Intitolandosi Let’s fix the world (“Mettiamo a posto il mondo”) la sezione “Panorama” del Festival di Berlino quest’anno mette a fuoco le domande importanti della società civile e i problemi dell’Europa.

Vi presentiamo due perle deposte sulla riva di questa sezione del Festival di Berlino ’09.

Un corpo galleggia nel mare che unisce  paesi diversi. Questa scena è tratta dal film Welcome di Philippe Lioret che descrive al meglio la situazione dei numerosi clandestini che arrivano ogni giorno alle frontiere e sulle spiagge dell’Europa. Bilal, un giovane curdo di 17 anni, arriva a Calais in Francia, dopo aver passato diversi mesi in fuga dalla guerra in Irak. Ha solo un obiettivo: raggiungere la Gran Bretagna. Lì vuole incontrare il suo migliore amico e la sorella di lui che ama profondamente. Dopo un tentativo fallito d’ingresso clandestino in Inghilterra in camion, Bilal prende una decisione disperata: attraversare a nuoto il mare che separa Francia e Gran Bretagna. Così decide di prendere lezioni di nuoto. Il suo insegnante, Simon, è francese: diventano amici e Simon comincia ad avere problemi coi suoi stessi connazionali, entrando addirittura in conflitto con la polizia francese. Non sono solo la sofferenza e le privazioni di questo giovane immigrato che fanno il film così triste, ma anche le inumane leggi francesi che gestiscono l’immigrazione e che vietano ai francesi di aiutare gli immigrati: ne potrebbero arrivare altri e, in realtà, come recita il titolo del film, non sono i “benvenuti”. Attraverso una storia personale di sofferenza, il film mette a fuoco il tema difficile della politica europea in materia d’immigrazione – un tema, del quale si deve occupare non solo l’Unione Europea, ma tutti coloro che si sentono “arrivati”, non capendo il destino di un rifugiato senza casa.

Come La classe (Laurent Cantet, Palma d’Oro all’ultimo festival di Cannes), La journée de la jupe (Il giorno della gonna) del regista francese Jean-Paul Lilienfeld s’interessa di un tema attuale: le problematiche condizioni delle scuole pubbliche francesi dove mancano forze e mezzi per gestire la difficile integrazione degli immigrati. La scuola è un luogo a rischio dove si scontrano ragazzi provenienti da diverse classi sociali, con religioni e culture differenti. Ma è anche il palcoscenico sul quale problemi come razzismo, conflitti religiosi, sessismo e pregiudizi vengono rimessi in discussione.

 Attraverso la storia dell’insegnante Sonia Bergerac (Isabelle Adjani, tornata sul set dopo 5 anni d’assenza) il film La journee de la jupe sembra dimostrare che nelle scuole d’oggi per guidare bene gli allievi non bastano la buona volontà e lo spirito combattivo degli insegnanti. Un giorno, Sonia prende una pistola per farsi sentire dalla sua classe tirannica, introducendo – per seguire la proposta provocatrice del film – “nuovi metodi d’insegnamento”. Da un momento all’altro l’insegnante impegnata pacificamente per il bene della classe cambia faccia, trovandosi dapprima per caso, poi sempre più volontariamente in un sequestro vero e proprio: ci sono reazioni agitate da parte della polizia e dei politici, ci sono genitori nel panico, un direttore senza aiuto e dei media voyeurs che, secondo gli usi della nostra società moderna, possono essere usati sia come arma di terrore sia come mezzo politico per farsi sentire. Non è lo sparo finale, ma sono i tanti scontri umani che nel film danno una ricca analisi socio-psicologica. Anche se il dramma di Lilienfeld è un’esagerazione e a volte si perde in azioni inutili, non si perde in una condanna facile della scuola come istituzione:  fa vedere che tutti – la società, i politici e gli studenti – sono responsabili di una scuola ridotta a “tearo sociale”, a luogo dove si deve imparare anzichè soffrire.

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