla creazione documentaria. Con il motto: Il cinema é a volte invisibile il Réel ha lanciato quest’anno un’iniziativa originale invitando un gotha di cineasti, critici, storici, direttori di festival e cineteche a raccontare la storia di un film diventato per mille ragioni diverse – perdita delle bobine, censura, deterioramento del materiale, problemi legali, mancanza di distribuzione – ‘invisibile’. Il risultato è una collezione di testi folgoranti pubblicati sul catalogo del festival che proiettano nel nostro immaginario l’essenza perduta di questi film fantomatici.

Da segnalare inoltre un’importante presenza del documentario italiano a tutti i livelli della manifestazione che costituisce una prova tangibile della grande vitalità del genere sul territorio nazionale.  Palazzo delle Aquile di Stefano Savona, Alessia Porto e Ester Sparatore è stato selezionato nel concorso internazionale. Il Futuro del mondo passa da qui di Andrea Deaglio e Scuola Media di Marco Santarelli saranno proiettati nella sezione Primi film, I Cani abbaiano di Michele Pennetta nella sezione Cortometraggi. I Campi ardenti di Stefano Canapa e Catherine Libert, una co-produzione franco-italiana, su un soggetto al cento per cento italiano – la situazione del cinema indipendente italiano raccontata attraverso un incontro con Beppe Gaudino e Isabella Sandri – sarà  invece mostrata in Controcampo francese.

Un atelier di Gianfranco Rosi e la proiezione dei suoi tre documentari: Boatsman, Below Sea LevelEl sicario, room 164, concluderà in bellezza il panorama italiano al Cinéma du Réel.Assolutamente da non perdere sono infine due rarissimi film culto di Chris Marker: Le Joly Mai girato nel 1963 con la complicità di Pierre Llomme e L’Heritage de la Chouette del 1989, un saggio visuale in tredici episodi volti ad esplorare il significato di altrettanti concetti ereditati dalla Grecia classica.

Già dai primi giorni le proposte del Cinéma du Réel hanno fatto breccia nel cuore del pubblico; le sale sono stracolme e spesso il tutto esaurito costringe una parte degli spettatori a rinunciare alle proiezioni. Vittima del suo meritato successo il festival dovrebbe forse iniziare a cercare delle soluzioni per poter accogliere meglio, nel futuro, tutti i suoi numerosi ed entusiasti adepti. Siamo sicuri che lo farà.

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