LA MAGIA DEL TEATRO

LOCARNO 2021

Originalità, creatività e un approccio davvero emozionante: è questo il senso dello splendido primo lungometraggio e vincitore del premio speciale della giuria di Locarno A New Old play di Qiu Jiongjigong.

Disegnando un grande affresco epocale, il regista Qiu fa rivivere nel suo film – che dura oltre 170 minuti – l’antica tradizione dell’Opera di Sichuan con il tocco magico di un moderno Méliès.

Ripercorrendo l’inquieta vita del clown Quifu, la narrazione del film ci porta in una meravigliosa cavalcata attraverso i tumultuosi eventi che hanno segnato la storia della Cina nel secolo scorso.  Partendo dalla creazione della compagnia e della scuola di teatro New-New da parte del leggendario impresario ed ex-generale Pocky negli anni Venti, la trama passa attraverso la guerra sino-giapponese, l’armistizio del 1945 e il breve esilio della compagnia a Taiwan, per poi passare al conflitto nazionalisti-comunisti, l’Esercito di Liberazione del Popolo e l’instaurazione della nuova era comunista, mostrando le riforme, la fame, le purghe del regime, le condanne e le riabilitazioni della Rivoluzione Culturale, per giungere infine al momento cruciale della morte del suo protagonista.

Per l’artista visivo, fotografo e documentarista Qiu Jiongjigong, cresciuto nel teatro dell’Opera di Sichuan, questo film non è solo un progetto artistico ambizioso e unico nel suo genere, ma anche una vera e propria opera d’amore e un omaggio all’arte di suo nonno, il vero clown Quifu.

Una nuova opera teatrale racconta sempre una storia antica”, dice qualcuno. Il film celebra infatti il potere dell’evocazione in un lungo e malinconico sguardo al passato, prima che il sipario finale cali definitivamente e l’oblio copra per sempre tutto ciò che un tempo era al centro della scena.

In un limbo tra la vita e la morte, in attesa di essere traghettato nel regno dell’aldilà, il protagonista Quifu, brillantemente interpretato da Yi Sicheng, ricorda la sua vita passata un’ultima volta prima di mangiare la Zuppa dell’Oblio di Madre Meng. Mentre parla vediamo come Qui, un ragazzo orfano determinato a sopravvivere, riesca ad essere accettato nella compagnia dei Nuovi-Nuovi imparando il mestiere di clown fin da giovanissimo.  Nel corso della sua lunga e avventurosa vita, Quifu, che non abbandonerà mai la sua arte, sperimenterà su un palcoscenico teatrale in continua evoluzione tutte le difficoltà e le vicissitudini che il suo Paese attraverserà.

Mentre la rappresentazione degli spettacoli sul palcoscenico e la vita di tutti i giorni si mescolano costantemente, un intero gruppo di personaggi colorati ruota intorno a lui; attori maschi e femmine, il fondatore della compagnia Pocky (interpretato da xxx, il padre del regista), insegnanti, prime donne, ragazzi e ragazze che imparano l’arte, spettatori, tecnici di scena, il cuoco muto della compagnia Crooky, due spiriti infernali, ma anche funzionari, soldati di ogni tipo, bambini, un neonato abbandonato e, immancabilmente, la morte che volteggia giocosamente tra le anime vive per tutta la durata dello spettacolo per ricordarci che è la nostra più fedele compagna di vita.

 Immerso in un’atmosfera un po’ fiabesca, il tono del film è affettuoso e umoristico. Anche gli eventi più crudamente drammatici sono rappresentati senza eccessivo pathos, con una sorta di rassegnazione che ritrae in modo veritiero l’atteggiamento di chi non può far altro che piegarsi al corso della storia. Anche quando si tratta di descrivere “uomini nuovi in una società nuova”, a suo modo giocoso, il film non nasconde la critica e l’ironia che finisce per diventare una satira pungente.

Girato in studio, con un’estetica apertamente teatrale e antinaturalistica – possiamo ancora vedere un personaggio che vola nel cielo aggrappato al suo ombrello – A New Old Play coinvolge mimo, canto, musica, pittura, teatro delle ombre, fotografia e tutta la ricchezza culturale dell’opera del Sichuan. Ogni singolo dettaglio è perfettamente accurato e realizzato a mano in una messa in scena dominata da delicati colori pastello. L’elemento visivo che più colpisce di quest’opera perfettamente realizzata sono i movimenti della macchina da presa: mentre i primi piani sono utilizzati solo nei momenti cruciali per mettere a fuoco una particolare situazione, il regista Qui, ispirandosi all’iconografia classica cinese, privilegia per lo più riprese frontali con pochissima profondità. Mentre i personaggi si soffermano spesso su una striscia di spazio piuttosto ristretta, quasi ai margini del palcoscenico, la macchina da presa si muove con morbide tracce laterali dal lato sinistro a quello destro e viceversa, evocando così abilmente l’inarrestabile scorrere del tempo.

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